Alimentazione
La nutrizione nello sport
Non esiste un’alimentazione universalmente valida perché ognuno ha le proprie esigenze, i propri gusti, la propria cultura e le proprie caratteristiche; spetta quindi al dietologo pianificare la dieta considerando tutte le variabili relative al soggetto a cui si dedica. È però possibile elaborare alcuni principi generali, basati su dati scientifici comuni, che ci permettano di trarre indicazioni di massima e spunti di riflessione validi per tutti coloro che praticano sport.
Energia necessaria per fare sport: quanta?
Esistono molte tabelle che indicano quante calorie si spendono nel praticare una determinata attività, ma possono solo fornire indicazioni di massima perché ci sono importanti variabili che le rendono scarsamente attendibili. Un principio generalmente valido può essere quello di mangiare di più nei giorni in cui si pratica sport e meno quando si sta a riposo, con l’eccezione dei giorni pregara.
Le variabili possono essere suddivise in due categorie principali: quelle scelte dal singolo e quelle di natura tecnica; vanno anche considerati la termoregolazione (il clima, l’abbigliamento, l’idratazione), l’intensità dell’esercizio, la durata e l’effettivo lavoro svolto nonché il grado di allenamento; per certi sport è molto rilevante anche il peso corporeo. Tutti questi aspetti si intersecano e interferiscono tra loro in modo molto diverso anche per lo stesso soggetto.
Una delle variabili fondamentali per definire la spesa energetica reale durante una determinata attività fisica è la termoregolazione: l’organismo deve stare a temperatura pressoché costante per rendere al meglio, il lavoro muscolare riscalda e ci si deve raffreddare. La conservazione della temperatura corporea è importantissima: a riposo molte delle nostre energie sono spese per mantenere gli ideali 37 °C. Quando la nostra temperatura sale, l’efficienza diminuisce: a parità di allenamento la prestazione è certo ridotta se la misuriamo a 30 °C rispetto a 15 °C. Fare attività fisica comporta riscaldamento; se non ci si raffredda efficacemente la percezione di fatica è molto elevata, con il risultato di un grande sforzo con poco lavoro effettivo. Se si vuole ridurre al minimo questo problema ci si deve sempre vestire poco (gli atleti delle corse hanno pantaloncini e maglietta anche con temperature bassissime). È quindi sbagliato fare sport cercando di aumentare la sudorazione: si perde un po’ di acqua in più ma si fa un modesto lavoro, consumando così meno calorie. Per esempio, 20 minuti su cyclette, al massimo delle proprie capacità, comporteranno un effettivo lavoro svolto e un dispendio energetico nettamente inferiori rispetto all’uso della bicicletta all’aperto. Per favorire al meglio la funzione del raffreddamento gioca un ruolo fondamentale l’idratazione: a ogni frazione di grado di temperatura in più corrisponde infatti un aumento della fatica percepita. Idratarsi bene è quindi fondamentale, in tutti i tipi di attività fisica.
Un’altra variabile importante è l’intensità. Va da sé che un esercizio più intenso comporta una spesa energica maggiore, ma è altrettanto logico che la durata di questo tipo di attività sarà breve, proprio in virtù dell’intensità. D’altro canto il ritmo blando favorisce il protrarsi dell’esercizio fisico ma comporta una spesa modesta. Come spesso accade, il compromesso risulta la migliore scelta ma si ottiene considerando sia il tipo di attività sia il grado di allenamento: un soggetto che conosce bene un determinato gesto motorio, a pari intensità, consumerà meno a praticarlo rispetto a chi invece non è altrettanto abile in quell’attività. Può essere utile un esempio: un ciclista, anche se ben allenato, avvertirà un immediato e grande senso di fatica se per esempio nuota. Non si tratta di scarsa capacità aerobica (che invece dovrebbe essere ottima, in un ciclista) ma di esecuzione di un gesto non usuale; questa fatica ha una discreta corrispondenza all’elevata spesa energetica ma, siccome impone riposi frequenti, non porta a un grosso consumo di energia. In pratica, la questione si pone dal punto di vista dell’allenamento specifico nello stesso tipo di esercizio. Un soggetto che corre a piedi costantemente avrà un basso dispendio calorico se compie 5 km a 10 km/ora; alla stessa velocità chi non è abituato a correre farà molta più fatica e consumerà quindi di più. Muscoli e metabolismo adattati comportano migliori utilizzazioni dei substrati energetici. Conta molto anche il peso corporeo. Chi è più leggero consuma meno, ma ha anche meno riserve energetiche immagazzinate. Pure in questo caso, quindi, non è tutto così scontato e va raggiunto un compromesso che tenga conto delle caratteristiche del soggetto e del tipo di sport praticato. Altre variabili sono l’età e il sesso, ma queste ultime hanno un peso più modesto.
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