Assistere un familiare
Somministrare la terapia
Prevenzione e trattamento delle lesioni da decubito
Obiettivi principali della prevenzione sono la riduzione e lo scarico della pressione, perciò tutti i soggetti ritenuti a rischio (previa valutazione con la scala di Norton) devono essere sottoposti a regolari cambi di postura a letto e in sedia a rotelle (almeno ogni due ore e soprattutto di notte).
Cambiare postura significa modificare l’assetto del corpo su una superficie, ciò può avvenire autonomamente o grazie a terzi (parente, operatore sanitario). Il cambio di postura deve rispettare la normale fisiologia corporea, quindi è fondamentale evitare posizioni viziate.
Le principali posture sono: la posizione supina, laterale destra e sinistra, prona, seduta o semiseduta. Il decubito laterale dovrebbe essere mantenuto da cuscini o cunei di gommapiuma e tutte le prominenze ossee dovrebbero essere protette da spessori per evitare che tocchino l’una con l’altra. Mai sistemare la persona con il bacino a 90° rispetto al piano rigido poiché la pressione sarebbe troppo alta, meglio a 30°. La posizione supina deve essere mantenuta seguendo un preciso schema. L’inclinazione della testiera del letto non deve essere superiore a 30°, questo perché il paziente tende a scivolare verso il basso e ad aggravare così la pressione sacrale. I talloni devono essere mantenuti in scarico posizionando un cuscino sotto le gambe in modo che i calcagni restino a penzoloni nell’aria. Non esistono sistemi validi per scaricare la pressione sui talloni, per esempio talloniere. Per mantenere correttamente il corpo in asse e scaricare la pressione su singole parti si utilizzano ausili specifici quali materassi, cuscini, cunei di gommapiuma (poliuretano); in commercio troviamo superfici semplici, complesse e molto costose; partendo dai sovramaterassi si arriva ai materassi a pressione alternata, a cessione d’aria fino ai letti fluidizzati, rinvenibili solo negli ospedali. Gli spostamenti nel letto dovrebbero essere effettuati mediante ausili che impediscano al corpo di sfregare contro la superficie del letto e facilitino il lavoro e la sicurezza di chi opera con il malato; ne esistono molti: teli ad alto scorrimento, tavolette per i passaggi da letto a carrozzina e così via.
Tutte le lesioni dovrebbero avere un ambiente adatto alla loro guarigione; nell’ultimo ventennio la teoria della guarigione in ambiente umido ha rivoluzionato il modo di curare le ferite.
L’idea che le ulcere guariscano meglio e più rapidamente in un ambiente umido è venuta al dottor George Winter il quale, durante la preparazione della sua tesi, si accorse casualmente che le ferite provocate su maiali e curate con una pellicola trasparente per alimenti erano guarite molto più celermente rispetto a quelle curate con creme e medicazioni usuali. La crosta che ricopre le ulcere, infatti, rallenta la guarigione e offre meno protezione nei confronti dell’insorgenza di infezioni.
Alla luce di questi studi sono state progettate e distribuite molte medicazioni (avanzate) in grado di offrire differenti performance in varie circostanze.
Tutte le medicazioni si possono classificare secondo la capacità d’assorbimento, l’occlusività, il controllo della proliferazione dei germi ecc.
Le principali categorie di medicazioni realizzate per la cura di lesioni specifiche sono: pellicole trasparenti, alginati, schiume, idrocolloidi, medicazioni al carbone, all’argento, medicazioni attive e medicazioni al silicone. Ciò che più importa sottolineare è la marginalità che rivestono nella cura delle lesioni, esse offrono un ambiente adatto alla guarigione ma non sostituiscono l’assistenza, che è fondamentale.
Va rimarcato che le nuove tecnologie hanno fornito agli operatori medicazioni straordinarie, in grado di rimanere attive anche alcuni giorni, ma è scorretto focalizzare troppo l’attenzione sulla capacità taumaturgica della medicazione: le ulcere guariscono davvero solo quando si adottano tutte le misure del caso.
Le piaghe esordiscono quasi sempre con una zona necrotica (cute devitalizzata) di un colore tra il giallo e il nerastro, che si trasforma col tempo in un tessuto duro, coriaceo, simile al cuoio. Questo tessuto deve essere rimosso in quasi tutte le circostanze e la metodica di rimozione prende il nome di debridement (sbrigliamento) di cui esistono differenti tipi in base all’agente o al metodo utilizzato: enzimatico, autolitico, whirpool, wet-to-dry, biologico o chirurgico.
Lo scopo è, in tutti i casi, la rimozione rapida del tessuto necrotico e la creazione dell’ambiente adatto alla rigenerazione cellulare. una volta rimosso il tessuto necrotico, si riesce a intravedere un fondo rossiccio e sano.
Per il trattamento delle ulcere si utilizzano le medicazioni più appropriate a ogni stadio.
Se le lesioni sono di primo stadio, solitamente, è sufficiente rimuovere la causa che ha scatenato il problema per ripristinare la circolazione: posizionare correttamente il paziente, scaricando ove possibile la zona colpita, curare l’igiene, applicare delle creme idratanti o delle medicazioni sottili, chiamate film poliuretanici o idrocolloidi.
I film offrono la possibilità di ispezionare la cute sottostante in quanto, essendo trasparenti, possono restare applicati alcuni giorni senza doverli rimuovere per verificare le condizioni della pelle. Devono essere asportati con attenzione poiché possono danneggiare la cute, specialmente quella delle persone anziane.
Le lesioni di secondo stadio devono essere trattate come quelle di primo stadio, ma l’obiettivo in questo caso è la riparazione cutanea. La ferita deve essere detersa (pulita) con soluzione fisiologica e va applicata una medicazione adatta (idrocolloidi, schiume sottili) previa asciugatura della cute attorno alla ferita.
In presenza di lesioni di terzo stadio, la strategia terapeutica mira a sostenere l’intera economia generale del paziente (scarico della pressione, nutrizione, controllo del dolore), alla rimozione della necrosi (escara) e a creare le condizioni per la formazione di un tessuto nuovo e vitale.
Il quarto stadio costituisce una fonte di pericolo per il paziente: l’esposizione e l’eventuale contaminazione delle ossa da parte di materiali esterni (feci e urina) può favorire l’insorgenza di gravi infezioni (osteomielite), inoltre, l’abbondante fuoriuscita di secrezioni può causare disidratazione e perdita di proteine e sali minerali, aggravando ulteriormente il quadro generale.
L’intervento terapeutico deve essere aggressivo e mirato a mantenere la sicurezza generale del paziente, possono essere effettuate terapie con antibiotici, nutrizione artificiale, infusione di proteine (albumina), trasfusioni; le medicazioni devono controllare l’infezione e favorire la formazione di tessuto sano. Quando le ulcere sono molto profonde si applicano prima medicazioni che riempiono lo spazio vuoto, in grado di assorbire l’essudato, e successivamente medicazioni esterne in schiuma. Sono necessari cambi frequenti a causa delle grandi quantità di liquido che fuoriescono dalle piaghe. La consulenza di un professionista esperto è vivamente consigliata.
Altro inAssistere un familiare