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Paziente con demenza
La demenza è una malattia che colpisce le funzioni superiori del cervello e crea una sindrome costituita da molti disturbi: perdita di memoria, del linguaggio e delle capacità critiche. Il risultato è una diminuzione dell’autonomia, variabile in base alla gravità del disturbo. Le demenze si possono classificare in primarie e secondarie, ma al di là delle classificazioni, ciò che conta in realtà è la possibilità o meno di gestire i malati i n casa. La demenza di Alzheimer, forse la più conosciuta, si manifesta con segni che sono simili ad altre demenze. In linea di massima la malattie esordisce lentamente, evolve progressivamente e viene suddivisa in vari stadi: lieve, moderata, grave.
Il primo sintomo caratteristico è la perdita della memoria recente: il soggetto tende a parlare sempre del passato e non riesce più a catturare i nuovi elementi della realtà, si perde nei luoghi che non conosce, è disorientato, non ricorda gli appuntamenti o, per esempio, dove ha parcheggiato la macchina.
Si manifesta, inoltre, perdita della capacità di giudizio e di critica, la personalità può subire dei mutamenti con manifestazioni di aggressività e comportamenti del tutto inusuali. Con il progredire della patologia si verificano un ulteriore deterioramento della memoria, incapacità di parlare (afasia), completo disorientamento. L’ammalato è anche a rischio di cadute, spesso incontinente, fa fatica a deglutire e talvolta è insonne. Il soggetto comincia a vagabondare senza sosta. In linea generale, le complicanze che si manifestano quando la malattia è in fase avanzata (polmoniti, fratture di femore, lesioni da decubito, incapacità di alimentarsi) determinano la morte dell’ammalato. Altre forme di demenza possono causare disinibizione dei comportamenti con gravi ripercussioni comportamentali e di gestione.
La terapia può essere farmacologica o meno.
Il trattamento con i farmaci non sarà contemplato perché di competenza medica, invece la terapia non farmacologica può essere utile. Immensa importanza rivestono poi gli aspetti assistenziali.
Il trattamento non farmacologico prevede l’impiego di svariate tecniche, una delle più accreditate è la Reality orientation therapy (ROT). La ROT ha come obiettivo la stimolazione dell’attenzione, della memoria e del linguaggio; lo scopo di questo trattamento è anche di migliorare l’orientamento nell’ambiente in cui vive l’ammalato. La terapia può essere svolta nel corso di brevi sedute durante le quali si cerca di focalizzare l’attenzione sulla presentazione della data, dell’ora ecc. Successivamente, viene stimolata l’attenzione del partecipante nei confronti dell’ambiente e degli oggetti presenti. Questo tipo di terapia può anche essere svolta nell’arco dell’intera giornata. I risultati sono stati dimostrati da studi scientifici, chiaramente non bisogna fare l’errore di credere che la ROT possa invertire il senso di marcia della malattia o fare guarire i malati; è uno strumento che cerca di contrastare l’inevitabile peggioramento stimolando le potenzialità residue, ma che serve anche a motivare le persone coinvolte nell’assistenza di questo particolare tipo di malati.
Ma vediamo nella pratica ciò che può essere fatto per gestire nel limite del possibile il malato.
Quando in casa si ha un soggetto colpito da demenza è necessario adottare una serie di accorgimenti nell’ambiente in cui soggiorna la persona:
- controllo delle porte (per evitare fughe inaspettate, magari nel cuore della notte);
- chiusura delle finestre (rischio di cadute);
- sorveglianza dei farmaci e delle sostanze tossiche (ingestione accidentale);
- sorveglianza delle prese elettriche (rischio di folgorazioni);
- chiusura dei rubinetti del gas (rischio di esplosioni e avvelenamenti);
- eliminazione di taglienti (rischio di ferite)
- allontanamento da fonti di calore dirette (rischio di ustioni o incendi).
Gli individui potenzialmente pericolosi, che hanno scatti d’ira o che si sono resi protagonisti di episodi di violenza fisica, non devono mai restare soli con i bambini. Se in casa soggiornano bimbi, è preferibile consultare il medico e valutare insieme a lui eventuali soluzioni alternative (ricovero). Il demente è prima di tutto un malato che ha un problema di natura psichiatrica, almeno nella prima fase della malattia, la più difficile da gestire sotto il profilo emotivo.
Gli atteggiamenti repressivi e le parole offensive (violenza verbale) da parte di chi assiste, possono causare un aumento dell’agitazione e confondere sempre di più l’ammalato. Al contrario, un comportamento che rassicuri e aiuti la persona a muoversi nel proprio ambiente può essere un ottimo sistema per instaurare un rapporto positivo tra assistente e assistito.
Il paziente affetto da demenza può percepire bene il linguaggio non verbale, quindi è fondamentale porvi molta attenzione: farsi vedere arrabbiati, mostrarsi agitati, gesticolare sono atteggiamenti che producono effetti negativi, invece la calma e la tranquillità, parlare lentamente e sorridere creano un approccio favorevole. Una tendenza naturale è quella di trattare il demente come un bambino piccolo o come un soggetto che è fuori dal mondo, tale atteggiamento deve essere evitato. L’ammalato è una persona che ha perso la sua capacità di interagire con gli altri, la sua autonomia, ma la sua storia non è andata persa. Il rispetto deve essere il punto di partenza di ogni intervento, questo breve discorso è rivolto soprattutto agli operatori volontari che spesso tendono a mantenere superficiale la relazione d’aiuto, per ovvi motivi, a differenza del parente, che vive la malattia con estrema angoscia. Questo tipo di disturbo ha un effetto distruttivo sulla vita di tutta la famiglia, in particolare lo stato di stress a cui sono sottoposti i famigliari può in alcuni casi divenire insostenibile. I parenti devono essere aiutati a superare, ove possibile, il trauma attraverso la stimolazione dei fattori di protezione individuale che tutte le persone possiedono in vari gradi. La rete di sostegno deve mirare a valorizzare le risorse di chi deve fare fronte al peso insopportabile dell’assistenza. Tale capacità prende il nome di resilienza, che tradotto in parole semplici significa: ottimismo e tenacia. Credere di riuscire a farcela da soli è una follia, con questi malati è indispensabile farsi aiutare. Un altro errore molto frequente è avvalorare informazioni sbagliate fornite dal demente. Spesso il soggetto tende a ideare concetti errati, in questo caso è necessario correggere o, per meglio dire, “riabilitare” il pensiero attraverso informazioni esatte. Nel caso la persona malata sia aggressiva o esageratamente agitata, è necessario rivolgersi al medico.
Alcune considerazioni sull’assistenza al paziente con demenza
Per ulteriori approfondimenti sui bisogni di base, consultare il volume alle varie voci.
Evitare di commettere errori di comunicazione esprimendo disappunto o ricorrendo a frasi quali “ma quante volte te lo devo dire?” oppure “non capisci più niente”, in quanto esprimono un atteggiamento distruttivo che aumenta il grado di frustrazione del soggetto demente.
Creare un clima armonioso in casa, fatto di sorrisi e di calma, alcuni atteggiamenti aggressivi scaturiscono da emozioni che la persona non riesce a controllare e che le fanno male.
In genere, il demente tende a ricalcare le espressioni dei visi che vede, se sorridete probabilmente vi sorriderà! L’umorismo è molto importante, una battuta può distendere il clima, sempre che sia ancora in grado di essere compresa.
Quando si compiono esercizi per stimolare la memoria, ricordarsi sempre che la capacità d’attenzione dura pochi minuti (20 circa).
Evitare di correggere gli errori, meglio una battuta o un sorriso; nella fase iniziale il malato è consapevole del proprio disturbo.
In ogni occasione di dialogo ricordare al paziente chi è, dove si trova, dov’è la sua camera, che ore sono ecc.
Nella fase iniziale e intermedia della malattia vi è la possibilità di effettuare esercizi per la memoria, la ROT ed esercizi motori attivi. Nella fase avanzata queste capacità vengono perse definitivamente e quindi è inutile proporre esercizi irrealizzabili.
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