Alcolismo
Dipendenza dall’alcol e insieme delle manifestazioni patologiche che ne risultano, nota anche come etilismo. Nell’uso corrente, il termine designa nel contempo il consumo eccessivo di alcol, le conseguenze patologiche e la dipendenza da questa sostanza. Gli esperti utilizzano una terminologia più precisa: l’alcolizzazione è il consumo di alcol, che può essere lieve, moderato o eccessivo, breve o prolungato; l’alcoldipendenza è la necessità impellente di assumere alcol; l’alcolopatia è uno stato patologico legato al consumo di alcol. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito le dosi, espresse in grammi/giorno, di consumo di alcol che comportano rischi per la salute. Un bicchiere di una bevanda alcolica (un bicchiere di vino rosso, una birra media, un bicchiere di aperitivo o di liquore) contiene circa 10 g di alcol. Per gli uomini, un consumo inferiore a 40 g al giorno (meno di quattro bicchieri) non è considerato pericoloso, mentre un consumo superiore a 100 g (oltre 10 bicchieri) indica un’alcoldipendenza. Per le donne le dosi corrispondono alla metà di quelle ammesse per gli uomini, data l’elevata sensibilità all’alcol dell’organismo femminile.
Cause
Sono molteplici: culturali, psicologiche, genetiche, economiche e sociali. Nell’opinione collettiva è ben radicata l’immagine di un consumo di alcol “sano”, sinonimo di valori virili, che accompagna i momenti importanti della vita. Le cause psicologiche costituiscono un aspetto spesso controverso. Esiste una personalità psicologica specifica che predispone all’alcolismo? È difficile pronunciarsi, poiché la maggior parte delle caratteristiche della presunta inclinazione verso l’alcol possono essere viste come conseguenze degli abusi di questa sostanza. Lo stesso vale per la psicopatologia. I malati mentali possono ricorrere all’alcol come “tranquillante”, ma non è sempre così. Per contro, molti comportamenti patologici sono la conseguenza del consumo di alcol.
La letteratura ha più volte sottolineato l’importanza dei fattori genetici. In primo luogo, esistono differenze ereditarie legate al metabolismo dell’alcol nell’organismo, che determinano un maggiore o minor grado di tolleranza fisiologica; studi recenti hanno poi indicato quali sono i geni associati a un maggiore rischio di alcolizzazione. Tuttavia, è ancora presto per valutare il ruolo esatto di tali fattori ereditari.
Sintomi ed evoluzione
L’intossicazione alcolica evolve in più momenti. Dapprima, gli eccessi provocano disturbi lievi e passano inosservati. In seguito si manifestano disturbi del comportamento che causano conseguenze negative: allontanamento dagli amici, divorzio, problemi sul lavoro. Infine, se l’intossicazione permane, possono insorgere problemi psicologici gravi e alcolopatie, che determinano un decadimento fisico, psichico e sociale. Questo schema evolutivo può restare incompleto. La percezione del proprio stato da parte del bevitore attraversa più fasi. Inizialmente ignorata, l’alcolizzazione eccessiva comporta in un secondo tempo una presa di coscienza, con un vivo senso di colpa e il desiderio, che raramente si traduce in realtà, di abbandonare l’abitudine al bere. Se l’intossicazione persiste, il soggetto giunge a una fase di disperazione e di abbandono. L’alcolismo nelle donne è caratterizzato da vergogna e fortissimi sensi di colpa, dovuti a una maggiore colpevolizzazione sociale. È frequente la dissimulazione della dipendenza: ammettere il problema risulta difficile, pertanto il trattamento appare particolarmente complesso.
Patologie
Esistono tre stadi di ebbrezza: il primo è un’allegria conviviale; il secondo stadio comporta disturbi dell’equilibrio e della coordinazione motoria, che possono essere accompagnati da aggressività verbale, fisica o sessuale; il terzo stadio è rappresentato dal coma etilico, che può essere mortale. Una disintossicazione improvvisa rischia di scatenare convulsioni e delirium tremens, la cui evoluzione può essere fatale.
L’alcolismo determina una maggiore sensibilità alle infezioni: polmoniti, infezioni cutanee, tubercolosi ed epatite.
Un’alcolizzazione eccessiva e prolungata determina carenze nutrizionali e può causare gastrite, pancreatite ed epatite alcolica acuta, che può essere mortale o evolvere verso una cirrosi epatica. Frequenti sono anche il cancro orofaringeo, laringeo ed esofageo; possono insorgere trombopenia (mancanza di piastrine), leucopenia (mancanza di globuli bianchi) e anemia.
L’alcol può causare lesioni al cervello, al cervelletto e ai nervi periferici; favorisce e aggrava diversi disturbi psichici, determina o amplifica l’ipertensione arteriosa, provoca disturbi del ritmo e talora ictus. Possono comparire osteoporosi, osteomalacia (indebolimento delle ossa, che appaiono meno rigide) o necrosi ossee. Gli uomini si femminilizzano, le donne possono andare incontro ad amenorrea; in entrambi i sessi si verifica un calo della libido e della fertilità. I rischi in gravidanza sono notevoli: aborto, prematurità, ipotrofia fetale e sindrome da alcolismo fetale.
Trattamento
Il trattamento può essere avviato soltanto se il paziente si sottopone volontariamente a terapia di disintossicazione. La disintossicazione fisica è generalmente semplice e può essere effettuata in sede ambulatoriale. Nei casi più gravi è possibile ricoverare il paziente per un breve periodo (5 giorni), durante il quale la somministrazione di calmanti, di norma benzodiazepine, evita la comparsa di delirium tremens. La fase successiva del trattamento è ben più complessa. La disintossicazione può essere proseguita in una casa di cura per un periodo compreso tra 3 settimane e alcuni mesi. La difficoltà maggiore risiede nella prevenzione delle ricadute.
È importante che tra il paziente e il terapeuta si stabilisca un rapporto di fiducia, per ripristinare le capacità relazionali e promuovere il recupero dell’autonomia. Da questo punto di vista, anche le associazioni di ex alcolisti possono rivelarsi utili.
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