Ferite superficiali
I medici definiscono ferita ogni “soluzione di continuo” della cute, in pratica ogni interruzione dell’integrità dei tessuti che rivestono il nostro corpo. Le ferite vengono distinte in superficiali o profonde a seconda appunto della loro profondità, ma possono essere classificate anche in base alle caratteristiche dell’agente che le ha provocate: esistono quindi ferite da punta (per esempio da chiodo o a pugnale), da taglio (se provocate da un coltello o comunque da una lama che “striscia” sulla pelle), lacerocontuse (quando l’oggetto che provoca la ferita non determina né un foro né un taglio netto, ma agisce per esempio con forze che contemporaneamente schiacciano e lacerano la cute, come nel caso della ferita che si apre in seguito all’urto violento della fronte contro un muro o un’altra superficie liscia e dura).
Nell’ambito delle ferite superficiali un’ulteriore distinzione va fatta tra abrasioni, in cui il danno interessa unicamente gli strati superficiali della pelle, ed escoriazioni, in cui i danni anche se limitati agli strati più esterni della cute si estendono più in profondità, ledendo la cute e il tessuto immediatamente sottostante (la cosiddetta sottocute).
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