Primo Soccorso
Disturbi generali
Dolore toracico
Alcune definizioni
La definizione di dolore toracico travalica ampiamente i suoi limiti letterali, includendo ogni forma di disagio (quindi anche sensazioni non dolorose in senso stretto) avvertita in un’area compresa tra la base del collo (il “giugulo”) e la base del torace. Dato che la base toracica corrisponde al limite inferiore degli archi costali, si include nell’area di pertinenza del dolore toracico anche la zona anteriore immediatamente sotto lo sterno, ossia l’epigastrio. Considerare dolori toracici anche sensazioni non propriamente dolorose e perfino localizzate fuori dai confini anatomici del torace (il giugulo e l’epigastrio) poggia su una ragione squisitamente clinica. La più frequente tra le cause potenzialmente mortali di dolore toracico è, infatti, l’ischemia del miocardio. Benché essa si manifesti tipicamente come un dolore franco localizzato dietro lo sterno (retrosternale), occasionalmente può presentarsi in modo atipico, per sede (il paziente lo avverte alla “bocca dello stomaco” o al collo) o per carattere (lo descrive come un “fastidio” o un “peso” piuttosto che come un dolore). La convenzione di considerare come dolori toracici sintomi così variegati (si parla in effetti di dolore toracico atipico) ha quindi lo scopo di indurre il medico a considerare sempre l’ipotesi di una cardiopatia ischemica quando si trovi a valutare pazienti che presentino questi insidiosi quadri clinici. Il rovescio della medaglia di un simile deliberato “abuso” del termine è l’inclusione, nella diagnostica differenziale del “dolore toracico”, di numerosissime patologie extra-toraciche (per esempio molte malattie della colecisti, dello stomaco, del duodeno, della tiroide...). Ciò fa di questo sintomo una delle sfide più formidabili che il medico si trovi ad affrontare nella pratica clinica.
Cause
Tra i pazienti valutati in Pronto soccorso, le cause più frequenti di dolore toracico sono, in ordine decrescente di frequenza, di pertinenza cardiaca (infarto miocardico, angina pectoris e, più raramente, pericardite e stenosi aortica), gastrointestinale (riflusso gastro-esofageo, spasmo esofageo, gastrite, ulcera gastrica o duodenale, calcolosi biliare), muscolo-scheletrica o articolare (dolore “di parete”), polmonare (pleurite/polmonite, embolia polmonare, pneumotorace), psichiatrica (psicosi, stati d’ansia) o vascolare (dissezione aortica, aneurisma aortico). Altre cause, come le malattie del pancreas, della milza, del mediastino e del colon sono decisamente più rare.
Come si manifesta il dolore al petto
I più preziosi elementi clinici per la valutazione delle possibili cause del dolore toracico sono: la sede, l’andamento e le caratteristiche soggettive.
Sede del dolore Conoscendo la posizione anatomica e il tipo di innervazione degli organi da cui può provenire lo stimolo algido, è possibile stabilire una buona correlazione tra la sede in cui il paziente avverte il dolore e le malattie che possono esserne responsabili. Nella Figura 1 sono elencate le più comuni cause di dolore toracico in base alla sede in cui il sintomo viene percepito dal paziente. Si può notare che alcune malattie tendono a provocare dolori solo in aree piuttosto ristrette e ben definite (per esempio, il dolore colecistico tende al localizzarsi alla base toracica destra e in epigastrio), mentre altre potenzialmente possono provocare dolore in ogni regione del torace, e addirittura anche fuori da esso. Per esempio, l’ischemia miocardica può occasionalmente provocare dolore agli arti superiori, alla mandibola e perfino all’orecchio!
Andamento del dolore L’andamento del dolore è correlato al meccanismo che ne è alla base, e quindi può suggerirne la causa. Per esempio, un dolore che dipende dall’abnorme contrazione della muscolatura di un viscere cavo (cioè uno “spasmo”) ha tipicamente un andamento intermittente, cioè dura alcuni secondi, poi si attenua, e quindi si acutizza di nuovo, parallelamente all’attività contrattile della muscolatura viscerale. Un dolore dovuto a stimolo meccanico diretto di un nervo (compressione) dura una frazione di secondo, come una scossa, e può ripetersi a intervalli brevissimi se vengono effettuati movimenti del corpo o se si esercitano pressioni sul torace che producono nuove compressioni delle fibre nervose. Un dolore infiammatorio ha generalmente lunga durata (ore o giorni) e carattere continuo, perché i processi flogistici sono basati su elaborate comunicazioni bioumorali tra diversi tipi di cellule e quindi impiegano molto tempo a risolversi. Il dolore ischemico esprime la sofferenza di un tessuto per una scarsa ossigenazione dovuta a insufficiente irrorazione ematica.
Nella maggior parte dei casi l’ischemia dipende da un’ostruzione del flusso di sangue in un’arteria da parte di un trombo. I trombi possono “dissolversi” o almeno rimpicciolirsi spontaneamente, riabilitando l’arteria occlusa e risolvendo il dolore, ma questo processo (sempre ammesso che si verifichi), richiede minuti o ore. Il dolore ischemico, quindi, non può mai durare pochi secondi. Caratteristiche soggettive del dolore. Si intende con questo termine la qualità del dolore percepita (e quindi descritta) dal paziente, indipendentemente dalla sede e dall’andamento. L’esperienza clinica insegna che il dolore da ischemia miocardica viene spesso descritto come “una morsa che strige” (costrittivo) o come un peso che “schiaccia” (oppressivo) o “incombe” (gravativo); occasionalmente è descritto come un bruciore (urente), raramente come “una fitta” (trafittivo) e quasi mai come “una scossa” o come “una puntura”.
Inoltre, in genere, i dolori viscerali non vengono localizzati in un punto circoscritto del torace (cioè in un’area di pochi cm), ma in regioni più estese, profonde, e dai limiti imprecisi; al contrario, i dolori provenienti dalla parete toracica vengono spesso localizzati in sedi precise e limitate. Quindi, se si chiede a un paziente con dolore cardiaco o esofageo di indicarne la sede, questi spesso utilizzerà la mano, flettendo un poco le dita in modo da appoggiare i polpastrelli intorno alla zona incriminata, mentre i pazienti con dolore di parete utilizzeranno il solo dito indice ponendone la punta esattamente sul punto dolente.
Cosa fare
Devono recarsi immediatamente al Pronto soccorso tutti i pazienti con dolore toracico che presentino una (o più) delle seguenti manifestazioni di instabilità circolatoria: respiro affannoso; cute pallida e sudata; cianosi; cute marezzata; perdita di coscienza improvvisa (sincope); stato confusionale; profonda astenia (per esempio difficoltà a vestirsi o ad alzarsi dal letto). Analogo provvedimento è consigliabile per i soggetti ad alto rischio di ischemia miocardica, ossia, quelli con malattie coronariche già diagnosticate (precedente infarto miocardico, angina pectoris), con diabete mellito o con numerosi fattori di rischio cardiovascolare (fumo di sigaretta, ipercolesterolemia, ipertensione arteriosa, obesità, parenti di primo grado con infarto miocardico in giovane età ecc.), specialmente in età avanzata (maschi oltre i 50 anni, femmine dopo la menopausa). Infine, è prudente una valutazione in Pronto soccorso anche per chi, nel corso della propria vita, abbia già avuto un pneumotorace, una pericardite o un’embolia polmonare (in questi casi può esistere il rischio di una recidiva).
Considerata la possibile rapidità di evoluzione del quadro clinico, per i pazienti con manifestazioni di instabilità circolatoria va sempre richiesto l’intervento del sistema di emergenza territoriale 118, onde garantire che il trasferimento verso l’ospedale venga assistito da un medico capace di procedere, se necessario, al massaggio cardiaco e all’intubazione endotracheale con ventilazione meccanica.
In assenza delle condizioni sopra riportate, i dolori toracici scatenati o aumentati dall’inspirazione richiedono una valutazione in tempi brevi (entro 24 ore) da parte del medico di famiglia (per il sospetto di una malattia pleurica o pericardica), così come i dolori che compaiono solo sotto sforzo e regrediscono a riposo (sospetta angina pectoris stabile).
A parte la decisione sull’opportunità di un giudizio medico immediato, l’unico intervento attuabile a domicilio di fronte a un dolore toracico è la somministrazione di un farmaco antianginoso a effetto immediato (nitroglicerina, isosorbide dinitrato) ai pazienti cui il medico lo abbia prescritto “al bisogno” per una cardiopatia ichemica già accertata. In questi casi è di fondamentale importanza valutare e riferire al medico il tempo di effetto del medicinale: nell’angina pectoris il dolore migliora entro pochi minuti; se il miglioramento è più tardivo (per esempio dopo 10 minuti o più) è improbabile che sia merito del farmaco; se non migliora affatto, il dolore potrebbe non essere anginoso; ma in questo caso attenzione: le forme più temibili di cardiopatia ischemica (l’infarto miocardico acuto e l’angina instabile) spesso rispondono a questi farmaci solo se sono somministrati per via endovenosa a dosi molto più elevate. Il mancato miglioramento non esclude quindi una malattia coronaria seria!
Quando preoccuparsi seriamente
Se in dolore dura più di 5 secondi (continuativamente), aumenta gradualmente nell’arco di alcuni minuti, ha carattere costrittivo o oppressivo e non viene influenzato dalla respirazione, dalle pressioni esercitate sul torace e dai movimenti del corpo, spesso la causa del malore è un’ischemia cardiaca. Il sospetto è anche maggiore quando il paziente ha l’impressione che si propaghi verso il braccio sinistro, soprattutto al versante ulnare (quello del dito mignolo). Un dolore toracico di qualsiasi tipo che duri continuativamente per più di 5 secondi in un paziente che ha già avuto nella propria vita un infarto miocardico o un’angina pectoris dovrebbe essere prudenzialmente considerato di natura ischemica, soprattutto se viene giudicato “molto simile” o “identico” a quello avvertito all’epoca della diagnosi. Un dolore toracico atroce (definibile per esempio come il peggior dolore mai provato nella propria vita), indipendentemente da ogni altra considerazione, è sempre preoccupante (può dipendere da infarto miocardico o dissezione aortica).
I dolori che durano meno di 5 secondi, anche se ripetuti più volte, a carattere trafittivo o di scarica elettrica, non sono in genere preoccupanti (originano per lo più dalle strutture muscolo-tendinee, atricolari o nervose della gabbia toracica). I dolori epigastrici a carattere urente sono più spesso attribuibili a problemi gastroesofagei, ma occasionalmente anche a ischemia miocardica. La prima ipotesi è più verosimile quando hanno un chiaro rapporto con i pasti o con alcuni alimenti, quando si accompagnano a eruttazioni e rigurgiti acidi, o se sono alleviati dall’ingestione di antiacidi (bicarbonato, magnesia...). Un dolore che compare sotto sforzo o con le forti emozioni (collera, paura...) e scompare dopo 2-3 minuti di riposo è tipico dell’angina pectoris stabile e non richiede in genere una valutazione medica immediata. Alcune caratteristiche sono di interpretazione meno univoca e sicura, e vanno quindi considerate alla luce di numerosi altri elementi (deve quindi valutarli il medico). Per esempio, i dolori scatenati o accentuati dal respiro o dalla tosse possono dipendere dalla parete toracica ed essere del tutto innocui, oppure possono derivare dalla pleura (pleuro-polmonite, pneumotorace, infarto polmonare), dal pericardio (pericardite) o dal muscolo diaframma (ascesso sub-diaframmatico).
Esami da effettuare in condizioni di emergenza
Dato che la malattia grave più spesso responsabile di dolore toracico negli adulti è l’ischemia miocardica, il primo esame strumentale eseguito in Pronto soccorso nei pazienti con dolore toracico o epigastrico è l’elettrocardiogramma (ECG). Se l’ECG dà esiti incerti o se risulta nomale ma rimane un forte sospetto clinico di ischemia miocardica, si esegue un prelievo di sangue per dosare gli enzimi cardiaci (sostanze contenute specificamente nel tessuto miocardico la cui concentrazione ematica aumenta in caso di sofferenza o lesione delle cellule cardiache). Va però ricordato che i livelli ematici degli enzimi cardiaci non superano i valori normali nel momento stesso in cui il paziente inizia ad avvertire il dolore ischemico, ma più tardi, perché impiegano del tempo per fuoriuscire dalle cellule sofferenti. Può quindi capitare che, dopo un primo prelievo di sangue dall’esito negativo, il medico ne prescriva un secondo a distanza di 3-4 ore e addirittura un terzo dopo 6-9 ore. Se tutte queste indagini risultano negative, o se esiste il sospetto di una malattia toracica non cardiaca, il secondo esame strumentale eseguito in Pronto soccorso è la radiografia standard del torace, con cui è facile evidenziare pleuriti, polmoniti e pneumotorace. In caso di normalità del radiogramma, se il paziente ha un dolore atroce o presenta manifestazioni di instabilità circolatoria (respiro affannoso, cute pallida e sudata, cianosi, cute marezzata, confusione mentale...) è necessario escludere una lesione dell’aorta (dissezione, aneurisma) o un’embolia polmonare eseguendo una TAC del torace ed eventualmente un ecocardiogramma o una scintigrafia polmonare. Se invece il paziente è stabile e il dolore è sopportabile, si può tentare di somministrare una terapia antidolorifica o contro l’acidità gastrica, proseguendo l’osservazione clinica per alcune ore per valutare l’evoluzione nel tempo.
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