Si parla di diarrea in presenza di alterazioni della “normale” defecazione e, nello specifico, di aumento del peso delle feci emesse nelle 24 ore (oltre i 200-250 grammi), emissione di feci liquide o di consistenza ridotta oppure aumento della frequenza delle evacuazioni (oltre 3 volte al giorno).
Se il disturbo dura meno di due settimane si parla di diarrea acuta, se invece si protrae oltre tale durata si definisce cronica. La maggior parte degli studiosi ritiene che se i suddetti sintomi persistono per più di quattro settimane bisogna sospettare che la diarrea abbia un’origine diversa da quella infettiva, in tal caso occorrerà consultare il proprio medico curante, che effettuerà le indagini opportune.
Meccanismi
Si conoscono quattro diversi meccanismi in grado di provocare diarrea, che danno origine alla seguente classificazione:
- diarrea osmotica;
- diarrea secretoria;
- diarrea da alterata motilità intestinale;
- diarrea da essudazione.
Tali meccanismi raramente appaiono isolati, dal momento che nella maggior parte dei casi il disturbo della defecazione è dovuto alla compartecipazione di elementi differenti: per esempio, nelle sindromi da malassorbimento si verificano contemporaneamente un aumento della concentrazione del contenuto intestinale (osmolarità), un aumento dei movimenti intestinali (la cosiddetta peristalsi) prodotto da un accentuato stimolo esercitato sulla parete dell’intestino da parte del suo contenuto e talvolta, se è presente anche un processo infiammatorio a carico della mucosa, un’alterazione dei normali scambi di acqua e sali minerali attraverso la parete intestinale.
Esaminiamo ora nei particolari i quattro tipi di diarrea.
Diarrea osmotica Compare quando nel lume intestinale sono presenti sostanze che, non essendo assorbite (poco o per niente), trattengono acqua e pertanto determinano un aumento della massa fecale. Questo tipo di diarrea si interrompe sospendendo l’introduzione della sostanza “osmoticamente attiva”. Tra le principali cause vi sono: malassorbimento di carboidrati, aumentata introduzione di carboidrati poco assorbibili (è ciò che accade, per esempio, assumendo farmaci a base di lattulosio, oppure ingerendo quantità eccessive di sorbitolo o di fruttosio contenuti in molte caramelle “senza zucchero”, ma anche in pere, pesche, prugne, mele, ciliegie, succhi di frutta e così via), eccesso di magnesio (contenuto in additivi alimentari, antiacidi e lassativi).
Diarrea secretoria Può essere causata da un aumento, nell’intestino, della secrezione di sali e acqua o da un loro ridotto assorbimento. I mediatori in grado di indurla si distinguono in tre principali categorie: enterotossine batteriche (vibrione del colera, Escherichia coli, Clostridium difficile e così via); ormoni e neurotrasmettitori (per esempio il polipeptide intestinale vasoattivo, cosiddetto VIP, la secretina, le bradichinine, sostanze ad azione colinergica e così via); acidi biliari, acidi grassi e lassativi antrachinonici.
Diarrea da alterata motilità intestinale Si propende per la diagnosi di questo disturbo quando siano stati esclusi altri meccanismi fisiopatologici (in particolare quelli osmotico e secretorio). In questo caso il disturbo della defecazione è dovuto a un aumento della motilità intestinale (peristalsi) con riduzione del tempo di transito delle feci nell’intestino e, quindi, con riduzione del tempo a disposizione della mucosa intestinale per poter completare i processi di assorbimento dell’acqua e delle sostanze contenute nel materiale fecale. Ne consegue un aumento della frequenza delle evacuazioni con feci liquide, il cui peso può però risultare ancora normale. Ricordiamo invece che una diminuzione della motilità intestinale (pazienti anziani e diabetici) può determinare un aumento della flora batterica, condizione in grado di causare la comparsa di diarrea. Condizioni alla base di una diarrea da alterata motilità possono essere la sindrome del colon irritabile, l’essere stati sottoposti a particolari interventi chirurgici (resezione del nervo vago, asportazione della colecisti o dello stomaco, resezione di tratti di intestino tenue o del tratto di intestino che contiene la valvola ileo-cecale) e il malassorbimento di acidi biliari.
Diarrea da essudazione è secondaria alla presenza di lesioni infiammatorie e ulcerative della mucosa intestinale che possono provocare la perdita, nel lume, di grandi quantità di muco, proteine provenienti dal plasma e sangue.
Tuttavia questo processo essudativo raramente è in grado di provocare la fuoriuscita di quantità notevoli di acqua ed elettroliti; in genere, infatti, in questi pazienti è probabile che il meccanismo all’origine del disturbo della defecazione sia da ricondurre, almeno in parte, alle condizioni di diarrea osmotica o secretoria. Tra le cause di diarrea da essudazione vi sono le malattie infiammatorie croniche dell’intestino (rettocolite ulcerosa e malattia di Crohn), l’enterocolite conseguente a radioterapia (cosiddetta post-attinica) e alcune infezioni intestinali (Entamoeba histolytica, Shigella, Salmonella, Campylobacter, Yersinia, Escherichia coli enteropatogena, Clostridium difficile).
La diarrea può essere infine causata da alcuni farmaci, quali antibiotici, chemioterapici, antiipertensivi (beta-bloccanti, ACE-inibitori, idralazina), ansiolitici (alprazolam), ipocolesterolemizzanti (clofibrato, lovastatina e gemfibrozil); alcuni farmaci gastrointestinali come gli antiacidi contenenti magnesio e gli H2-antagonisti; ormoni tiroidei e ipoglicemizzanti orali.
Il paziente con diarrea
Nel trattamento della diarrea è importante che il paziente stesso o i suoi familiari siano consapevoli della rilevanza di alcuni segni, indicativi di possibile compromissione dello stato generale, per poterli riferire al medico. Questi, a sua volta, valuterà attentamente lo stato di idratazione e di equilibrio dei sali minerali, concentrandosi su condizioni quali il calo della pressione arteriosa nel passaggio dalla posizione sdraiata a quella eretta (cosiddetta ipotensione ortostatica), la tachicardia, la secchezza delle mucose, la cute anelastica, uno stato di letargia o di spiccata stanchezza; dal punto di vista degli accertamenti ematochimici, il medico controllerà inoltre il contenuto nel sangue di potassio e calcio e la presenza, nei casi più gravi, di alcalosi metabolica. Particolare attenzione va riservata, infine, alla presenza di sintomi quali il calo del peso corporeo, la febbre e l’anoressia.
Il medico effettuerà un’accurata indagine interrogando il paziente riguardo a:
- abitudini alimentari (intolleranza al lattosio, assunzione di grandi quantità di sorbitolo con caramelle, succhi di frutta e così via);
- presenza in famiglia di persone con malattie gastrointestinali;
- possibile esposizione ad agenti infettivi, come può accadere nei viaggi in aree geografiche a rischio avvenuti entro 4-6 settimane dall’insorgenza della diarrea, o in condizioni igieniche precarie, o per possibile assunzione di alimenti avariati, consumo di frutti di mare e così via;
- eventuale uso di antibiotici o di altri farmaci in grado di provocare diarrea;
- presenza di malattie associate (diabete e ipertiroidismo, manifestazioni cutanee o respiratorie nel sospetto di un’allergia alimentare; sindrome ansioso-depressiva);
- pregressi interventi chirurgici (colecistectomia, resezioni intestinali, gastrectomia, chirurgia anorettale e così via);
- disturbi del comportamento alimentare.
I soggetti affetti da diarrea devono essere in grado di riferire al medico alcuni elementi importanti, che servono a precisare le caratteristiche del disturbo:
- durata del problema;
- numero delle evacuazioni nelle 24 ore;
- tempo di comparsa (se si tratta di una diarrea solo diurna o anche notturna);
- presenza di sangue e di muco nelle feci;
- concomitante “urgenza” all’evacuazione, ossia irrefrenabile bisogno di andare a defecare non appena se ne senta lo stimolo. Il medico potrà ricavare informazioni utili per risalire alla causa effettiva del disturbo anche visitando il paziente e valutando le sue condizioni di salute generale (ricerca di massa addominale palpabile, fistola o ascesso perianale, ingrossamento di linfonodi, lesioni cutanee, segni di interessamento del sistema nervoso, gozzo e così via).
Diagnosi
La diarrea acuta riconosce nella maggior parte dei soggetti una causa infettiva, in genere si risolve da sola e non richiede particolari accertamenti diagnostici.
Il problema nasce nei pazienti con diarrea cronica ed è quindi in questi che diventa importante effettuare accertamenti. Il medico sceglierà tra diverse tipologie di esami:
- raccolta delle feci per 3 giorni consecutivi (se superiore a 600 grammi in 72 ore si tratta di una diarrea vera); il volume fecale può essere infatti indicativo della localizzazione della patologia causale. Un ampio volume di feci liquide è suggestivo di patologia a carico dell’intestino tenue o del colon destro; un volume minore con aumento della frequenza evacuatoria, tenesmo ed emissione di muco, pus o sangue è suggestivo, invece, di patologia colica sinistra o rettale;
- esame “visivo”, che consente di apprezzare la presenza di feci maleodoranti, galleggianti, oleose, con residui di cibo indigerito (suggestivi di malassorbimento) oppure di sangue (suggestivo di processi infiammatori o neoplastici dell’intestino);
- esame chimico-fisico delle feci, da eseguire in laboratorio, finalizzato alla ricerca di globuli bianchi, di fibre non digerite, di sangue non visibile (sangue occulto fecale);
- coprocoltura (Salmonella, Shigella, se c’è sangue visibile, Campylobacter, Escherichia coli enteropatogena) ed esame parassitologico (ricerca di Giardia lamblia da acque contaminate ovvero, se i disturbi orientano in questo senso, di ossiuri, tenia, ameba). Nei pazienti che abbiano assunto terapia antibiotica protratta il medico potrà decidere di ricercare la tossina del Clostridium difficile;
- in alcuni casi potrà essere utile richiedere esami ematochimici per la ricerca di segni di infiammazione (globuli bianchi, VES, PCR, alfa-1-glicoproteina acida), oltre che per valutare lo stato di nutrizione (sideremia, vitamina B12, acido folico, colesterolo, trigliceridi, sodio, potassio, proteine del sangue, INR, glicemia) e i valori di ormoni tiroidei, anticorpi anti-endomisio o transglutaminasi, enzimi pancreatici (amilasi e lipasi).
Se gli esami di primo livello risultano non significativi, il medico può decidere di trattare il paziente con una terapia sintomatica basata sulla riduzione dell’apporto di cibi ricchi di fibre e di lattosio, antidiarroici o colestiramina, antibiotici selettivi intestinali, probiotici (per più di 6 settimane).
Qualora invece la coprocoltura risultasse positiva per l’isolamento di un determinato agente batterico o parassita, il medico potrà impostare una terapia antibiotica mirata.
In presenza di un test per il sangue occulto fecale positivo, i curanti decideranno caso per caso se richiedere una colonscopia per ricercare eventuali lesioni sanguinanti e per l’esecuzione di biopsie intestinali.
In presenza di un aumento dei suddetti indici di infiammazione potrebbe essere utile anche un’ecografia dell’addome completo, con studio dell’intestino, nel sospetto di una malattia infiammatoria cronica intestinale.
Infine, in presenza di un’anomalia degli accertamenti volti a valutare lo stato nutrizionale del paziente con diarrea cronica (vitamina B12, acido folico, albumina) o di positività per gli anticorpi significativi di malattia celiaca (anti-transglutaminasi o anti-endomisio), il soggetto verrà sottoposto a gastroscopia con esecuzione di biopsie nella seconda porzione duodenale.
Diarrea nell’anziano
Gli anziani sono esposti ad aumentato rischio di diarrea e complicanze associate perché soggetti a riduzione dell’acidità gastrica, disturbi della motilità intestinale, malattie croniche sottostanti, invecchiamento del sistema immunitario e assunzione di diversi farmaci, tra cui gli antibiotici. La mortalità secondaria alla diarrea in questi soggetti tende ad avere un picco nei mesi invernali, il che suggerisce una causa infettiva sottostante. Gli anziani che vivono in strutture di lungodegenza sono a maggior rischio di morte per diarrea rispetto a quelli che vivono in casa. Nei soggetti geriatrici le cause di diarrea possono essere infettive (batteri, virus, parassiti), farmacologiche, neoplastiche, metaboliche (diabete mellito e tireotossicosi). Il Clostridium difficile è la più comune causa di diarrea infettiva nell’anziano sia per il frequente bisogno di ospedalizzazione sia per l’uso spesso protratto di antibiotici. Dal punto di vista clinico, occorre ricordare che questi pazienti sviluppano più spesso complicanze secondarie alla disidratazione come insufficienza renale, malnutrizione, insufficienza cardiaca o infarto del miocardio in presenza di una cardiopatia presistente.
Diffusione e caratteristiche della diarrea acuta nel bambino
La diarrea, prima causa di morte nella maggior parte dei Paesi in via di sviluppo, è invece solitamente un fenomeno di scarsa frequenza e importanza nei Paesi più industrializzati. Negli Stati Uniti, per esempio, i bambini al di sotto dei 5 anni presentano in media due episodi di diarrea all’anno (nei Paesi in via di sviluppo si osserva una frequenza doppia o tripla). Le cause più frequenti di questo disturbo sono le infezioni intestinali sporadiche (dette impropriamente gastroenteriti) provocate da virus, batteri o parassiti. In Italia i più frequenti agenti in grado di causare questo problema sono risultati, negli ultimi anni, i rotavirus, la Salmonella, gli adenovirus, l’Escherichia coli enterotossigena, il Campylobacter. Nella diarrea da rotavirus è più comune la presenza di disidratazione, vomito e feci acquose; nelle forme da agenti invasivi che interessano il colon compaiono più spesso febbre, dolori addominali, sangue o leucociti nelle feci. La terapia della diarrea acuta infettiva si basa essenzialmente su un’adeguata introduzione di liquidi (reidratazione), sul graduale e corretto ripristino dell’alimentazione e, solo in condizioni particolari, sulla somministrazione di farmaci.
Reidratazione
È sempre utile, in caso di diarrea a qualsiasi età, reintrodurre i liquidi persi con le feci assumendo cibi acquosi (zuppe, acqua di riso, liquidi di cottura di cereali e così via).
Probiotici e diarrea
I probiotici (un tempo comunemente indicati come fermenti lattici) sono microrganismi, quali lattobacilli e bifidobatteri, la cui ingestione sembra in grado di modulare l’equilibrio della flora batterica intestinale e di potenziare le difese immunitarie, agendo sul tessuto linfatico associato alla mucosa intestinale; possono essere contenuti in alimenti o in appositi farmaci.
Secondo le linee guida del Ministero della salute i cibi probiotici sono alimenti, solitamente fermentati, che contengono un numero sufficientemente elevato di microrganismi vivi e attivi in grado di raggiungere l’intestino e qui colonizzare ed esercitare un effetto favorevole sull’equilibrio della microflora.
I requisiti fondamentali di un probiotico devono essere: origine umana e non patogena, capacità di non essere degradati dall’acidità gastrica e dalla bile, mantenimento delle proprie caratteristiche durante la conservazione, stabilità genetica (ovvero incapacità di trasmettere geni di antibioticoresistenza), adesione alla mucosa interna intestinale e colonizzazione.
I probiotici esplicano le proprie funzioni protettive mediante produzione di sostanze antimicrobiche (batteriocidine, acido lattico, perossido di idrogeno, proteasi), competizione con microrganismi patogeni, effetto trofico sulla mucosa intestinale e stimolazione del sistema immunitario associato alla mucosa intestinale (MALT). [V.B.]