Alimentazione
Obesità
Modificare gli stili di vita
Educazione alimentare
Nelle società odierne la disponibilità degli alimenti e le scelte alimentari sono influenzate da potenti forze economiche e sociali, in combinazione con stili di vita individuali e comportamenti adattativi. Il processo tecnologico e la produzione industriale hanno modificato in modo netto lo stile di vita nel mondo occidentale, creando nuove esigenze e inventando nuovi modelli culturali. L’alimentazione ha subito una vera e propria rivoluzione gastronomica, che ha modificato tre parametri fondamentali della quotidiana alimentazione: il tempo, il luogo e il rito.
Il tempoFin dall’antichità il costume alimentare è stato regolato dal succedersi delle stagioni: niente ciliegie in inverno, fichi in primavera o pomodori in pieno inverno; solo frutti o verdure di stagione. Così è stato per secoli e secoli; oggi invece le nuove tecniche di conservazione dei cibi permettono di godere tutto l’anno di tali alimenti.
Il luogoAnticamente le abitudini alimentari di una popolazione erano legate al territorio in cui essa viveva. Oggi, con le nuove tecniche di conservazione e di trasporto rapido, è possibile mangiare salmone a Pantelleria o assaggiare il mango a Capo Nord in Scandinavia. Si può mangiare in Australia quello che si produce in Italia e consumare in Olanda ciò che arriva dal Sudafrica: i confini gastronomici esistenti un tempo sono quindi stati abbattuti.
Il ritoBisogna risalire al cambiamento dello stile di vita dell’intero mondo occidentale: nuclei familiari meno numerosi, ritmi di lavoro intensi e lunghi che costringono molta parte della popolazione a mangiare fuori casa. In questo modo il rito della preparazione delle portate è stato demolito; interviene il mercato, che offre cibi preconfezionati, precotti, monodose e così via. Inoltre, sempre a causa dei ritmi sempre più frenetici, non si cucina più e si pranza spesso fuori casa, nei fast-food, nelle tavole calde e fredde e nei punti di ristoro in cui è possibile consumare cibo in pochi minuti. Il problema è che le pietanze offerte in questi posti, così come quelle preconfezionate, sono altamente caloriche e contribuiscono all’aumento di peso generalizzato della popolazione.
Cosa fare quindi per rieducare a una corretta alimentazione che comporti un riequilibro tra calorie assunte e calorie spese nei soggetti obesi? L’obiettivo primario è quello di ristabilire l’equilibrio della bilancia energetica che è andato perduto per le modificazioni del comportamento alimentare e dello stile di vita generale. Tradizionalmente, il raggiungimento dell’obiettivo del calo ponderale viene affidato alla prescrizione di una rigida dieta e a un improbabile programma di esercizio fisico. Per ottenere risultati che durino nel tempo è invece necessario rieducare i soggetti ad alimentarsi in maniera corretta e ad adottare uno stile di vita meno sedentario. L’obiettivo deve essere quindi quello di insegnare definitivamente il controllo del peso corporeo e di applicare un antico concetto, quello di educazione terapeutica (antico perché la medicina greca lo impiegava nella gestione di malattie croniche).
Dieta
Le linee guida per il trattamento dell’obesità messe a punto nel 1998 dal National Institute of Health degli Stati Uniti e quelle italiane del 1999 (LIGIO, Linee guida italiane obesità) prevedono che i soggetti obesi debbano perdere peso soprattutto per ridurre le complicanze metaboliche ed emodinamiche di questa condizione.
Il calo ponderale ottenuto con la dieta si è dimostrato efficace nel ridurre le complicanze dell’obesità nel breve periodo; è quindi indispensabile che questi pazienti seguano un regime alimentare ipocalorico. Sebbene questo concetto sia quasi universalmente accettato, non esiste accordo nel mondo scientifico sulla scelta di quale regime ipocalorico seguire. Dieta mediterranea, zona, Atkins, ornish, South Beach non sono che alcune tra le più conosciute e diffuse, ognuna di queste con i suoi sostenitori e detrattori. Non entriamo nel merito di quale metodologia seguire, valgano però alcune considerazioni di carattere generale.
Dagli studi sinora condotti nessuno dei regimi dietetici sopracitati si è rilevato superiore agli altri nella capacità di indurre il calo ponderale nel medio e lungo periodo (6-12 mesi). La sola differenza consiste nel fatto che quelli poveri in carboidrati come la zona, l’Atkins e la South Beach inducono inizialmente una perdita di peso leggermente più rapida, ma tale differenza scompare con il protrarsi della dieta (12 mesi).
Un altro dato che emerge dagli studi è che in realtà il maggiore o minore successo di una dieta sta nella capacità di aderenza al regime stesso da parte del paziente. Problema non di facile soluzione e che deve tenere conto di fattori ambientali, culturali, sociali e dei gusti del singolo. In quest’ottica la scelta potrebbe essere diversa da caso a caso e persino nello stesso individuo, in periodi differenti.
L’effetto della restrizione calorica sui fattori di rischio cardiovascolari in specie animali inferiori come i roditori è in grado di ridurre gli effetti dell’invecchiamento, diminuendo l’incidenza di malattie degenerative come il diabete o l’aterosclerosi. Nei soggetti obesi o sovrappeso con un eccesso di grasso viscerale (addominale) è documentata in maniera definitiva una maggiore incidenza di malattie cardiovascolari rispetto ai soggetti di pari età normopeso. La riduzione del grasso viscerale, ottenuto con restrizione calorica, dovrebbe quindi permettere di ridurre l’insorgenza o di attenuare la gravità di malattie cardiovascolari e metaboliche.
Per quanto riguarda i maggiori benefici ottenibili utilizzando uno specifico regime dietetico sui fattori di rischio e le malattie cardiovascolari, la dieta di tipo mediterraneo sembra offrire maggiori garanzie nel lungo termine e sembra essere superiore alle altre soprattutto nella prevenzione di queste malattie.
Attività fisica
L’attività fisica contribuisce al calo ponderale solo in associazione alla restrizione calorica e presenta molteplici vantaggi anche a prescindere dalla perdita di peso, in quanto aumenta l’efficienza cardiorespiratoria e aiuta a ridurre il rischio cardiovascolare. È indicata per la gestione di condizioni quali ipercolesterolemia, ipertensione arteriosa, diabete, obesità e programmi di mantenimento del peso; determina infatti un miglioramento del quadro lipidico con aumento significativo del colesterolo HDL e riduzione dei trigliceridi; favorisce la riduzione della pressione arteriosa, migliora la fitness cardiocircolatoria e aumenta la sensibilità all’insulina migliorando la tolleranza al glucosio. Infine, contribuisce a ridurre il grasso nell’organismo in generale, e in particolare quello presente nell’addome. Se è associata a terapia dietetica si verificano un risparmio della massa magra (muscoli) e una riduzione prevalente della massa grassa. Gli effetti sulla composizione corporea si esercitano a livello sia della massa grassa sia della massa magra. In termini fisiologici, la perdita di un chilo di peso da parte di un soggetto obeso è data per circa 3/4 dal grasso e per il restante quarto dalla massa magra. L’esercizio fisico regolare (associato a un sufficiente apporto in proteine) tende a ridurre la perdita di massa magra che si verifica usualmente e naturalmente con il calo ponderale indotto dalla sola dieta. Quindi l’esercizio fisico è importante non solo per la dispersione calorica a esso associata, ma perché la sua pratica regolare aumenta il metabolismo basale che, va ricordato, è la quota principale del dispendio energetico (60%-70%). Vengono normalmente suggeriti 40-60 minuti di attività fisica moderatamente intensa 3-4 volte la settimana (camminare, correre piano, andare in bicicletta), in aggiunta a maggiore movimento durante le abituali attività.
I benefici dell’esercizio fisico possono essere ottenuti solo a condizione che questa attività venga eseguita regolarmente e sia protratta nel tempo: per questo è fondamentale che essa diventi parte integrante dello stile di vita. È quindi importante dedicare il proprio tempo libero a hobby e sport in grado di rendere più piacevole lo sforzo fisico e scegliere un’attività che tenga conto delle preferenze individuali, poiché in tal modo la motivazione durerà nel tempo.
Inoltre, l’incremento dell’esercizio fisico deve avvenire gradualmente, tenendo conto del grado di forma iniziale; deve essere regolare (almeno 4 volte la settimana), prolungato (40-60 minuti) e possibilmente personalizzato e calcolato al 40-60% dello sforzo massimale.
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