Epilessia

L’epilessia è una condizione, clinicamente caratterizzata dalla comparsa di almeno una crisi epilettica, che si presenta annualmente all’incirca in 40-70 persone ogni 100.000 abitanti; si stima che 4-10 pazienti su 1000 abitanti siano affetti da epilessia, con una frequenza lievemente più elevata nell’età giovanile e nella popolazione anziana. L’epilessia espone a un maggiore rischio di […]



L’epilessia è una condizione, clinicamente caratterizzata dalla comparsa di almeno una crisi epilettica, che si presenta annualmente all’incirca in 40-70 persone ogni 100.000 abitanti; si stima che 4-10 pazienti su 1000 abitanti siano affetti da epilessia, con una frequenza lievemente più elevata nell’età giovanile e nella popolazione anziana.

L’epilessia espone a un maggiore rischio di morte, che può avvenire occasionalmente nel corso di una crisi. Tra i fattori associati a una mortalità più elevata si riconoscono il sesso maschile, l’età (se inferiore a un anno o superiore ai cinquant’anni) e lo stato celibe o nubile; inoltre, sono più a rischio di decesso i pazienti che presentano una crisi generalizzata tonico-clonica, specie se questa avviene in un ambiente in cui esiste il rischio di annegamento.


Tipologie e cause

Nel 2003 la ILAE (Lega Internazionale Contro le Epilessie, dall’inglese International League Against Epilepsy) ha proposto una nuova classificazione delle crisi epilettiche e delle epilessie.

Attualmente si distinguono varie tipologie di crisi epilettica, elencate di seguito.

Crisi epilettiche parziali Sono causate dalla “scarica” di un gruppo di neuroni situati in un’area più o meno limitata del cervello; possono essere semplici o complesse: le prime non sono accompagnate da alterazioni dello stato di coscienza, mentre nelle seconde sussiste una compromissione di grado variabile dello stesso.

Le crisi parziali semplici possono presentarsi con manifestazioni “di movimento” (crisi focali motorie, crisi posturali, crisi versive, crisi fonatorie) o di tipo sensitivo (crisi sensitive, visive, uditive, olfattive, gustative, vertiginose), con segni o sintomi autonomici e con segni psichici (crisi con alterazioni della memoria o dismnesiche, crisi cognitive, illusionali, allucinatorie, affettive, disfasiche).

Le crisi parziali complesse sono generalmente associate a una zona del cervello, detta focolaio epilettogeno e localizzata nel lobo temporale e frontale, da cui partono le scariche che provocano le crisi; spesso queste ultime sono precedute da sintomi che i pazienti riconoscono come premonitori (la cosiddetta aura). Le crisi complesse possono comparire come “pseudo-assenze” o come crisi psicomotorie: le prime sono caratterizzate da una sorta di interruzione delle funzioni motorie e intellettive (nota come arresto psico-motorio) durante la quale il paziente rompe il contatto con l’ambiente, mentre le seconde sono caratterizzate da un’alterazione dello stato di coscienza associato alla comparsa di automatismi di vario tipo: oro-alimentari (movimenti di masticazione, leccamento ecc), detti pantomima alimentare; gestuali semplici (strofinamento, sfregamento) o complessi (abbottonarsi i vestiti, rimestare nelle tasche come per cercare cose), questi ultimi detti pantomima dell’abbigliamento; verbali (ripetere parole), mimici o deambulatori (camminare per tratti più o meno lunghi).

Crisi epilettiche generalizzate Sono caratterizzate dalla presenza sin dall’esordio di “scariche” neuronali che interessano gli emisferi diffusamente e simultaneamente; lo stato di coscienza è quasi sempre alterato. Vengono distinte in assenze tipiche (dette crisi di piccolo male) o atipiche, crisi miocloniche, cloniche, toniche o tonico-cloniche (dette crisi di grande male) e crisi atoniche. Le crisi generalizzate più frequenti e drammatiche sono quelle tonico-cloniche, caratterizzate da una prima fase tonica in cui compaiono contrazioni che interessano tutta la muscolatura del corpo prima in flessione (il movimento che piega gli arti), poi in estensione (movimento che porta gli arti in posizione allungata); spesso il soggetto in preda alla crisi si morde la lingua (morsus). La contrazione della muscolatura respiratoria determina una brusca emissione di aria che produce un grido rauco, detto urlo epilettico; il persistere della contrattura determina sospensione dei movimenti respiratori (apnea) e comparsa di colorazione cianotica. A questa fase segue una fase clonica che inizia per progressivo rilasciamento della muscolatura, con la comparsa di movimenti ampi e veloci (scosse cloniche sincrone, o clonie) agli arti e ai muscoli della faccia; infine si verifica una fase risolutiva o post-critica in cui il paziente si presenta come flaccido (ipotonia generalizzata), con perdita di feci e urina (incontinenza sfinterica) associate a obnubilazione della coscienza; successivamente il livello di coscienza migliora e alla fine della crisi il paziente può addormentarsi, lamentando al risveglio cefalea e dolori muscolari.

Crisi parziali con secondaria generalizzazione Iniziano con il coinvolgimento parziale della corteccia cerebrale, quindi si diffondono all’intero cervello.

In base alla loro eziologia, le epilessie sono distinte in epilessie senza causa definita (idiopatiche), sintomatiche e criptogenetiche. Le epilessie sintomatiche sono determinate da una causa nota (lesione strutturale, malattia metabolica ecc) del sistema nervoso centrale, evidenziata chiaramente dagli esami diagnostici. Quando la lesione cerebrale è presunta ma non è stato possibile individuarla, si parla di crisi criptogenetica, mentre se vi è una chiara correlazione con l’età e non vi è alcuna lesione cerebrale nota o presunta ci si trova di fronte alla cosiddetta epilessia idiopatica.

Le cause dell’epilessia sono svariate e dipendono da fattori genetici ovvero ambientali. I fattori genetici hanno un ruolo predominante nelle epilessie idiopatiche e nelle epilessie associate a malattie neurologiche progressive geneticamente determinate: si riconoscono epilessie associate ad anomalie cromosomiche (come per la trisomia 21 o per la cosiddetta sindrome dell’X fragile) e sindromi epilettiche caratterizzate da trasmissione “mendeliana” di tipo dominante (sclerosi tuberosa di Bourneville, malattia di Sture-Weber, neurofibromatosi di Von Recklinghausen, sindrome di West, sindrome di Lennox-Gastaut) o di tipo recessivo (epilessie miocloniche progressive), o ancora sindromi epilettiche trasmesse con ereditarietà multifattoriale e forme a ereditarietà materna, legata al DNA mitocondriale (encefalomiopatie mitocondriali). Rientrano tra i fattori ambientali conosciuti delle epilessie, invece, le intossicazioni farmacologiche materno-fetali, le anomalie nello sviluppo della corteccia cerebrale (agiria, lissencefalia, pachigiria, eterotopia a banda o nodulare, schizencefalia), la gliosi delle strutture ippocampali, le infezioni del sistema nervoso centrale (encefaliti, meningiti, ascessi cerebrali) e ancora tumori cerebrali (le neoplasie a crescita lenta, in particolare oligodendrogliomi, astrocitomi, meningiomi e metastasi, sono fattori più acuti di rischio rispetto alle neoplasie a crescita rapida), traumi cranici, malattie cerebro-vascolari (causa di crisi epilettiche in particolare nell’individuo anziano), fattori tossici, farmacologici o metabolici.


Diagnosi

Anamnesi Per consentire al medico specialista una diagnosi corretta è indispensabile fornire una dettagliata descrizione dell’evento parossistico avvenuto e delle sue modalità, stabilire l’eventuale presenza di fattori scatenanti (per esempio deprivazione di sonno o fotostimolazione) o di sintomi ricorrenti che precedano di ore o giorni la crisi (fase prodromica).

È utile inoltre informare il medico circa gli eventuali farmaci assunti prima della crisi epilettica: alcuni di essi, infatti, sono noti per il loro effetto convulsivante (per esempio cefalosporine, fluorochinolonici, penicilline, aztreonam e metoclopramide). Non meno importante, infine, è indagare su eventuali traumi cranici, accidenti cerebrovascolari o infezioni del sistema nervoso centrale.

Esame obiettivo neurologico Elementi importanti come indicatori di una crisi epilettica sono la cianosi, la perdita di saliva (scialorrea), i segni di morsicatura della lingua (morsus) e inoltre ustioni, alterazioni cutanee, segni di danno neurologico focale, ritardo mentale e sublussazione della spalla.

Esami ematochimici Alcuni esami eseguiti sul sangue possono risultare utili: tra questi l’emocromo, la valutazione della funzionalità renale, il dosaggio della creatinfosfochinasi (un enzima muscolare che, se superiore ai limiti di norma, può essere indicatore di una fase tonica e poi clonica) e quello dell’ammonio.

Elettroencefalogramma (EEG) standard È la prima esplorazione diagnostica da mettere in atto nella valutazione di una crisi epilettica, strumento fondamentale per la diagnosi di epilessia: se eseguito entro le prime 24 ore, un EEG riesce a identificare la presenza di anomalie epilettiformi nel 70% dei casi. L’esame viene effettuato per almeno venti minuti, facendo effettuare al soggetto esaminato anche alcuni atti respiratori forzati (prova di iperpnea) e provocando una stimolazione luminosa intermittente. Se la prima registrazione non fornisce informazioni sarà necessario ripeterla, eventualmente dopo aver tenuto il soggetto in stato di privazione di sonno; talora è possibile visualizzare anomalie tra una crisi e l’altra (anomalie intercritiche), che possono essere sufficienti al medico per confermare un’ipotesi diagnostica, tuttavia nel 15% dei pazienti tali anomalie non si verificano affatto in registrazioni EEG standard. È bene comunque ricordare che le anomalie possono essere abbondanti anche se l’epilessia è ben controllata e che, al contrario, la presenza di anomalie epilettiformi non sempre indica la presenza di una epilessia. L’EEG viene utilizzato per sorvegliare l’evoluzione dell’epilessia: la sua ripetizione è giustificata qualora si modifichino i segni che caratterizzano le crisi o la terapia farmacologica somministrata risulti inefficace (farmaco-resistenza), e ancora quando si sospettano disturbi causati da effetti collaterali della terapia stessa (disturbi iatrogenici) o si prevede di sospendere a breve il trattamento farmacologico.

EEG durante il sonno È un prezioso complemento diagnostico alla registrazione effettuata quando il paziente è sveglio, particolarmente indicato quando l’EEG in stato di veglia non mostra anomalie, quando queste sono mal definite o ancora quando le crisi compaiono elettivamente durante il sonno o al risveglio; il sonno infatti è un attivatore molto efficace delle anomalie parossistiche intercritiche, soprattutto nelle epilessie idiopatiche del bambino e dell’adolescente. L’EEG durante il sonno è un esame indispensabile per la diagnosi della sindrome di Lennox-Gastaut.

Esame poligrafico Permette una valutazione della correlazione tra gli eventi motori registrati in periferia mediante l’elettromiografia (EMG) e gli eventi cerebrali registrati dell’EEG; è l’esame neurofisiologico d’elezione nelle sindromi miocloniche generalizzate (epilessie miocloniche) o focali (sindrome di Kojewnikow).

Monitoraggio video-EEG Consiste nella registrazione continua del comportamento del paziente e dell’attività EEG, al fine di studiare lo stato del paziente tra una crisi e l’altra (stato intercritico) e di precisare le correlazioni elettro-cliniche nel corso della crisi. È utile nelle crisi non epilettiche.

Tecniche di neuroimaging Oltre alla tomografia computerizzata dell’encefalo (TAC cerebrale), la risonanza magnetica nucleare dell’encefalo (RMN encefalica) può evidenziare la presenza di lesioni tumorali o displastiche (cavernosi, anomalie diffuse o focali delle migrazioni neuronali e dell’organizzazione della corteccia cerebrale), facomatosi, lesioni da problemi circolatori (post-ischemiche) o post-traumatiche, lesioni post-infettive o sclerosi dell’ippocampo.


Terapia farmacologica

Il trattamento va avviato solo quando le crisi sono sufficientemente documentate da un punto di vista clinico e strumentale. Di fronte a una prima crisi, l’avvio di una terapia antiepilettica non deve mai essere sistematico: il trattamento va iniziato sempre con una monoterapia e la scelta del farmaco va attuata in considerazione del tipo di epilessia, del profilo di attività della molecola scelta e della sua tollerabilità o tossicità, della presenza di eventuali altri malattie (comorbidità) o dell’assunzione di altri farmaci da parte del paziente, infine della presenza di eventuali alterazioni della funzione renale o epatica. Le dosi somministrate vanno anche modulate in funzione dell’età, considerando che il metabolismo dei farmaci antiepilettici è rallentato nei neonati e nel lattante ed è progressivamente accelerato nel bambino, mentre nel soggetto anziano il metabolismo si rallenta nuovamente.

Vi sono antiepilettici di vecchia generazione (fenobarbital, primidone, benzodiazepine, fenitoina, carbamazepina, valproato, etosuccimide) e farmaci di nuova generazione (vigabatrin, lamotrigina, gabapentin, felbamato, topiramato, tiagabina, levitiracetam, zonisamide). I meccanismi con cui agiscono questi farmaci sono diversi. Nelle epilessie generalizzate e nelle forme idiopatiche il trattamento di scelta è l’acido valproico, che agisce con efficacia su assenze, mioclonie e crisi generalizzate tonico-cloniche. Nelle epilessie parziali sintomatiche o criptogenetiche il trattamento di prima intenzione è la carbamazepina, attiva sulle crisi parziali e secondariamente generalizzate. L’insuccesso di una terapia basata sulla somministrazione di un unico farmaco (monoterapia) deve indurre a controllare il dosaggio del farmaco nel sangue mediante appositi esami, anche se questo è possibile solo per acido valproico, carbamazepina, fenobarbital e pregabalin. Dopo essersi assicurati che il farmaco sia assunto in modo corretto, il medico in genere esegue un aumento delle dosi fino a comparsa dei primi risultati. Solo se la monoterapia si rivela sempre insufficiente è indicato il ricorso a una bi-terapia; in caso di insuccesso di più bi-terapie, anche una tri-terapia ha poche possibilità di controllare l’epilessia. L’efficacia di un farmaco si ha quando si riesce a controllare completamente la crisi, ma il trattamento antiepilettico in atto deve essere periodicamente rivalutato. Quando l’epilessia è controllata da tempo ed è in corso la somministrazione di più farmaci (politerapia), è possibile ridurre il numero dei farmaci assunti, sospendendo per primo il farmaco per il quale l’effetto benefico è stato meno netto. Ogni modificazione deve essere comunque progressiva e prudente. Oltre la metà dei pazienti ha una seconda crisi nei primi sei mesi, quelli a maggior rischio di ricorrenza. I fattori predittivi di rischio di ricorrenza sono un EEG con anomalie epilettiformi, l’età giovanile e l’età avanzata, la presenza di morsus, l’esordio durante il sonno o al risveglio.


Trattamento chirurgico

Anche la chirurgia ha un suo ruolo, con interventi palliativi e curativi. I primi hanno l’obiettivo di migliorare le condizioni del paziente senza tentare di guarire completamente l’epilessia, mentre gli interventi curativi (corticectomie) sono rivolti in modo peculiare ai pazienti con un’epilessia parziale resistente al trattamento medico, presente da almeno due anni, correlata a una zona epilettogena localizzata e situata in una regione cerebrale la cui asportazione non provocherà un deficit neurologico o neuropsicologico significativo.


Stato di male epilettico

Uno stato di male epilettico è una situazione clinica nella quale una crisi epilettica si prolunga per più di venti minuti o le crisi si ripetono a intervalli talmente brevi (inferiori al minuto) da rappresentare una condizione epilettica continua; si tratta di un’emergenza medica da affrontare prontamente e in modo adeguato, pena il rischio di morte o di lesioni permanenti del paziente.

L’affezione colpisce maggiormente la popolazione anziana; la maggior parte delle crisi ha una durata inferiore ai tre minuti, e una durata superiore ai cinque minuti è un fattore di rischio per stato epilettico.

La causa dello stato di male epilettico è rappresentata per lo più da malattie cerebrali di tipo circolatorio, traumi cranici, tumori cerebrali, infezioni del sistema nervoso centrale, alterazioni metaboliche o sostanze tossiche e disordini elettrolitici. Si distinguono forme generalizzate e forme parziali. La diagnosi è supportata dalla registrazione di un elettroencefalogramma in urgenza.
[M.R., G.G.]