Trauma cranico

Il trauma cranico è la condizione di interesse neurologico di più frequente riscontro nei servizi di Pronto soccorso ed è uno dei maggiori problemi sanitari. In Italia avvengono annualmente circa 200-500 casi ogni 100.000 abitanti. I traumi cranici sono la prima causa di morte prima dei 45 anni, responsabili del 2% di tutti i decessi […]



Il trauma cranico è la condizione di interesse neurologico di più frequente riscontro nei servizi di Pronto soccorso ed è uno dei maggiori problemi sanitari. In Italia avvengono annualmente circa 200-500 casi ogni 100.000 abitanti. I traumi cranici sono la prima causa di morte prima dei 45 anni, responsabili del 2% di tutti i decessi e della metà di tutte le morti traumatiche.

Il trauma cranico rappresenta inoltre la principale causa di morte nei bambini al di sotto dei 2 anni di età; nel 75% dei casi le cause sono rappresentate da cadute accidentali dal letto o dal fasciatolo e avvengono per lo più durante il gioco o la corsa. Il numero maggiore di traumi cranici avviene tra i giovani, specie nella fascia di età 15-24 anni, quindi nei bambini e negli anziani, con costi sociali molto elevati, considerando che oltre la metà dei pazienti con trauma cranico grave ha anche altre lesioni, anch’esse gravi, associate.


Cause e fattori di rischio

Tra le cause del trauma cranico si annoverano gli incidenti stradali (50% circa), le cadute accidentali e gli incidenti domestici (25%), le attività sportive (10%), gli incidenti sul lavoro (8%), le aggressioni (4%). Negli ultrasettantacinquenni sono le cadute a determinare la maggioranza dei traumi cranici.


Classificazione dei traumi

Vi sono diversi criteri per classificare il trauma cranico. Da un punto di vista cinetico, il trauma cranico può essere definito trauma da decelerazione (se nell’impatto il capo rallenta la velocità fino a fermarsi, come avviene nella caduta accidentale) o da accelerazione (se il cranio prosegue alla velocità alla quale era in movimento prima dell’impatto, come avviene a una persona urtata da un’auto in corsa).

I traumi cranici possono essere aperti o chiusi a seconda che sia presente o meno una via di comunicazione tra contenuto intracranico, asettico, e ambiente esterno, settico; nel trauma cranico aperto vi è la concreta possibilità di complicanze infettive (meningite, encefalite, empiema sottodurale e così via).

L’impatto provoca effetti immediati sui tessuti del cranio (escoriazioni, contusioni, ferite lacero-contuse e così via), sull’osso cranico (fratture di vario tipo e gravità) o sul tessuto cerebrale (contusioni, lacerazioni cerebrali aventi carattere evolutivo).

I traumi aperti sono molto gravi perché si forma una comunicazione tra l’interno del cranio e l’ambiente esterno, talora con fuoriuscita di sostanza cerebrale, e possono richiedere immediate procedure rianimatorie e neurochirurgiche.

La maggior parte dei traumi cranici è fortunatamente di tipo non penetrante o chiuso.


Scala di Glasgow (GCS)

Secondo la classificazione proposta nel 1994 dalla Società Italiana di Neurochirurgia, il trauma viene classificato in base al punteggio ottenuto alla Scala di Glasgow (GCS). Si può avere dunque un trauma cranico minore (lieve) se il Glasgow Coma Score (GCS) è di 14-15, in assenza di deficit neurologici focali, di fuoriuscita di liquido cefalo-rachidiano dal’orecchio o dal naso (oto- o rinoliquorrea), di una sospetta frattura cranica affondata. Il trauma è definito moderato se il GCS è tra 9 e 13; è grave se il GCS è minore di 9. Il GCS ha il vantaggio di essere semplice da effettuare, facilmente riproducibile e alla portata anche di osservatori non medici: un linguaggio comune può essere così ottenuto fra i diversi soccorritori (luogo del trauma, primo intervento, ospedale, neuro-rianimazione) e l’evoluzione dello stato di coscienza può essere chiaramente apprezzata.

I traumi cranici medi e gravi necessitano di una TAC del cranio eseguita in urgenza e di ricovero in ambiente specialistico (neurologico, neurochirurgico o rianimatorio a seconda dei casi e dell’evoluzione).


La valutazione clinica del soggetto con trauma cranico

Innanzitutto occorre ricordare che il cervello è mobile all’interno del cranio, grazie alla presenza del liquido cefalorachidiano (detto anche liquor). In caso di urto violento che imprime un movimento al capo si ha un trauma da accelerazione, se invece la testa in movimento urta un oggetto immobile, il movimento della testa viene arrestato, ma non quello del cervello (trauma da decelerazione). Il tronco cerebrale è ancorato nella fossa posteriore e questo permette soltanto movimenti molto ridotti. La gravità di un trauma cranio-encefalico è correlata a numerosi fattori sia fisici (violenza del trauma, onda d’urto, natura dell’agente causale, ferite da arma da fuoco) sia anatomici (sede della lesione). A seguito di un trauma può verificarsi la frattura di un osso temporale e, conseguentemente, la lacerazione di un’arteria meningea con emorragia epidurale.

Traumi senza frattura delle ossa craniche non sono comunque da sottovalutare: possono infatti esservi una commozione e una contusione gravi senza frattura del cranio; in caso di frattura della parte ossea (la teca cranica) gran parte dell’energia di un colpo alla testa viene dissipata e quindi non è trasmessa al contenuto intracranico.


Segni da ricercare in casodi trauma cranico

  • Lesioni cutanee sono sempre presenti nel punto d’impatto, dalla semplice ecchimosi all’abrasione ed escoriazione del cuoio capelluto, alla contusione, alle ferite da taglio (lineare, a stella, a lembo, con perdita di sostanza). Nel bambino possono essere responsabili di importanti emorragie.
  • Le fratture, specialmente quelle della base del cranio, possono danneggiare il nervo ottico o altri nervi cranici; a volte permettono l’ingresso di aria (pneumocele) e batteri o la fuoriuscita di liquor dai seni paranasali o dall’orecchio (rinorrea, otorrea). Una frattura dello sfenoide può determinare la lacerazione della carotide, producendo una fistola carotido-cavernosa, o determinare la lacerazione del peduncolo ipofisario con sviluppo di una sindrome ipotalamo-ipofisaria, in particolare diabete insipido. Si distinguono fratture lineari, radiali, comminute, a mappamondo, affondate. L’affondamento osseo può essere complicato da una lesione della corteccia cerebrale.
  • In caso di trauma cranico è necessario valutare: forma, dimensione, uguaglianza, posizione e risposte riflesse delle pupille. La dimensione delle pupille varia in modo inversamente proporzionale all’intensità della luminosità ambientale; normalmente, con una luce di media intensità esse hanno un diametro di 3-4 mm. Più piccole e poco reattive nei primi 2-3 anni di vita, dall’adolescenza in poi il loro diametro medio decresce gradualmente: 4 mm a 12 anni, 3,5 mm a 40 anni, 3 mm oltre i 65 anni. Quando le pupille sono piccole, con diametro inferiore ai 2 mm, si parla di miosi; sono causa di miosi la senilità, il sonno, le patologie oculari, l’uso di farmaci colinomimetici, antiadrenergici, morfinici, levodopa, talora alcolismo, arteriosclerosi, diabete, lue, e ovviamente il coma di livello diencefalico (pupille reagenti) e di livello pontino (pupille non reagenti). La dilatazione delle pupille oltre i 5 mm si chiama midriasi. Tra le cause di midriasi vi sono: ansia, dolore, ipertiroidismo, farmaci (anticolinergici, adrenergici), cause oculistiche e il coma di livello bulbare (pupille non reagenti). Si definisce con il termine di isocoria l’uguaglianza dei diametri pupillari e anisocoria l’ineguaglianza. Il 15-20% della popolazione generale presenta una anisocoria su base congenita; questa per lo meno quando è marcata, va segnalata al medico per una sua valutazione approfondita.

Cause di anisocoria sono: patologie oculari (da verificare con l’anamnesi), compressione del nervo oculomotore, anche da erniazione dell’ippocampo. Le pupille sono normalmente al centro dell’iride. Le cause più comuni di pupille eccentriche sono di pertinenza oculistica, raramente neurologiche. La pupilla normale si contrae prontamente quando una luce viene diretta sulla retina e si dilata quando tale luce viene allontanata. Esiste un riflesso fotomotore diretto, contrazione della pupilla illuminata, e consensuale, contrazione contemporanea della pupilla controlaterale. Esso deve essere esplorato sempre in ambiente poco illuminato. Le cause di assenza di riflesso fotomotore diretto e consensuale di un lato (cioè mancata contrazione di una pupilla sia per stimolazione di quel lato sia per stimolazione del lato opposto, con normali risposte della pupilla controlaterale) sono da ricercare in lesioni del nervo oculomotore di quel lato.

  • Nistagmo.
  • Difficoltà di deglutizione (cosiddetta disfagia).
  • Turbe della respirazione, bradicardia, shock, ipertermia.
  • Disturbi della vigilanza (agitazione psicomotoria, ipersonnia, stupor, coma), perdita di coscienza immediata o dopo un certo tempo dal trauma cranico (cosiddetto intervallo libero, situazione più grave), transitoria o persistente (in quest’ultimo caso si parla di coma).
  • Cefalea, vertigini, vomito.
  • Varie tipologie di paralisi degli arti (monoparesi, emiparesi, monoplegia, emiplegia).
  • Disturbi della visione: emianopsie, scotomi, amaurosi (queste ultime da neurite ottica post-traumatica), deviazioni oculari (oftalmoparesi).
  • Afasie, agnosie, deficit neuropsicologici in generale (atipie comportamentali, confusione mentale, disorientamento spaziale e/o temporale).
  • Emorragie dalle orecchie (otorragie) o perdite di liquido cefalo-rachidiano limpido dalle orecchie (otoliquorrea) o dal naso (rinoliquorrea), segni quasi sempre di fratture della base cranica.


Danni encefalici conseguenti a trauma cranico

Commozione cerebrale È l’improvvisa perdita di coscienza che insorge subito dopo l’evento traumatico. La commozione cerebrale dura da pochi secondi a 30 minuti al massimo. Essa è associata a turbe mnesiche; si parla di amnesia retrograda, se l’individuo non ricorda eventi precedenti al trauma e di amnesia anterograda se vengono persi alcuni ricordi del periodo post-traumatico. È un quadro assolutamente benigno; al massimo possono residuare una modesta cefalea o capogiro, entrambi transitori.

Contusione cerebrale È un quadro caratterizzato da uno o più focolai di danno a carico del tessuto cerebrale, generalmente superficiali. Il termine contusione indica un danno del cervello a livello del punto di impatto (lesione da colpo) e dalla parte opposta (lesione da contraccolpo), senza che la teca cranica sia necessariamente fratturata. L’assenza di frattura fa sì che la quasi totalità dell’energia cinetica venga trasmessa all’encefalo. La sintomatologia è caratterizzata da prolungata perdita di coscienza, agitazione psicomotoria, segni o sintomi neurologici focali (monoparesi, emiparesi, anisocorie, emianopsie, crisi epilettiche parziali o secondariamente generalizzate), disorientamento spazio-temporale, atipie comportamentali. È necessario ricorrere alla terapia antiedemigena cerebrale. Nel caso di trauma con conseguente contusione cerebrale sono frequenti i postumi, in particolare le epilessie.

Ematoma extradurale Si tratta di un quadro drammatico e pericoloso, talora mortale, generalmente da attribuirsi a lacerazione dell’arteria meningea media con conseguente emorragia e raccolta di sangue fra dura madre ed osso. Quando il volume dell’ematoma diventa importante si ha la compressione del cervello sottostante.

La relativa lentezza con cui l’ematoma si ingrossa è responsabile della sintomatologia ritardata di questa lesione e caratterizza il cosiddetto intervallo libero (tempo intercorrente tra trauma cranico e inizio dei disturbi), durante il quale il cervello non è ancora sufficientemente compresso per dare origine alla sintomatologia.

Con un ritardo variabile compaiono turbe secondarie di coscienza che testimoniano l’insorgenza di un’ernia cerebrale interna con emiparesi e poi emiplegia controlaterale e midriasi omolaterale dell’ematoma. Questa condizione ha una rapida evoluzione: già dopo poche ore possono svilupparsi i segni dell’ipertensione endocranica e si può arrivare fino al coma; pertanto è necessario un immediato intervento neurochirurgico, che consiste nella decompressione cerebrale mediante rimozione dell’ematoma ed emostasi arteriosa o venosa. In assenza di un intervento chirurgico si arriva alla morte cerebrale.

L’ematoma extradurale va sempre sospettato in caso di frattura temporale, emorragia dall’orecchio (per frattura della base cranica), differenza nel diametro pupillare (anisocoria). Di fronte a questo sospetto i medici sottopongono rapidamente il soggetto a TAC del cranio senza attendere la perdita di coscienza. Se operato in tempo, l’ematoma non lascia postumi. La TAC dell’encefalo consente di localizzare l’ematoma extradurale che si presenta come una lente biconvessa iperdensa. Se l’ematoma extradurale è localizzato nella fossa cranica posteriore, l’evoluzione è spesso drammatica e i primi sintomi a comparire sono gravi disturbi del respiro.

Ematoma subdurale/intradurale L’ematoma subdurale si verifica, generalmente, a seguito di traumi che provocano contusione ed è determinato dalla rottura delle vene “a ponte” tra la dura madre e l’encefalo. Si distingue in acuto e cronico, a seconda della distanza temporale dal trauma: ore o 2-3 giorni per l’acuto, sino a un anno per il cronico. Sono condizioni favorenti lo sviluppo di ematoma subdurale: l’etilismo cronico, la presenza di emopatie, l’assunzione di terapia anticoagulante Può anche essere spontaneo, cioè non in rapporto con traumi.

Si può manifestare con perdita di coscienza dopo intervallo libero, rallentamento ideo-percettivo, sonnolenza, atipie comportamentali, cefalea, confusione mentale, irrequietezza, vertigini, crisi epilettiche, disturbi dell’equilibrio, segni o sintomi di danno neurologico focale in lento e progressivo peggioramento, fino ad arrivare a un quadro di ipertensione endocranica (cefalea, vomito, papilla da stasi). La terapia è chirurgica, con ottimi risultati, senza postumo nel tempo.

L’ematoma sottodurale acuto ha un andamento rapidamente evolutivo ed è responsabile di quadri clinici gravi. È frequentemente associato a lesioni corticali o della sostanza bianca e a un edema cerebrale diffuso. Rapidamente si può giungere alla formazione di ernie cerebrali interne che spiegano l’alta mortalità (30-90% nelle varie casistiche). La TAC evidenzia una sorta di “focaccia” che comprime un emisfero cerebrale e determina un importante effetto massa sulle strutture mediane. Il trattamento chirurgico si impone d’urgenza. La mortalità rimane comunque alta.

L’ematoma sottodurale cronico è una raccolta liquida o mista a qualche coagulo, situata nello spazio sottodurale. Si manifesta clinicamente dopo un intervallo libero variabile da 15 giorni ad alcuni mesi, dopo un trauma cranico frequentemente di entità lieve, tale da passare talora inosservato. Il fenomeno iniziale è un modesto sanguinamento nello spazio sottodurale ed è meglio tollerato dai soggetti anziani per la concomitante atrofia cerebrale che accresce lo spazio subdurale. La cefalea è frequente e così pure le turbe psichiche; talora compaiono crisi comiziali parziali. La TAC evidenzia una raccolta ipodensa sottodurale con effetto massa sulle strutture mediane. Il trattamento è chirurgico e la prognosi risultano buoni nell’80% circa dei casi.

Emorragia subaracnoidea Generalmente è determinata da rottura di aneurisma o malformazioni vascolari, ma può essere causata da gravi traumi cranici nei quali a una perdita di coscienza immediata non segue il risveglio. Clinicamente è caratterizzata da cefalea, prevalentemente nucale, vomito e segni di irritazione meningea. Per la diagnosi è necessario ricorrere alla diagnostica per immagini (TAC) e talora alla puntura lombare (rachicentesi). La terapia è chirurgica nei casi ove è possibile intervenire.

Emorragia intraparenchimale In questi casi la raccolta di sangue è situata nel contesto del tessuto cerebrale. Viene riscontrata in circa il 20% dei traumi cranici. Generalmente è localizzata nella sostanza bianca dei lobi frontali o temporali. Può anche insorgere a distanza di giorni dal trauma. Dà origine a una sintomatologia focale o a cefalea. Può avere indicazione neurochirurgica.


Danni tardivi di trauma cranico

Fistola liquorale La fistola liquorale è una sorta di “breccia” tra osso e meningi responsabile del passaggio di liquor all’esterno della cavità cranica e quindi di possibili complicanze infettive, immediate o tardive. È causata da una frattura della base cranica con fuoriuscita di liquor (liquorrea) dal naso o dall’orecchio che può iniziare anche a distanza di mesi dal trauma. La terapia è antibiotica, talora chirurgica.

Idrocefalo L’idrocefalo consiste nell’allargamento dei ventricoli cerebrali dovuto all’accumulo di liquor cefalorachidiano, per lo più secondario a turbe del riassorbimento, specie dopo un trauma che abbia comportato un’emorragia subaracnoidea; talora è causato da alterazioni della circolazione del liquor. Può richiedere l’intervento neurochirurgico.

Epilessia post-traumatica Sono forme di epilessie parziali o generalizzate sintomatiche. Conseguono a gravi traumi, con contusione cerebrale o ematomi. L’incidenza si aggira intorno al 7%, ma nei traumi complicati da focolai necrotico-emorragici temporali, specie se temporo-polari, arriva al 30%. La terapia si avvale di farmaci antiepilettici, raramente è chirurgica.

Demenza post-traumatica Causata da gravi traumi con lesioni multiple (contusioni, ematomi e così via), talora da traumi ripetuti (come accade nei pugili). Ha una pessima prospettiva di evoluzione nel tempo e non esistono terapie efficaci.

Sindromi soggettive Frequenti dopo traumi anche modesti, consistono in cefalee, vertigini, nevrosi, in assenza peraltro di documentabili patologie a carico del sistema nervoso centrale. Esiste anche un quadro di nevrosi da indennizzo in cui non è chiaro il limite tra patologia e simulazione.

Infezioni Possono sopravvenire complicanze infettive quali ascesso cerebrale, meningite post-traumatica, tromboflebite settica di un seno venoso durale, empiema sottodurale.


Trattamento

In caso di trauma cranico bisogna assicurare la pervietà delle vie aeree, assistere il respiro e controllare la saturimetria, controllare le emorragie, immobilizzare il rachide (un paziente con trauma cranico va considerato come un traumatizzato al rachide cervicale fino a prova contraria), coprire con telini sterili eventuali ferite aperte, monitorare la pressione arteriosa, eseguire l’esame elettrocardiografico. [M.R., G.G.]