Alimentazione
Alimentazione in età pediatrica
L’infanzia è un periodo di rapido accrescimento staturoponderale (che riguarda cioè sia il peso sia la statura e le dimensioni in generale del soggetto) e richiede un apporto adeguato di nutrienti. L’alimentazione nelle diverse fasi dell’età evolutiva costituisce inoltre per il bambino un’importante esperienza psicologica e relazionale, essenziale per lo sviluppo di corrette abitudini alimentari da mantenere nell’età adulta.
L’alimentazione nelle prime epoche della vita riveste quindi un ruolo fondamentale per la salute e per l’accrescimento dell’individuo, per la maturazione morfologica e funzionale di organi e apparati, per lo sviluppo delle abitudini alimentari e per la prevenzione di malattie cronicodegenerative dell’età adulta. Un’adeguata nutrizione durante l’infanzia è indispensabile per garantire il regolare svolgimento dei fenomeni di crescita e di maturazione che caratterizzano l’età infantile. La malnutrizione in età evolutiva, intesa sia come iponutrizione sia come ipernutrizione, espone al rischio di danni biologici, strutturali e/o funzionali a breve e a lungo termine. La nutrizione in età infantile è inoltre un’importante esperienza di relazione con la madre e successivamente con l’ambiente. Il primo periodo critico per lo sviluppo delle abitudini alimentari è quello prenatale. Nei mesi di gestazione il feto risente delle influenze esercitate dallo stato di salute della madre e dalle sue abitudini alimentari. È noto da tempo che sia una malnutrizione nei primi mesi di gravidanza sia l’eccessivo accumulo di grasso negli ultimi mesi di gestazione sono fattori favorenti il successivo sviluppo di obesità. Possiamo suddividere l’alimentazione del bambino in quattro fasi:
- l’allattamento esclusivo nei primi 4-6 mesi di vita;
- lo svezzamento (o divezzamento);
- l’alimentazione nella seconda e terza infanzia;
- l’alimentazione in età adolescenziale.
Allattamento
Le linee guida nazionali e internazionali raccomandano la promozione dell’allattamento materno esclusivo, per l’alimentazione del neonato a termine, nei primi 6 mesi di vita. In questo periodo, infatti, il latte materno è l’alimento ideale sia per le caratteristiche nutrizionali sia per la sua funzione di modulazione del sistema immunitario a breve termine (immunità passiva) e a lungo termine (riduzione del rischio di malattie allergiche e protezione nei confronti di patologie delle successive età della vita). L’allattamento al seno, in particolare se prolungato, è associato anche a un minore rischio di morbilità per obesità. Non si può dimenticare inoltre il ruolo psicologico che esso riveste nello sviluppo della relazione tra madre e neonato. Il suo successo dipende da diversi fattori, tra cui le informazioni acquisite dalla madre durante la gravidanza, l’atteggiamento dei diversi operatori sanitari (ostetrici, puericultrici, pediatri) nel periodo perinatale, l’aiuto fornito alla madre nell’allattamento del neonato nei primi giorni di vita, la disponibilità al chiarimento di dubbi e perplessità materne da parte del pediatra.
Aspetti nutrizionali del latte materno
Il latte materno è l’alimento ideale in quanto si adatta costantemente alle esigenze rapidamente mutevoli dei diversi momenti della vita del lattante; la sua composizione varia da donna a donna, da poppata a poppata e anche all’interno della stessa poppata. Il latte pretermine è più ricco di grassi e proteine e ha un minor contenuto di glucidi rispetto a quello di donne a termine. La composizione varia nei primi giorni di vita del neonato passando dalla fase del colostro (fino al quinto giorno di vita), alla fase del latte di transizione (quinto-decimo giorno di vita), a quella del latte definitivo (dopo il decimo giorno). Il colostro è un liquido di colore giallastro, prodotto in quantità relativamente scarsa, ricco di proteine e minerali, a elevato contenuto di anticorpi. Il latte maturo mostra invece una maggiore quota lipidica e di carboidrati. Il contenuto proteico, più elevato nelle prime fasi della lattazione e progressivamente ridotto in seguito, è il più basso tra i mammiferi (nettamente inferiore al latte vaccino, di capra e di asina) ed è qualitativamente differente. I principali costituenti proteici del latte materno sono la a-lattoalbumina e la lattoferrina, con un rapporto caseina/sieroproteina di 40/60 contro l’80/20 del latte vaccino; altri fondamentali costituenti proteici sono le immunoglobuline e il lisozima, fondamentali per l’attività difensiva nei confronti di patogeni. I lipidi sono la componente soggetta a un maggior grado di variabilità inter- e intraindividuale; variano infatti tra nutrice e nutrice ma anche tra una poppata e l’altra; variano inoltre nell’arco della stessa poppata, essendo più scarsi all’inizio e più abbondanti alla fine. Sono rappresentati per la maggior parteda trigliceridi, in misura minore da colesterolo, fosfolipidi e acidi grassi liberi. Per quanto riguarda la componente glucidica, il principale zucchero del latte materno è il lattosio; sono inoltre presenti glucosio, glicoproteine, glicoprotidi e oligosaccaridi. Altri fondamentali costituenti sono vitamine, sali minerali e, in minor misura, enzimi e ormoni. Il contenuto di vitamine varia in maniera rilevante in base allo stato nutrizionale della madre: gravi carenze possono comportare significativi difetti nel contenuto vitaminico. In particolare la vitamina D si trova in quantità variabile a seconda dell’intake materno e può essere insufficiente nel latte di donne vegetariane, aumentando il rischio di rachitismo nel bambino. Il ferro è contenuto in quantità modesta, ma è caratterizzato da un’elevata biodisponibilità.
Aspetti immunologici del latte materno
Il latte materno contiene numerosi fattori protettivi antinfettivi, distinti in fattori protettivi cellulari, comprendenti macrofagi e neutrofili e, in minor numero, leucociti, e in fattori protettivi solubili, costituiti per lo più da immunoglobuline, in particolare IgA secretorie. Tra i fattori solubili si trovano:
- alcuni oligosaccaridi che possono anche agire da strutture recettoriali per i batteri;
- la lattoferrina, in grado di legare il ferro e sottrarlo a quei microrganismi che lo utilizzano per moltiplicarsi;
- il lisozima, un fattore antimicrobico specifico;
- fattori bifidogeni.
L’azione benefica del latte umano si esercita anche nei confronti delle allergie. La mucosa intestinale in epoca neonatale è infatti permeabile all’assorbimento di antigeni alimentari potenzialmente allergizzanti. Le immunoglobuline presenti nel latte materno impediscono a tali antigeni il superamento della barriera intestinale, limitando lo sviluppo di allergie.
Altri aspetti dell’allattamento al seno
L’allattamento al seno costituisce il momento ideale per il potenziamento del legame tra madre e neonato; il lattante rivive, a contatto con il corpo e con il calore materno, alcune sensazioni sperimentate durante la vita intrauterina. Altri aspetti da sottolineare sono la praticità del latte materno che non richiede tempi di preparazione, non necessita di essere riscaldato ed è sempre pronto, oltre al “costo zero” rispetto al latte formulato.
Il latte materno costituisce l’alimento di scelta non solo per il neonato a termine, ma anche per il pretermine, grazie alle sue proprietà immunologiche, antinfettive , oltre che per la sua composizione in nutrienti.
I latti formulati
L’utilizzo di latti formulati per neonati diventa indispensabile:
- quando è controindicato l’allattamento al seno;
- quando non vi è sufficiente produzione di latte materno o quando la crescita del neonato non risulta adeguata con il solo allattamento al seno;
- quando la madre decide di non allattare o di non allattare esclusivamente al seno.
Le controindicazioni sono limitate a poche situazioni:
- la presenza nella madre di infezioni la cui trasmissione può avvenire attraverso il proprio latte (TBC in fase attiva, lue, AIDS, malaria e così via) o di gravi malattie croniche che comportino una seria compromissione dello stato generale della madre;
- l’esposizione a farmaci o ad agenti ambientali escreti nel latte e pericolosi per il bambino;
- cause neonatali comprendenti malattie congenite che comportino intolleranza del neonato al latte materno (errori congeniti del metabolismo quali galattosemia, tirosinemia e così via).
I latti formulati per neonati (latti artificiali, formule di partenza) sostituiscono il latte materno e sono adatti fino al quarto-sesto mese; vengono prodotti a partire dal latte vaccino, che viene modificato in maniera più o meno rilevante nella sua composizione per renderlo il più possibile simile al latte umano e quindi adatto alle caratteristiche digestive e metaboliche del lattante. Senza queste modifiche il latte vaccino non può essere considerato un alimento sostitutivo di quello materno. Infatti, il primo presenta una concentrazione proteica che corrisponde al quadruplo del secondo ed è dunque meno digeribile per il neonato, il quale ha un sistema gastrointestinale immaturo; la maggiore quota proteica contribuisce inoltre ad aumentare il carico di soluti che il rene deve gestire in una fase delicata per la funzionalità renale come quella neonatale. La maggiore concentrazione di lattoglobulina contribuisce al potere allergizzante del latte vaccino nelle prime fasi di vita. La composizione lipidica, seppure sovrapponibile dal punto di vista quantitativo, varia nettamente dal punto di vista qualitativo; nel latte vaccino prevalgono infatti acidi grassi saturi mentre vi è una relativa carenza di acidi grassi essenziali. Inoltre alcuni acidi grassi presenti nel latte vaccino sono difficilmente solubilizzabili e risultano irritanti per la mucosa digestiva. La quantità di glucidi è inferiore rispetto al latte materno e sono praticamente assenti gli oligosaccaridi. La quantità di minerali contenuta è superiore al triplo di quella del latte materno, il che causa un aumentato carico osmotico renale; calcio e ferro, infine, seppure presenti nel latte vaccino in maggiore quantità rispetto a quello materno, hanno una minore biodisponibilità. Per tali motivi l’utilizzo del latte vaccino va posticipato al dodicesimo mese di vita, quando i sistemi digestivo e renale del lattante hanno raggiunto un livello di maturazione maggiore. Organismi internazionali quali l’ESPGAN (European Society for Pediatric Gastroenterology and Nutrition) e la Commissione CEE hanno provveduto a delineare con chiarezza i parametri compositivi necessari per le formule di partenza. Per l’alimentazione del neonato pretermine, che presenta particolari esigenze nutrizionali, sono state preparate formule specifiche a maggiore densità calorica, che si distinguono in termini sia qualitativi sia quantitativi da quelle consigliate per il neonato a termine.
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