Malattie genetiche -Malattie geniche
Dette anche monogeniche o mendeliane, le malattie geniche sono malattie ereditarie dovute alla mutazione di un singolo gene: quando tale gene si trova su un autosoma la malattia viene detta autosomica, quando invece è localizzato sui cromosomi sessuali si parla di malattia legata al cromosoma X o legata al cromosoma Y. Le malattie geniche vengono ulteriormente distinte in dominanti o recessive : nel primo caso basta una copia del gene mutato per manifestare la malattia (che viene trasmessa da un solo genitore), nel secondo è invece necessaria la presenza di due copie mutate del gene (che vengono trasmesse da entrambi i genitori portatori sani).
Le malattie monogeniche vengono trasmesse secondo le leggi di Mendel dell’ereditarietà e per questo vengono anche definite mendeliane; in particolare, sono dovute alla presenza di una mutazione del DNA che altera in modo permanente la funzione del gene stesso. Le mutazioni del DNA possono determinare la perdita di funzione del gene di modo che questo non è più in grado di determinare la sintesi di una proteina funzionante: la proteina corrispondente al gene mutato può quindi essere assente, prodotta in quantità ridotta, risultare tronca o presentare la sostituzione di un aminoacido importante che la rende non funzionante. In altri casi, invece, le mutazioni possono determinare un guadagno di funzione del gene: la corrispondente proteina viene allora prodotta in maggiore quantità oppure presenta la sostituzione di un aminoacido importante che le conferisce una nuova funzione o un funzionamento eccessivo.
Malattie autosomiche dominanti
Sono originate da una mutazione in un gene localizzato sui cromosomi dall’1 al 22. Un genitore, spesso malato, trasmette il gene mutato al figlio mentre l’altro genitore, sano, trasmette un gene funzionante. Poiché gli individui affetti possiedono una copia mutata del gene e una copia normale, il rischio di trasmissione alla prole di una malattia autosomica dominante è del 50% (ovvero 1 su 2). A volte l’individuo malato ha entrambi i genitori sani: questo fenomeno può essere dovuto all’insorgenza di una nuova mutazione, che comunque potrà essere trasmessa alla generazione successiva con un rischio prossimo al 50%. Le malattie dominanti possono presentare un’espressività variabile (cioè vari livelli di gravità) in base sia all’effetto biologico di mutazioni diverse sia all’interazione tra il difetto genetico e fattori ambientali o costituzionali. Viene invece definita penetranza la percentuale degli individui portatori del difetto genetico che effettivamente sviluppano la malattia: in particolare, nelle malattie dominanti dette a penetranza completa tutti gli individui che ereditano il difetto genetico svilupperanno la malattia, mentre in quelle dette a penetranza incompleta la malattia può non s vilupparsi pur in presenza del difetto genetico, oppure può insorgere a un’età più tardiva. Appartengono alla categoria delle malattie autosomiche dominanti:
- l’acondroplasia (nanismo);
- alcune malattie del sistema neuromuscolare quali le atassie spinocerebellari ereditarie, la distrofia miotonica tipo 1 e 2 e la corea di Huntingon;
- il difetto della fibrillina (o sindrome di Marfan) e alcuni difetti del collagene quali l’osteogenesi imperfetta;
- le neurofibromatosi tipo 1 e 2;
- molte forme di predisposizione allo sviluppo di tumori quali la poliposi adenomatosa familiare del colon, il tumore ereditario del colon non poliposico, i tumori ereditari della mammella e dell’ovaio, le neoplasie endocrine multiple tipo 1 e 2, il retinoblastoma familiare.
Malattie autosomiche recessive Sono dovute alla presenza di una mutazione in entrambe le copie di un gene localizzato sui cromosomi dall’1 al 22: l’individuo affetto eredita da entrambi i genitori, di solito portatori sani, una copia mutata del gene. Per una coppia di portatori sani, il rischio di avere un figlio affetto è del 25%, ovvero 1 su 4 (25% di avere un figlio sano, 50% di avere un figlio portatore). Un individuo affetto avrà sempre figli portatori sani: solo se anche il coniuge è portatore ci sarà la possibilità di avere figli affetti. Solitamente la frequenza dei portatori sani di malattie recessive nella popolazione generale è piuttosto bassa, pertanto tali malattie risultano molto rare, con individui affetti talvolta nati da matrimoni tra consanguinei. Appartengono alla categoria delle malattie autosomiche recessive:
- la fibrosi cistica;
- i difetti dell’emoglobina quali la betatalassemia e l’anemia falciforme;
- la maggior parte dei difetti congeniti del metabolismo;
- la forma più comune di sordità di tipo genetico (da mutazione del gene della connessina 26) e altre decine di forme di sordità.
Le malattie recessive meno rare in Italia (1 su 2500-3500 nati) sono la fibrosi cistica e la betatalassemia: i portatori sani di fibrosi cistica hanno una frequenza di circa 1 su 25-28 individui (3,5-4% della popolazione), mentre la percentuale dei portatori di betatalassemia varia a seconda delle regioni, con una frequenza di 1 su 10 (10%) nelle aree dove un tempo era diffusa la malaria (Sardegna, delta del Po e alcune regioni del Meridione) e una frequenza di 1 su 30 (3% circa) nelle altre regioni.
Malattie legate al cromosoma X Sono causate da una mutazione in un gene localizzato sul cromosoma X. I soggetti di sesso femminile possiedono due cromosomi X (cariotipo 46, XX) mentre i soggetti di sesso maschile ne possiedono uno solo (cariotipo 46, XY): le femmine ereditano quindi un cromosoma X dalla madre e un cromosoma X dal padre, mentre i maschi ricevono dalla madre un cromosoma X e dal padre un cromosoma Y. Per compensare la differenza di “dose” dei geni presenti sul cromosoma X, negli embrioni di sesso femminile allo stadio di morula (stadio in cui le cellule sono in tutto meno di 100) avviene un’inattivazione casuale di un cromosoma X tale per cui ogni donna è una specie di mosaico di cellule che hanno “attivo” solo il cromosoma X materno o quello paterno. La maggior parte delle malattie dovute a mutazioni di geni presenti sul cromosoma X sono di tipo recessivo, per cui si manifestano quasi esclusivamente nel sesso maschile e vengono trasmesse da madri “portatrici” (sane o con segni minimi di malattia) al 50% dei figli maschi (le figlie saranno sane o portatrici al 50%). Qualora la malattia legata al cromosoma X consenta una normale vita riproduttiva, i maschi affetti avranno solo figli maschi sani e figlie portatrici. Appartengono a questa categoria di malattie monogeniche:
- l’emofilia da deficit del fattore VIII della coagulazione;
- la distrofia muscolare di Duchenne e di Becker;
- il ritardo mentale legato al sito fragile A del cromosoma X (o sindrome di Martin Bell). Rare malattie dominanti legate al cromosoma X (sindrome di Rett, sindrome di Aicardi, incontinentia pigmenti ecc.) si manifestano quasi esclusivamente nel sesso femminile, mentre sono letali nei maschi che possiedono un solo cromosoma X.
Malattie legate al cromosoma Y Sono dovute alla presenza di un difetto genetico localizzato sul cromosoma Y. Poiché questo cromosoma è presente solo nei soggetti di sesso maschile, i geni in esso contenuti sono per lo più deputati allo sviluppo embrionale in senso maschile e al controllo della spermatogenesi.
Sono note diverse forme di sterilità maschile dovute alla perdita o delezione di geni specifici del cromosoma Y, spesso associate ad assenza completa o grave riduzione degli spermatozoi nel liquido seminale. A causa della sterilità, questo tipo di malattia genetica non è trasmissibile ai figli maschi ed è per lo più dovuta a nuove mutazioni.
Cerca in Medicina A-Z