Femore
Osso lungo che forma lo scheletro della coscia. Il femore si articola in alto con l’osso iliaco e in basso con la tibia. È il luogo di inserimento dei principali muscoli della coscia. La sua estremità superiore comprende una protuberanza articolare arrotondata, chiamata testa del femore, che si articola a una cavità ossea che fa parte dell’osso iliaco, il cotile, per formare l’articolazione dell’anca e due protuberanze rugose, il grande trocantere e il piccolo trocantere. La testa del femore si raccorda ai due trocanteri tramite il collo del femore. Alla sua estremità inferiore, il femore si arrotonda in due masse, i condili, separati da una profonda scanalatura, il solco intercondiloideo.
Patologie
Il femore può essere sede di numerosi tipi di frattura.
Fratture del collo del femore Si verificano soprattutto nelle donne anziane in seguito a un trauma minore. Vengono favorite dall’osteoporosi (rarefazione del tessuto osseo). Il dolore è molto acuto e camminare risulta impossibile. La radiografia permette di classificare questo tipo di fratture in cervicali e non-cervicali.
Nelle fratture cervicali il tratto di frattura è localizzato proprio sotto la testa del femore o a livello del collo, senza raggiungere i due trocanteri. Questo tipo di frattura può coinvolgere la sinoviale posteriore, attraversata dai vasi che irrorano la testa del femore. La lesione di questi vasi, con l’interruzione della vascolarizzazione, provoca la necrosi della testa del femore, cioè una pseudoartrosi della frattura (formazione di una nuova articolazione anomala, dovuta all’assenza del consolidamento osseo). Perciò, in caso di leggera scomposizione dei frammenti ossei, o in una persona giovane, la frattura viene ridotta e poi trattata per osteosintesi (i frammenti vengono mantenuti in sede tramite viti o placche); negli anziani invece la testa del femore deve essere sostituita da una protesi. Nelle fratture del tratto a livello dei due trocanteri, in cui i vasi sono risparmiati, l’osteosintesi si realizza per mezzo di un chiodo-placca.
Le fratture del collo del femore devono sempre essere operate in modo che la ripresa della deambulazione si verifichi il più precocemente possibile e il paziente non subisca le complicanze di una permanenza a letto troppo prolungata (piaghe, infezione, flebite).
L’intervento si effettua in anestesia peridurale o, più raramente, generale. La durata dell’immobilizzazione dipende a volte dalla gravità della frattura e dal tipo di trattamento messo in atto: se la testa del femore viene sostituita con una protesi o la frattura, trattata per osteosintesi, è poco scomposta, il paziente potrà appoggiarsi sull’arto già 2-3 giorni dopo l’intervento; al contrario, se la frattura è molto scomposta e trattata per osteosintesi, l’immobilizzazione potrà durare sino a 45 giorni. La rieducazione dipende dalla ripresa della deambulazione, che inizia sempre con l’aiuto di stampelle o di un deambulatore, e dalla fisioterapia.
Fratture della testa del femore Molto rare, si associano generalmente a una lussazione traumatica dell’anca. Il trattamento è ortopedico; se la frattura è molto scomposta si interviene invece chirurgicamente.
Fratture isolate del trocantere Vengono trattate con la messa a riposo dell’arto per 6 settimane o, se la frattura è molto scomposta, per via chirurgica; la loro prognosi è eccellente.
Fratture della diafisi femorale Si verificano generalmente nell’adulto dopo un trauma violento. La loro gravità dipende dalle perdite di sangue, molto importanti, e dalle lesioni ossee, viscerali o del cranio, cui sono spesso associate (politraumatismo). Vengono ridotte e in seguito consolidate con osteosintesi (posizionamento di chiodi centromidollari o placche avvitate). La loro prognosi è generalmente buona.Le fratture dell’estremità inferiore del femore sono gravi, soprattutto quelle che ledono le superfici articolari. Le fratture di un unico condilo femorale vengono facilmente trattate con le viti, mentre le fratture a Y, più complesse, sono difficili da ridurre e vanno trattate con placca-lama o placca-vite. Il risultato può essere una debolezza definitiva del ginocchio, se la rieducazione, per mancanza di un assemblaggio sufficientemente solido, non viene avviata rapidamente oppure se si verifica un’artrosi del ginocchio, nel caso di riduzione imperfetta delle superfici articolari.
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