Alimentazione
Obesità
Cause dell’obesità
Predisposizione genetica
L’uomo esiste sulla terra da circa 100.000 anni e da circa 25.000, dall’epoca cioè delle ultime glaciazioni, presenta lo stesso patrimonio genetico. Oggi, quindi, siamo del tutto uguali ai nostri avi che vivevano nelle caverne. L’uomo ha colonizzato praticamente tutte le terre emerse, riuscendo a sopravvivere nei climi più disparati e a periodi di carestia. Per riuscire a fare ciò, non ha potuto contare che sulla propria intelligenza e sulla capacità di adattamento, soprattutto alimentare; essendo onnivoro, a differenza di molte altre specie animali, ha potuto trarre nutrimento praticamente da tutto ciò che la natura forniva.
La conservazione dei cibi è un’acquisizione relativamente recente e, per migliaia di anni, sono sopravvissuti quegli individui che consumavano meno energie durante i periodi di carestia o che riuscivano ad accumulare più scorte di grasso nei periodi, necessariamente brevi, di abbondanza. Si può supporre che, in popolazioni agricole in cui la dieta era principalmente a base di vegetali e dove i grassi animali (la fonte energetica più importante: una vera e propria “energia concentrata”) erano pochi, si siano selezionati quegli individui in grado di consumare meno durante i periodi di carestia. Viceversa, si può pensare che in popolazioni dove la principale fonte di sostentamento era la caccia di grossi animali, gli individui privilegiati dalla sopravvivenza siano stati coloro in grado di mangiare più degli altri. L’uomo odierno è figlio di quei sopravvissuti, di coloro che hanno sfruttato al meglio ciò che la natura offriva in quel momento e in quella determinata zona. Vi sono, quindi, individui geneticamente portati a “bruciare poco”, e altri che tendono a mangiare di più.
Ormai sono conosciuti centinaia di geni coinvolti nel bilancio energetico (cioè nel controllo tra “entrate” e “uscite”) i quali hanno tutti lo scopo di permetterci di non morire di fame, nessuno di non farci ingrassare troppo.
L’ambiente moderno
Nelle società moderne, e non solo in quelle ricche, la disponibilità di cibo è enormemente aumentata, sia in quantità sia in qualità ma, soprattutto, nella possibilità di trovare praticamente tutti i cibi in tutte le stagioni. L’aumento della disponibilità di cibo unito al miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie, conseguenza dell’era industriale, ha comportato un allungamento dell’aspettativa di vita e un incremento cospicuo della popolazione mondiale. Tale benessere ha, però, anche comportato una serie di modifiche nelle società moderne non tutte positive o, almeno, non completamente.Basti pensare alla quota di stress che la vita moderna impone all’uomo. Le ore dedicate al lavoro sono nettamente aumentate nel corso dei secoli, passando da circa due nelle popolazioni di cacciatori-raccoglitori, ancora presenti in certe zone del pianeta, alle attuali otto o più delle società avanzate. Al contrario, l’attività motoria è diminuita. Questo fatto non è in assoluto un male, in quanto nei lavori fisicamente più gravosi e pericolosi l’uomo è stato sostituito da macchine; l’aspetto negativo è nel fatto che ciò ha comportato anche un minor utilizzo della “macchina” corporea rendendola meno efficiente.
L’allungamento della vita media ha, altresì, aumentato nettamente la prevalenza di quelle patologie più legate all’invecchiamento. Malattie come l’infarto, l’ipertensione arteriosa, il diabete, le patologie degenerative e i tumori erano in passato estremamente rare proprio perché compaiono in età più avanzate, laddove il processo di selezione naturale non sia intervenuto. La selezione naturale avviene, infatti, grazie agli individui giovani: chi è più adatto all’ambiente circostante sopravvive e si riproduce, tramandando i suoi geni, mentre chi muore non li tramanda. Questo meccanismo non può, quindi, nulla sulla trasmissione di eredità genetiche che predispongono a patologie che compaiono in età più avanzate.
Come già accennato, paradossalmente, certe predisposizioni genetiche che hanno permesso ai nostri avi di sopravvivere alle carestie, oggi, al mutare delle condizioni ambientali, rendono molti di noi penalizzati nell’affrontare questo nuovo ambiente.
Il bilancio energetico e l’accumulo di grasso
In linea di massima, l’aumento di peso è dato dallo sbilanciamento tra l’energie assunte e quelle consumate: quando si introducono più calorie di quelle che si bruciano, le riserve energetiche, stoccate soprattutto come grasso, tendono inevitabilmente ad aumentare. Come detto, se ciò è stato in epoche precedenti un meccanismo di sopravvivenza, risulta oggi penalizzante per molti individui predisposti ad accumulare peso.
In realtà, i meccanismi che portano all’accumulo del grasso sono molto più complessi del semplice bilancio tra l’energia introdotta e quella consumata e, solo oggi, si cominciano a indagare. Si pensi alla recente scoperta, effettuata da Zukowska con alcuni collaboratori della Georgetown University di Washington, che lo stress, grazie a un meccanismo ormonale, non solo può indurre a mangiare di più, ma fa assimilare maggiormente il cibo che introduciamo. La nostra attuale ignoranza su ciò che avviene nell’organismo e che porta ad accumulare il grasso è, probabilmente, la causa principale degli insuccessi nella prevenzione e nel trattamento dell’obesità.
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