Primo Soccorso
Primo soccorso
Disinfezione della cute e bendaggi
Capita a tutti di dover medicare una ferita, disinfettarla e poi coprirla, ma il vero problema è che spesso non si sa come fare, quindi ci si ritrova a dover rimuovere garze saldamente appiccicate alle pelle, con il malato che urla in preda ai dolori (in particolare se il malcapitato è un bambino).
Le ferite sono sempre state trattate in molti modi, utilizzando preparati miracolosi, foglie, miele, e anche sostanze pericolose come alcol, alcol iodato e garze impregnate delle più varie sostanze.
Esistono molti tipi di ferite (da taglio, da ustioni, da morso d’animale, da decubito, da lacerazione), per trattare ognuna delle quali è sufficiente sapere cosa utilizzare per lavare e quale tipo di materiale impiegare per coprire la ferita senza incorrere negli inconvenienti sopramenzionati; può sembrare strano, ma è molto più semplice di quanto si possa immaginare.
I consigli riportati sono utili per ferite superficiali e non complicate, possibilmente già controllate dal medico o dall’infermiere; purtroppo, molte volte, le ferite superficiali vengono trattate in ambito domiciliare senza che il sanitario sia al corrente di nulla, ed è proprio in questo specifico caso che tali consigli devono trovare la loro giusta collocazione.
Cosa fare
- La prima cosa da fare è ricordare quando è stata effettuata la vaccinazione antitetanica; in caso di dubbi, o se non si è stati vaccinati, il medico può prescrivere una puntura che fornisce una temporanea immunità.
- Il secondo passaggio è la pulizia (detersione) della ferita: se non è sporca di terra o residui vari, è sufficiente lavarla accuratamente con acqua del rubinetto o, meglio ancora, con una soluzione fisiologica (soluzione salina al 0,9%, simile ai fluidi organici). Quando la ferita è sporca di terra o altri frammenti, l’impiego di acqua ossigenata è in grado di effettuare una pulizia profonda, rimuovendo i detriti; il suo utilizzo, però, deve essere riservato solo alla prima detersione o fino a quando la ferita è pulita poiché il suo effetto irritante si fa sentire particolarmente sul tessuto ferito (è nota a tutti la colorazione biancastra che si rinviene sulla lesione dopo il lavaggio: tale fenomeno non è espressione dell’azione disinfettante bensì dell’azione lesiva).
Esistono varie concentrazioni, di cui quella più utilizzata è al 10% (3 volumi). Più alti sono i volumi più questi sono irritanti e caustici per la pelle.
- Non utilizzare mai sostanze alcoliche su cute ferita quali: alcol etilico denaturato, alcol iodato, eosina alcolica. Prima di applicare i prodotti, leggere le indicazioni sulla confezione. Molti disinfettanti, infatti, sono concepiti per la pelle non lesionata e il loro utilizzo è ben specificato. Purtroppo, spesso, vengono impiegati proprio sulle ferite!
- Il terzo aspetto è l’impiego di una medicazione adatta: opinione diffusissima è che le ferite lasciate all’aria guariscano prima. Non esiste idea più sbagliata! Questa concezione ha radici che affondano nella notte dei tempi, quando i fluidi emessi dalle ulcere potevano potenzialmente contaminare e creare epidemie su vasta scala; di qui la convinzione che la cosiddetta “crosta” sia segno di una sana guarigione.
- Una ferita è “coccolata” quando permane in un habitat adatto, né troppo secco né troppo umido.
- Per mantenere umido il letto della ferita si utilizzano medicazioni particolari (avanzate) ma, in assenza di queste, le garze impregnate di sostanze grasse (vasellina), con un numero di strati sufficienti (da 5 a 9), possono andare bene; una sola garza impregnata non è sufficiente a garantire l’antiaderenza!
- La medicazione deve essere in seguito coperta con garze di cotone e fissata con cerotti in “tessuto non tessuto” (TNT) o con una benda di fissaggio.
- Con il passare dei giorni tale ambiente favorisce la crescita del tessuto in modo del tutto naturale senza creare traumi nella rimozione della medicazione.
Alcune considerazioni
In farmacia si trovano molti prodotti che vengono impropriamente utilizzati sulle ferite, in particolare tutti i disinfettanti colorati come l’eosina, il violetto di genziana, il mercurocromo. Essi non trovano indicazioni per la disinfezione, anzi il loro effetto colorante e coprente maschera la ferita senza dare la possibilità di cogliere i segni dell’infiammazione. La medicazione deve essere sostituita una volta al giorno nei primi tre o quattro giorni, in modo da verificare lo stato della ferita; se non sono presenti segni di infezione è possibile sostituirla ogni tre giorni.
Una ferita superficiale guarisce in una settimana, massimo due. Chiaramente la guarigione dipende dall’estensione e dalla profondità della lesione.
Molte garze impregnate di iodio, quando vengono applicate sulle ferite, tendono a cedere l’antisettico solo in prossimità della lesione e, una volta esplicata la loro azione disinfettante, determinano una profonda adesione del tessuto della garza alla cute lesionata, creando quindi notevole dolore e sanguinamento nel momento della rimozione. La loro applicazione è quasi sempre inutile, quindi è necessaria un’attenta valutazione prima di utilizzarle.
Bendaggi
Fasciare una parte del corpo è un’abilità che si impara solo attraverso l’esperienza. Le fasciature, solitamente, sono di competenza infermieristica, ma a chiunque può capitare di dover fasciare una ferita, magari per tenere ben fermo un cerotto! L’importante è sapere cosa fare e soprattutto cosa non fare!
I bendaggi trovano una collocazione specifica in base alle malattie da trattare. Suddividiamo i bendaggi in tre tipi: di copertura, di contenzione,di compressione. I bendaggi di copertura sono impiegati per tenere ferme le medicazioni sulla pelle quando vi sono delle ferite. Sono poco spessi e vengono utilizzati per le ferite chirurgiche e traumatiche. Si tratta di bendaggi che anche i meno esperti sono in grado di confezionare.
I bendaggi per la contenzione sono impiegati per stabilizzare meccanicamente le articolazioni, possiedono un effetto curativo e antalgico e sono sempre confezionati da mani esperte.
I bendaggi compressivi, infine, servono a ridurre il gonfiore (edema) agli arti, a tamponare possibili fuoriuscite di sangue (emorragie), a diminuire il deposito di sangue stagnante nelle vene (varici) e a curare le ulcere.
Materiali
Prima di procedere nell’elencazione del materiale, è indispensabile individuare il problema da trattare: si è di fronte a una gamba gonfia, oppure si deve “bloccare” una caviglia dolente? Per ogni disturbo si impiegano, infatti, materiali specifici. Il materiale necessario si trova nelle farmacie, nei supermercati, nei negozi di sanitari... esistono moltissimi prodotti, che finiscono per confondere le idee se non viene fatta un po’ di chiarezza sulle loro principali caratteristiche.
Le bende si distinguono in base alla loro estensibilità, elasticità, spessore, rigidità; possono essere inoltre di differenti formati, altezza e lunghezza (6, 8, 10, 12 cm... x 10 o 20 m.). I materiali che le compongono solitamente sono: il cotone o le fibre sintetiche (lattice, viscosa) elastiche e non. Alcune bende sono in grado di aderire tra di loro senza necessità di fissaggio (coesive), altre devono essere bloccate con cerotti, altre si incollano (adesive); possono essere lavate e riutilizzate oppure sono utilizzabili solo una volta.
Esistono anche bendaggi impregnati di zinco e ittiolo, impiegati nella cura delle malattie della pelle nelle persone con ulcere venose. Infine, si trovano anche bende confezionate a forma di tubo (maglie tubolari) in rotolo, utilizzabili per contenere semplici medicazioni; sono rinvenibili con la maglia molto larga o stretta. Un buon bendaggio deve essere resistente, lasciare traspirare la cute, non creare allergie (ipoallergenico).
Tecniche di bendaggio
Quando si devono effettuare bendaggi, è necessario tenere in considerazione alcuni aspetti fondamentali legati alle caratteristiche delle bende e all’anatomia della parte da bendare. Un bendaggio può essere applicato in differenti modi, secondo l’effetto che si intende ottenere e secondo la parte del corpo su cui si interviene: braccia e gambe si fasciano in modo del tutto diverso dal torace, dalla testa e così via.
Principi generali
L’applicazione della benda deve avvenire secondo un ordine prestabilito, solitamente in senso circolare e verso l’esterno rispetto al segmento da fasciare; la benda ancora avvolta deve trovarsi al di sopra della fascia già svolta.
Si inizia il bendaggio sempre dalla zona più periferica; nella gamba conviene evitare di bendare un piccolo segmento, in quanto molte volte si assiste “all’effetto laccio”, con gonfiore della zona sottostante il bendaggio.
È necessario valutare attentamente la cute; se il soggetto da bendare è anziano è preferibile utilizzare un materiale per imbottire (cotone in rotoli) e proteggere la superficie delle ossa (per esempio la tibia) onde evitare lesioni causate dalla pressione del bendaggio.
La fascia non deve essere piegata o fare grinze durante lo svolgimento; nel caso si verifichi questo inconveniente è bene tornare indietro e ricominciare.
Se vengono utilizzate bende adesive (impregnate di colla), la pelle deve essere protetta con un salvapelle.
Le bende elastiche possiedono una “memoria” o energia di recupero, cioè, una volta tirate, tendono a ritornare nella posizione di partenza; per questo motivo è indispensabile fare molta attenzione a non tirarle troppo; se non è richiesto un bendaggio compressivo, è bene svolgere una certa quantità di benda prima di applicarla: questo fa sì che la tensione non sia troppo elevata.
La fasciatura compressiva deve tenere conto dell’afflusso di sangue (condizione arteriosa) della zona, onde evitare di bloccare la circolazione.
Il bendaggio non deve mai venire a contatto diretto con una ferita, a meno che non si utilizzino bendaggi medicati; in caso di ferite è necessario applicare una medicazione adatta per proteggere la parte interessata dalla lesione.
Le principali modalità di avvolgimento delle bende sono:
- a otto;
- circolare;
- a spirale;
- a spiga.
Il bendaggio a otto viene di solito impiegato per fissare le articolazioni (per esempio la caviglia); si effettuano alcuni giri sullo stesso segmento e poi si compie una sequenza di otto intorno all’articolazione da stabilizzare. Questo tipo di bendaggio può creare lesioni alla cute se viene effettuato in maniera troppo energica; se le tensione è molto elevata si può ostruire la circolazione a valle (per esempio quella del piede). Si utilizzano bende a corta estensibilità coesive perché non si deformano.
Il bendaggio circolare viene utilizzato per fissare medicazioni (solitamente si impiegano bende di fissaggio coesive). Si srotola la benda in modo circolare.
Il bendaggio a spirale viene effettuato avvolgendo l’arto con le bende sovrapposte per circa la metà della larghezza (50%) in senso obliquo all’asse del segmento corporeo.
La fasciatura “a spiga” è un particolare tipo di bendaggio in cui i fogli della benda vengono sovrapposti in un certo verso e poi, dopo aver formato un angolo, nel senso inverso. Si effettua con bende medicate e la sua applicazione richiede molta esperienza.
Le dita possono essere bendate con maglie tubolari molto strette e applicate con un piccolo telaio associato alla confezione.
Qualora si incontrassero difficoltà nell’applicazione dei bendaggi alle dita si possono utilizzare maglie tubolari, vendute singolarmente, che contengono al loro interno una garza impregnata.
Alcune ditte specializzate nella produzione di medicazioni e bendaggi hanno creato alcune reti tubolari elastiche da utilizzare in svariati contesti: fissaggio di medicazioni in parti anatomiche “complicate” (torace, bacino, testa...), fissaggio di medicazioni al ginocchio, braccio, mani, dita... consentono anche ai meno esperti di compiere semplici “fasciature senza bende” senza correre rischi; chiaramente, quando è necessario fissare un’articolazione o comprimere un arto il loro utilizzo e pressoché inutile!
I bendaggi veri e propri, al torace e alla testa richiedono abilità e professionalità e sono da effettuare in ambito ospedaliero o in ambulatori.
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