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Tracheostomia e respirazione
Parecchi interventi chirurgici possono richiedere il confezionamento di una stomia a livello della trachea (tracheostomia) con lo scopo di far respirare meglio il paziente, di collegarlo a un ventilatore artificiale, per esempio in seguito a una patologia neoplastica.
La tracheostomia è un metodo chirurgico di incisione della trachea, all’altezza del 2°-3° anello cartilagineo, che ha lo scopo di consentire il passaggio dell’aria eludendo le vie aeree superiori. L’incisione viene mantenuta aperta grazie a una cannula.
Questo tipo di condizione determina uno stravolgimento totale di molte attività biologiche, come per esempio fonazione, deglutizione, protezione dalle infezioni, socializzazione e così via.
La tracheostomia consente l’ingresso e l’uscita dell’aria direttamente dall’esterno ed è permanente, a differenza della tracheotomia, che è temporanea.
Dopo il confezionamento, è fondamentale una buona assistenza, poiché questa via artificiale, quindi non naturale, nel caso in cui non venga trattata con cura, può essere oggetto di complicanze. Le principali complicanze tardive (nel senso che si manifestano quando si torna al proprio domicilio) sono: il sanguinamento, il restringimento (stenosi) della stomia, l’ostruzione della cannula, le infezioni e la formazione di spazi comunicanti (fistole).
Le cannule che vengono posizionate sono costituite da materiale plastico (PVC), e possono essere rigide e/o flessibili. Sono composte da tre unità: cannula, otturatore (mandrino) e controcannula.
La cannula che entra nella trachea (cannula endotracheale) consente lo scambio dell’aria e viene inserita grazie al mandrino, piccolo tubo che entra nella cannula e ne facilita il corretto posizionamento; appena in sede, viene rimosso il mandrino e introdotta la controcannula con finalità ben precise: impedirne l’ostruzione da parte delle secrezioni.
Tutte le cannule possiedono differenti diametri e forme; inoltre possono essere cuffiate, non cuffiate, fenestrate: le prime sono dotate di un palloncino gonfiabile con aria, che fissa la cannula alla trachea, e sono utilizzate durante gli interventi e nei pazienti con ventilatori in respiro artificiale; le seconde si impiegano invece nei soggetti in respiro spontaneo, con stomie permanenti; le ultime, essendo dotate di fori otturabili, si adottano per consentire al paziente di parlare e respirare, dal momento che l’occlusione dei fori consente all’aria di risalire verso l’alto.
Le cannule sono dotate, all’esterno, di asole per consentire il fissaggio al collo mediante fettucce di stoffa. La gestione avviene in base alla tipologia di stomia presente: per quanto riguarda i soggetti tracheostomizzati, viene insegnato al parente, o comunque a chi si occupa dell’assistenza, come quest’ultima deve essere effettuata, quindi le istruzioni relative al controllo e alla pulizia della cute con soluzione fisiologica, alla lubrificazione della cannula prima del posizionamento, alla sua introduzione e al fissaggio.
Le gestione della tracheotomia richiede l’impiego di personale esperto e quindi si effettua in ospedale o in ambulatorio. Per quanto riguarda le principali norme igieniche da seguire in una situazione così delicata, esse sono relative principalmente alla sostituzione e alla disinfezione della cannula e alle procedure legate all’aspirazione tracheo-bronchiale.
Sostituzione e disinfezione della cannula in pazienti portatori di tracheostomie
Fatta la necessaria premessa che queste poche informazioni non possono sostituire un indispensabile periodo di addestramento presso l’ambulatorio di otorinolaringoiatria, verranno ora elencati i passaggi fondamentali per la sostituzione della cannula.
Dopo il lavaggio accurato delle mani, si calzeranno guanti puliti e si procederà al taglio della fettuccia che tiene ferma la cannula; in seguito, si rimuoverà la cannula e si pulirà attentamente la stomia con garze sterili imbevute di soluzione fisiologica.
È importantissimo evitare l’introduzione di liquidi in trachea, poiché si potrebbe scatenare il riflesso della tosse e/o soffocamento: si raccomanda pertanto di non lavare la cute con il getto creato dalla siringa.
È necessario rilevare eventuali segni locali quali: cute arrossata, calda, secrezioni (segni di infiammazione o infezione). Non si devono mai utilizzare prodotti alcolici o coloranti per la disinfezione della pelle (alcol, eosina, mercurocromo e prodotti simili).
La cannula deve essere poi cosparsa con uno strato sottilissimo di lubrificante, meglio se idrosolubile (silicone spray), e introdotta con un movimento rotatorio ad arco (in avanti e in basso); raggiunta la posizione, si estrae immediatamente il mandrino, si lega la nuova fettuccia e si inserisce la controcannula. La sostituzione della cannula è giornaliera e lo spazio tra la cannula e la pelle può essere rivestito con una garza a Y.
La cannula deve essere sottoposta a un trattamento disinfettante dopo ogni utilizzo.
Con il termine disinfezione si intende l’insieme di procedure atte a diminuire quanto più possibile la carica batterica, a differenza della sterilizzazione, che invece distrugge qualsiasi forma vivente; questi due termini si applicano soltanto ai tessuti non viventi, e ciò significa che la cute non si può sterilizzare!
Il processo di disinfezione avviene attraverso il lavaggio del presidio (pulizia macroscopica), in modo da eliminare residui e consentire al disinfettante di raggiungere bene ogni spazio; eventuali residui organici possono infatti inattivare il disinfettante.
La soluzione disinfettante più utilizzata per il trattamento della cannula in ambiente domiciliare e per un singolo utilizzatore è l’ipoclorito di sodio.
Il sodio ipoclorito, conosciuto anche come varechina o candeggina, è una soluzione economica, instabile, in grado di liberare cloro e, quindi, di disinfettare.
In commercio esistono anche soluzioni a base di clorossidante elettrolitico, un composto di cloro più stabile e puro. Si tratta di un composto già pronto all’uso, anche se deve essere diluito in misura maggiore rispetto al sodio ipoclorito. La soluzione si prepara al 2% (20 ml in 1 litro d’acqua) e il tempo di contatto varia da 15 a 30 minuti. Dopo la disinfezione è necessario risciacquare abbondantemente con acqua.
L’asciugatura è molto importante, così come l’igiene del contenitore che accoglie le cannule.
È importante ribadire che la disinfezione non garantisce la sterilità del presidio, ma abbatte notevolmente la carica batterica e quindi non consente ai batteri di moltiplicarsi a tal punto da diventare pericolosi. Non essendovi sterilità, non si può utilizzare la cannula per altre persone, dal momento che si correrebbe il rischio di trasmettere comunque virus, batteri e spore che il disinfettante non è in grado di distruggere.
Prima di effettuare qualsiasi manovra di pulizia della cannula, è importante lavarsi accuratamente le mani con acqua e sapone.
Aspirazione tracheo-bronchiale: procedura e disinfezione
I pazienti portatori di tracheostomia richiedono molto spesso la rimozione meccanica delle secrezioni dall’albero bronchiale mediante aspirazione. Il fine di tale procedura può essere l’eliminazione di secrezioni, in alcuni casi di sangue e vomito. Questa metodica è d’obbligo in tutti i pazienti con alterazione del riflesso della tosse e può essere effettuata in ventilazione meccanica (pazienti che respirano con il ventilatore) e/o spontanea (pazienti che respirano senza il ventilatore): i consigli riportati sono da intendersi solo per questi ultimi.
Se il soggetto possiede un normale riflesso della tosse, l’aspirazione dovrà essere effettuata solo saltuariamente, mentre nelle persone con alterazione accertata potrà essere necessaria un’aspirazione più frequente.
L’aspirazione deve avvenire se si presentano i segni elencati di seguito:
- abbondanti secrezioni e relativo respiro rumoroso percepibile a orecchio nudo (respiro stertoroso);
- difficoltà a respirare, ansietà, colorito violaceo (cianosi) delle unghie e delle labbra; appoggiando le mani sul torace si può anche percepire un rumore caratteristico, provocato dal passaggio dell’aria tra le secrezioni.
L’impiego di un saturimetro (dispositivo per verificare la presenza di O2 capillare) può dare precise indicazioni sul grado di ossigenazione e dipanare qualsiasi dubbio (ansietà). Questo è fornito di una pinza, che viene applicata al polpastrello, in grado di rilevare la quantità di ossigeno e di trasmetterla su un piccolo schermo (display). La saturazione (SpO2) normale in un paziente con respiro spontaneo è del 95-99%, mentre saturazioni comprese tra 91 e 94% indicano una lieve mancanza d’ossigeno (ipossia); se la saturazione oscilla tra 86 e 90%, si è in presenza di ipossia moderata, mentre se si trova sotto l’85%, l’ipossia è considerata grave.
L’aspirazione si avvale dell’utilizzo di un dispositivo chiamato apparecchio per aspirazione, collegato alla rete elettrica e in grado di creare una pressione negativa (aspirazione) che determina un “risucchiamento” delle secrezioni; il principio su cui si basa questa procedura è identico a quello dell’aspirapolvere.
L’aspiratore, oltre a essere dotato di un motore, possiede anche un contenitore per la raccolta delle secrezioni e un regolatore del livello di depressione (vuoto); alcuni modelli sono dotati di filtro antibatterico.
Per riuscire ad arrivare all’albero respiratorio è necessario raccordare un sondino. Tali presidi devono possedere caratteristiche di affidabilità e atraumaticità, e devono essere dotati di un sistema per consentire l’aspirazione solo quando necessario. Esistono in differenti misure e calibri e sono confezionati sterilmente.
La procedura per l’aspirazione deve svolgersi rispettando le seguenti fasi.
- Lavare le mani e indossare i guanti sterili solo quando è tutto pronto: tale accorgimento è necessario per evitare di toccare gli oggetti e di contaminare le mani. Non esistono chiare indicazioni sull’uso dei guanti sterili nei pazienti a domicilio in respiro spontaneo.
- Il paziente deve essere posto in posizione seduta o semiseduta al fine di favorire l’eliminazione delle secrezioni. Sul comodino bisognerà preparare un confezione di acqua sterile da 250 o 500 cc.
- Raccordare il sondino alla fonte d’aspirazione (i cateteri sono dotati di apposita valvola che consente di aspirare solo quando necessario) e introdurlo lentamente nella cannula, previa lubrificazione del sondino con soluzione fisiologica, senza che vi sia l’aspirazione inserita; spingere infine il sondino nell’albero bronchiale (circa 12 cm, non di più). Questo procedimento consente di non danneggiare la mucosa dei bronchi.
- In questo istante comincia la manovra vera e propria: si occlude con il pollice il foro presente sul sondino, in modo tale da passare all’aspirazione, e con un movimento rotatorio si esce rapidamente dalla cannula.
- Ogni volta che si procede alla manovra è necessario aspirare l’acqua sterile per pulire il sondino; prima di introdurre quest’ultimo nella cannula, è necessario accertarsi che non vi sia più acqua al suo interno, e per far ciò è sufficiente occludere e rilasciare più volte la valvola prima di procedere.
- Questa manovra scatena la tosse e impedisce l’ossigenazione, quindi è meglio effettuare non più di due (massimo quattro) aspirazioni per volta, della durata di 5-10 secondi.
- Se si possiede un saturimetro, è bene utilizzarlo durante l’aspirazione per valutare il grado di ossigenazione.
Poiché l’aspiratore raccoglie le secrezioni, il rischio che si creino vere e proprie colonie di batteri all’interno dei tubi e del contenitore è molto alto. Per scongiurare il rischio di colonizzazione da parte dei microbi, sia la vaschetta di raccolta sia i tubi devono essere sottoposti a disinfezione. Le modalità sono pressoché identiche al trattamento delle cannule: pulizia macroscopica dei tubi sotto acqua corrente, pulizia macroscopica della vaschetta, immersione nella soluzione disinfettante per 15-30 minuti, risciacquo abbondante e infine asciugatura.
Per proteggere la stomia, può essere utile l’uso di bavaglini che consentono di salvaguardare l’estetica e di proteggere da contaminazioni esterne; tuttavia, trattenendo leggermente il vapore acqueo, riscaldano lievemente l’aria prima dell’inspirazione e possono diventare dei terreni di coltura per i microbi se non vengono lavati quotidianamente.
Negli interventi di laringectomia parziale o totale, il paziente si trova nelle condizioni di non riuscire più parlare a causa dell’asportazione delle corde vocali. Il laringofono è un piccolo oggetto di forma cilindrica in grado di riprodurre le vibrazioni normalmente create dalle corde vocali durante il passaggio dell’aria, consentendo al soggetto di parlare; è dotato di un amplificatore e di un meccanismo per la produzione della vibrazione e posto a contatto del collo riproduce con timbro lievemente metallico il suono delle parole.
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