Fitoterapia
Fitoterapia: le piante dalla A alla Z
CASCARA
Pianta e uso tradizionale
La cascara appartiene alla famiglia della Rhamnacee; la droga viene ricavata dalla corteccia essiccata per un anno (o, in tempi più brevi, ricorrendo ad apposite tecniche di riscaldamento e aerazione) e viene usata tradizionalmente come lassativo, ma anche per la calcolosi delle vie biliari, i disturbi del fegato e come amaro tonico; inoltre, privata della parte più amara, è un aromatizzante di alimenti e bevande.
Efficacia
L’effetto lassativo della cascara è stato ampiamente dimostrato a livello scientifico, mentre per gli altri impieghi terapeutici tradizionali mancano dati certi.
Sicurezza d’impiego
La cascara è citata nelle monografie dell’ESCOP e dell’OMS, oltre che nella Farmacopea europea. La corteccia fresca, o non essiccata per un tempo sufficiente, può causare vomito intenso. In dosi elevate può essere tossica e provocare dolori addominali e diarrea grave, con importante perdita di acqua ed elettroliti; assunta assieme ad alcuni tipi di diuretici può aumentare il rischio di una perdita eccessiva di potassio.
L’uso cronico della cascara (come degli altri lassativi a base di antrachinoni) può tradursi in un aggravamento della stipsi, con possibili fenomeni di dipendenza e assuefazione, che comportano la necessità di ricorrere a dosaggi sempre più elevati, rischiando squilibri idroelettrolitici o disfunzione (atonia) del colon.
L’accelerato transito intestinale prodotto dagli antrachinoni può determinare il mancato assorbimento di farmaci assunti per via orale; la perdita di sali minerali può potenziare l’effetto di alcuni farmaci cardiotonici (digossina o digitale ecc.), mentre la perdita di potassio (ipokaliemia) può potenziare l’effetto dei farmaci antiaritmici. L’uso cronico della droga può determinare perdita di grassi e di proteine con le feci (steatorrea ed enteropatia proteino-disperdente); inoltre, l’assunzione prolungata può causare una particolare colorazione della mucosa interna dell’intestino crasso, nota come pseudomelanosi del colon, che si risolve spontaneamente e senza causare altri danni quando si sospende l’uso della senna.
Consigli e raccomandazioni
La cascara (come gli altri lassativi antrachinonici) è utile per il trattamento della stipsi occasionale (per esempio conseguente a cambiamenti ambientali o viaggi) e va assunta solo per brevissimi periodi di tempo.
Il suo utilizzo è indicato solo quando la stitichezza non si sia risolta modificando le abitudini alimentari (mangiare cibi ricchi di scorie e bere molta acqua) e le abitudini di vita (aumentare l’attività fisica); come gli altri lassativi, inoltre, prima di farvi ricorso si dovrebbe essere certi che la costipazione, o gli altri disturbi intestinali, non siano causati da malattie gravi dell’intestino. La possibilità di usare la senna in gravidanza, in allattamento e nei bambini di età inferiore ai dieci anni è ancora oggetto di controversie tra gli esperti. Si consiglia comunque di consultarsi sempre con il medico curante prima di assumerla. La cascara può essere assunta come infuso di 1,5-2 g di cascara secca in una tazza di acqua bollente o di altri preparati con dosi corrispondenti, in genere alla sera; il consiglio è di assumerne la minima dose utile a ottenere feci di consistenza morbida senza provocare scariche di feci acquose.
L’attività lassativa si manifesta in genere 10-12 ore dopo l’assunzione di un infuso di cascara; i preparati commerciali a base di estratti, preparati sotto forma di sciroppi o capsule, possono agire in tempi più brevi (6-8 ore). La colorazione arancio delle urine durante l’assunzione della cascara va considerata normale.
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