Alimentazione
Obesità
L’aumento di peso nella popolazione mondiale è una costante nota ormai da molti anni, come è un fatto altrettanto consolidato che l’eccesso ponderale comporti un peggioramento della qualità della vita e, quando consistente, anche una riduzione dell’aspettativa di vita. Nel passato, però, l’obesità è stata spesso considerata una variante morfologica del corpo umano piuttosto che una malattia vera e propria, e fino a circa 30 anni fa medici e ricercatori le rivolgevano un interesse soltanto marginale. Solo negli ultimi 25 anni, grazie a numerosi e importanti studi epidemiologici, la comunità scientifica internazionale l’ha definita una vera e propria patologia.
Nel 1997, L’Organizzazione Mondiale della Sanità considerò che la diffusione del sovrappeso e dell’obesità fosse così ampia da meritare attenzione almeno quanto altre problematiche di interesse per la salute pubblica, quali denutrizione e malattie infettive. Infatti obesità e sovrappeso, oltre a essere in progressivo aumento nel mondo occidentale, si stanno diffondendo anche in aeree in cui erano tradizionalmente assenti. Nel 1998 le linee guida per la diagnosi e la cura dell’obesità, redatte dal National Institute of Health, affermavano che questa condizione è la seconda causa di morte prevenibile, dopo il fumo, nei Paesi tecnologicamente avanzati.
Vi è un generale accordo sui rischi per la salute indotti dall’eccesso di peso: l’aspettativa di vita si riduce proporzionalmente con il progressivo incremento ponderale. Non è chiaro, invece, se l’obesità sia un fattore di rischio di per sé o se lo sia a causa delle complicanze e delle patologie a essa associate. Certo è che la distribuzione del grasso in alcune zone del corpo comporta rischi più elevati: per esempio, l’accumulo nella zona addominale è correlato a un aumentato rischio di patologie cardiovascolari, diabete mellito di tipo 2, morte prematura, cancro mammario e dell’endometrio uterino.
Purtroppo, il trattamento di questa condizione, oltre a incidere notevolmente sulla spesa sanitaria, conduce ancora a risultati insoddisfacenti. Abbiamo, però, a disposizione alcuni strumenti efficaci: la modifica dello stile di vita con l’educazione alimentare e la dieta, l’incremento dell’attività fisica e, in casi selezionati, il supporto psicologico, il supporto farmacologico, e la chirurgia. È però necessario utilizzare le varie risorse in modo corretto e razionale.
Come si valutano sovrappeso e obesità
I termini come obesità, sovrappeso e sottopeso appaiono sempre più frequentemente sui media e non c’è giorno in cui un messaggio inerente ai problemi di peso non venga rivolto al grande pubblico da televisione, riviste o giornali. Che si tratti di un allarme per la diffusione globale dell’obesità o della scoperta di un gene coinvolto nell’insorgenza di questa malattia, di un possibile rimedio o di una dieta miracolosa, non fa differenza; l’argomento peso è fra quelli più recepiti dalla popolazione.
La sensibilizzazione dell’opinione pubblica su questi argomenti è importante, ma capita spesso che i destinatari di questi messaggi non vengano raggiunti perché la percezione di peso normale e di obesità è estremamente soggettiva e non di rado alcuni si percepiscono solo di costituzione robusta quando invece presentano già la patologia. A rendere talvolta inadeguati i messaggi televisivi e della carta stampata è soprattutto il fatto che le immagini che li accompagnano di solito rappresentano soggetti “grandi obesi”, con volumi più simili ai personaggi delle opere di Botero, che non a quelle della realtà. Così succede che persone già obese non si rendano conto di esserlo e anzi, visto il messaggio, si sentano sollevati non identificandosi nel problema.
La caratterizzazione del peso secondo le diverse categorie di sottopeso, normale, sovrappeso e obeso è invece molto precisa e si può calcolare con una formula semplice; si tratta del cosiddetto indice di massa corporea o body mass index (BMI), considerato ormai il miglior parametro per la valutazione del peso corporeo in quanto ha un’elevata correlazione con la presenza di grasso corporeo, determinata con i metodi di riferimento.
Questo significa che più è alto il BMI, verosimilmente maggiore sarà la percentuale di grasso sul peso totale. L’importanza del BMI consiste soprattutto nel fatto che al crescere dell’indice di massa corporea corrisponde un incremento del rischio di sviluppare patologie quali il diabete, l’ipertensione, l’infarto e l’ictus, ma soprattutto del rischio di mortalità.
Il BMI, pur essendo un parametro molto affidabile nello stabilire l’eccesso o il difetto di peso nella maggior parte dei soggetti, non è una formula perfetta; in particolari circostanze può infatti sovrastimare o sottostimare la presenza di grasso.
Per esempio, un culturista o un atleta che pratichi sport di potenza come getto del peso, rugby, football americano, può avere un peso e quindi un BMI elevato a causa del notevole sviluppo della muscolatura, pur non avendo un eccesso di grasso. Al contrario, un anziano può non pesare sufficientemente per entrare nella fascia dell’obesità, ma può avere comunque un eccesso della componente grassa per carenza di quella muscolare.
L’interpretazione del BMI non può quindi prescindere da una valutazione clinica del soggetto, in quanto non fornisce informazioni relative alla composizione corporea; in particolare andrebbe associato alla misura della circonferenza addominale e alla valutazione di comorbilità e familiarità.
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