Assistere un familiare
I bisogni compromessi
Il concetto di “bisogno”
A volte ci si trova in situazioni che richiedono di imparare a svolgere un determinato compito. Il lavoro che si compie a casa durante l’assistenza a un malato sarà sicuramente centrato sulla necessità di soddisfare alcuni bisogni che, per differenti motivi, non trovano libera espressione.
Il bisogno è uno stato di carenza che spinge l’individuo a stabilire un rapporto con il suo ambiente circostante al fine di soddisfarlo, mentre la psicologia considera il bisogno come l’interdipendenza tra organismi viventi e ambiente.
Nell’assistenza infermieristica, la teoria di Virginia Henderson poggia essenzialmente sull’analisi dei bisogni compromessi. I concetti principali di tale analisi furono mutuati dall’insegnamento di Abraham Maslow, l’illustre psicologo che elaborò la gerarchia, o piramide, dei bisogni con la quale cercò di assegnare a ogni bisogno una priorità (piramide) in base al soddisfacimento degli stessi. Per fare un esempio, non si può pensare all’autorealizzazione se prima non si sono soddisfatte le più elementari necessità (mangiare). Il lavoro svolto da Henderson prende in considerazione proprio questo concetto, ma vede nella professione dell’infermiere, e quindi nell’attività dell’assistenza, la chiave per il soddisfacimento delle necessità dell’assistito.
Chiaramente, tutti questi bisogni si intersecano nella vita biologica, psicologica e sociale, influenzandosi reciprocamente. La persona che deve soddisfare i bisogni compie attività ben precise che richiedono uno scenario chiamato ambiente. Se non esiste un ambiente in cui muoversi, mangiare, lavorare, realizzarsi, non può esistere nessun tentativo di soddisfazione e viceversa: posso essere in un ambiente adatto, ma non avere possibilità di realizzazione per mancanza di consapevolezza, vitalità e così via. Capire questo feedback (interazione) è fondamentale, aiuta ad affrontare e a comprendere ciò che abbiamo intezione di fare e come vogliamo farlo.
Questi concetti servono a spiegare che ogni persona tende a mantenere, in modo più o meno consapevole, un certo grado di autonomia oppure a perderla. L’organismo umano lavora incessantemente, giorno e notte, nel tentativo di mantenerci in salute, cerca di impiegare le energie ricavate con il cibo, con il sonno, con l’attività fisica per mantenere uno stato di equilibrio. La malattia rappresenta un altro tipo di condizione, un disequilibrio. Ma al di là delle teorie più o meno complicate, la malattia si traduce anche in perdita della capacità di essere indipendenti. Questo processo un po’ contorto può essere spiegato con un semplice schema:
Come è possibile evincere dal disegno, ci muoviamo in una direzione o nell’altra a seconda delle circostanze (malattie, età) in una sorta di cammino o continuum, per essere più tecnici; in fondo, sono concetti semplici se compresi e interpretati correttamente.
Attraversare le fasi di cui è fatto tale cammino richiede agli esseri umani la capacità di adattarsi ed essere dinamici, e ogni adattamento comporta necessariamente periodi di crisi: per esempio, il bambino appena nato è completamente dipendente dalla mamma; con il passare degli anni lo diventa sempre meno, ma per svariati motivi può attraversare periodi difficili e regredire a uno stato più infantile. L’elaborazione di questa esperienza, però, (se possibile) consentirà al piccolo di superare la crisi e di ritornare ad affrontare la vita con maggiore maturità.
Accompagnare
Da sempre nella vita c’è qualcuno che ci accompagna: questo termine, per quanto possa essere banale, ha un significato enorme per coloro che sono malati; accompagnare significa infatti fare un pezzo di strada insieme, verso la vita o verso la morte.
Quando ti senti accompagnato non sei solo; ti accompagnano quando nasci e durante la vita, perché non nella malattia?
Affrontare la trasformazione del fisico e della psiche richiede molto impegno sia da parte dell’ammalato, che subisce inerme questo processo, sia da parte delle persone che lo assistono; in particolare, quando si è coinvolti emotivamente, l’assistenza può rivelarsi molto complessa, così come lo sono le necessità e i bisogni da affrontare.
Trasformare
La vita muta continuamente e noi dobbiamo cercare di mutare con essa: adattamento e trasformazione sono infatti alla base del processo di crescita e il segreto di una vita serena. Purtroppo, sempre più raramente vediamo individui capaci di trasformare i propri vissuti in qualcosa di costruttivo; la malattia è appunto uno di quegli eventi in cui la vita pone le persone di fronte a mille domande, soprattutto se la patologia è seria o cronica.
Il passaggio da una condizione di indipendenza a una di dipendenza è nella maggior parte dei casi naturale (anzianità), ma in altri casi ha un impatto devastante su tutti gli aspetti dell’esistenza (per esempio l’incidente stradale che causa la paraplegia in un ragazzo, costringendolo a letto), provocando uno stravolgimento totale. Anche in questi casi si è obbligati a trasformare: la rabbia, l’impotenza, lo sgomento, la vita intera, tutto subisce una metamorfosi, un cambiamento. Nasce quindi l’esigenza di soddisfare bisogni che prima erano dati per scontati.
Accompagnare e trasformare diventano quindi, insieme ai bisogni, due termini importantissimi nel continuum dell’esistenza umana. Si delinea così sempre più chiaramente il lavoro di coloro che assistono rispetto al medico che diagnostica e cura: due lavori separati che però convergono entrambi sulle esigenze della persona.
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