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Anafilassi
L’anafilassi è un particolare tipo di reazione immunitaria che non determina però alcuna protezione o effetto positivo per l’organismo, ma può al contrario portare un danno che può essere lieve e fastidioso come il prurito o un’eruzione orticariode fino a situazioni gravi come lo shock anafilattico che può causare la morte.
Il termine è stato coniato all’inizio del 1900 in contrapposizione a profilassi che era stato scelto per identificare quelle reazioni immunitarie che si traducono in un effetto protettivo per l’individuo (vaccinazioni, somministrazione di immunoglobuline e così via).
Fu Charles Robert Richet, premio Nobel per la medicina nel 1913, che per primo osservò lo shock anafilattico in alcuni cani a cui era stata iniettata una bassa dose di veleno di anemoni di mare alcune settimane dopo averli esposti a una dose maggiore dello stesso tipo di veleno. Lo scienziato francese capì che le bestie non erano morte in pochi minuti a causa della tossicità del veleno che alcune settimane prima avevano sopportato a dosi maggiori, ma per una reazione dell’organismo che a quel veleno era diventato “sensibile”.
Esistono diversi gradi di reazioni anafilattiche, o più in generale di reazioni allergiche, che è un termine con il quale si comprendo in maniera più generale questo tipo di reazioni immunitarie.
Le più lievi sono caratterizzate da arrossamento e prurito cutaneo, quelle più importanti da sintomi sistemici: il soggetto avverte senso di malessere, vertigine, ronzio nelle orecchie, arrossamento cutaneo e prurito, tosse, tumefazione delle mucose della bocca e degli occhi, senso di costrizione toracica, asma con difficoltà respiratoria, diminuzione del tono della voce, calo della pressione fino alla perdita di coscienza.
Il quadro più grave, lo shock anafilattico, è caratterizzato dal crollo della pressione arteriosa con conseguente calo della perfusione ematica del cervello e del cuore e da difficoltà respiratoria fino all’asfissia. Se non si interviene efficacemente, lo shock anafilattico può portare a morte in pochi minuti per aritmie cardiache, ipossia e deficit circolatorio di organi vitali (cervello e cuore).
Questo quadro clinico è dovuto all’improvviso rilascio nel circolo sanguigno di istamina e di altre sostanze contenute in alcune cellule (granulociti basofili, mastociti) che portano sulla propria superficie un particolare tipo di anticorpi, le immunoglobuline della classe E (IgE).
Affinché si formino le IgE, è necessario che il sistema immunitario venga a contatto con una sostanza (antigene o aptene) in grado di stimolare la produzione di questo particolare tipo di anticorpi.
A questo primo contatto con la sostanza, non si manifesta alcuna reazione clinicamente rilevabile: tale evento viene chiamato sensibilizzazione.
Una volta che il sistema immunitario ha prodotto anticorpi della classe E contro una sostanza, l’organismo è diventato “sensibile” e se torna a contatto con quella stessa sostanza si scatenano i fenomeni della reazione anafilattica.
Cause della reazione anafilattica
In passato i casi più frequenti di reazione anafilattica erano dovuti alle terapie con sieri derivati da animali (siero antitetanico, antidifterico, siero antivipera e così via); oggi che a questo tipo di presidi sanitari si ricorre solo eccezionalmente, le cause più frequenti di reazione anafilattica sono costituite da farmaci, veleno di insetti e alimenti.
Ogni anno in Italia, come in tutto il mondo, si verificano morti per reazioni anafilattiche severe in seguito ad assunzione di farmaci o a punture di insetti, soprattutto imenotteri (ovvero vespe, calabroni, bombi, gialloni, api e così via).
I farmaci che più frequentemente determinano reazioni gravi sono antibiotici, anestetici e miorilassanti, ma in generale qualunque farmaco può determinare fenomeni allergici. A volte sono gli eccipienti contenuti assieme al farmaco i veri responsabili della reazione immunitaria sfavorevole.
Il rischio di reazioni severe dopo punture di imenotteri è più elevato in alcune categorie professionali (apicultori, guardie forestali e vigili del fuoco) che sono più a rischio sia di venire sensibilizzati sia poi di essere di nuovo esposti al veleno di questi insetti. Si ritiene che la sensibilizzazione possa più facilmente avvenire dopo multiple e ravvicinate punture di imenotteri.
Molto più complesso è il fenomeno delle allergie alimentari, che interessa prevalentemente la popolazione dei bambini. In Inghilterra si calcola che il 5% della popolazione al di sotto dei 16 anni soffra di questo problema, ma si verifica solo un morto ogni 800.000 persone ogni anno. Le reazioni più gravi sono più frequenti tra le persone che soffrono di asma.
Gli alimenti più frequentemente responsabili di reazioni immunitarie pericolose sono arachidi, nocciole, pistacchi, banane, kiwi, latte, crostacei e pesce, ma è difficile, se non impossibile, stilare una lista esaustiva di tutto quanto può provocare fenomeni allergici severi.
Reazioni allergiche anche gravi si possono verificare poi dopo esposizione al lattice della gomma ed esistono situazioni in cui non è possibile identificare alcuna sostanza responsabile degli eventi allergici osservati: in tali casi si parla di allergia e anafilassi idiopatica. Molto raramente, anche un esercizio fisico può essere la causa di una reazione anafillattoide.
Cosa fare subito
Lo shock anafilattico e le reazioni anafilattiche severe rappresentano vere emergenze mediche, nel senso che richiedono un pronto intervento medico per sostenere le funzioni vitali e bloccare la reazione immunitaria. Il tempo di intervento è fondamentale, in quanto pochi minuti di ritardo possono determinare la morte o la comparsa di danni irreversibili.
- Il paziente va posto sdraiato, se possibile con la testa più in basso delle gambe in modo da facilitare il ritorno di sangue al cuore.
- Il farmaco indispensabile nelle reazioni severe è l’adrenalina, che deve essere somministrata per via parenterale (sottocute, intramuscolo o anche endovena, ma solo da personale medico preparato alla gestione delle emergenze).
- Se possibile vanno infusi liquidi per via endovena.
- Importante è anche l’uso di alte dosi di cortisonici e la somministrazione di O2 per ridurre eventuali danni da ipossia.
- I farmaci antistaminici hanno invece un ruolo nelle reazioni sistemiche, meno gravi.
- Una volta superato il periodo critico, è comunque necessaria una osservazione clinica in ambiente ospedaliero per 12-24 ore.
Cosa fare dopo la crisi
Dopo un episodio allergico sistemico è opportuno consultare un medico allergologo al fine di valutare se sia possibile identificare la causa di quanto è successo. L’allergologo condurrà un’accurata raccolta dei dati anamnestici, eseguirà test di laboratorio e in alcuni casi test di provocazione cutanei o di esposizione controllata alle sostanze sospette di essere la causa degli eventi clinici. Una volta identificato l’agente causale, bisogna mettere in atto una serie di comportamenti il cui fine è quello di evitare una nuova esposizione alla sostanza in causa, il che non sempre risulta agevole, specie quando le sostanze o gli alimenti responsabili dell’allergia sono molto diffusi e ampiamente utilizzati. Esempio tipico è l’allergia alle arachidi che può scatenare, in un soggetto sensibile, una reazione grave anche solo dopo un bacio da parte di una persona che abbia mangiato arachidi nei minuti precedenti. Per tali motivi alcune compagnie aeree hanno abolito gli snack contenti arachidi sui propri voli.
Un altro problema è l’allergia al lattice che può determinare reazioni gravi su persone sensibili che si sottopongono a interventi chirurgici (guanti del chirurgo, tubi usati per l’anestesia e farmaci contenuti in flaconcini chiusi con tappo di gomma).
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