Alimentazione
La nutrizione nello sport
Digestione degli alimenti
In questa sede ci limiteremo ad accennare ad alcuni aspetti che giustificano le scelte nutrizionali per lo sportivo, senza addentrarci nei problemi più tecnici e specifici della biochimica. Dal momento in cui il cibo entra in bocca al suo utilizzo trascorre un tempo molto variabile secondo il tipo di alimento e le condizioni del soggetto. In condizioni ideali la digestione e l’assorbimento di uno zucchero non complesso (per esempio il glucosio) comportano reazioni e passaggi semplici, quindi tempi mediamente brevi. Invece, il medesimo procedimento per un acido grasso (per esempio il linoleico) richiede tempi molto lunghi (4-8 ore), anche se in condizioni favorevoli.
Questo basta per capire che se si vuole avere disponibile un alimento per lo sport, i tempi della sua assunzione sono decisivi.
Nello stesso soggetto conta molto anche una serie di fattori che influiscono sull’assorbimento di quel cibo:
- gli altri alimenti assunti nello stesso momento;
- l’idratazione del soggetto e la diluizione in acqua di quel cibo;
- l’attività che si è compiuta prima della digestione e dell’assorbimento;
- l’attività che si compie durante la digestione e l’assorbimento;
- lo stato di nutrizione presente in quella fase.
Si tratta di un meccanismo estremamente complesso, occorre quindi fare qualche semplificazione.
Per quanto riguarda il punto (1) occorre sapere che ci sono cibi che favoriscono l’assorbimento, sia il proprio sia quello di tutti gli altri assunti contemporaneamente; di solito questa caratteristica è propria degli zuccheri, con diverse gradazioni. Se si vuole ottimizzare e accentuare l’assorbimento di quanto mangiato, la presenza di zuccheri (anche quelli a catena molto lunga come gli amidi) svolgerà questo ruolo. Viceversa esistono sostanze che riducono l’efficacia del procedimento o che lo rallentano: le fibre, nella fattispecie, sono l’esempio più convincente, molto comuni, in diversa misura, soprattutto nei vegetali interi.
Quanto invece all’idratazione del soggetto e del pasto (2) si deve sottolineare che nell’organismo, a tutti i livelli, c’è una assoluta necessità di equilibrio e che la conservazione di questo stato è garantita da sottili ed efficientissimi meccanismi. L’equilibrio osmotico è uno dei più importanti per le fasi di digestione, assorbimento e utilizzazione dei nutrienti. Si tratta di avere ovunque lo stesso rapporto tra soluti e solventi: se c’è troppa acqua dentro la cellula (e non la si può eliminare subito) devono entrare più sali per pareggiare lo stato (osmotico) con l’esterno della cellula. Se, al contrario, c’è poca acqua in quello che mangiamo, si dovrà diluire il materiale intestinale con liquidi reperiti nell’organismo; questo significa che ci si metterà più tempo ad assorbire il cibo e che ci si disidraterà. Va da sé che bere sia prima di mangiare sia durante ilpasto è un’utile accortezza dietetica. Se il pasto viene consumato dopo un’attività fisica (3) si verifica una temporanea e piuttosto rilevante promozione dell’assorbimento; gli ormoni stimolati dall’esercizio determinano una paradossale situazione in cui quasi indipendentemente dal tipo di cibo la glicemia aumenta molto ma la risposta insulinica all’alimento (il cosiddetto indice glicemico) rimane moderata. Traducendo ancora una volta in pratica, significa che dopo un’attività sportiva è necessario consumare un pasto che reintegri quanto perduto, sapendo che verrà assorbito in pieno, e che un alimento dolce, in questa situazione, ha effetti più lievi sul peso che in altri momenti. Questa fase dura circa due ore, poi tutto rientra nella norma. È ottima abitudine alimentarsi in questo lasso di tempo, il più a ridosso possibile della pratica sportiva. Se invece si mangia durante l’attività fisica (4) ci sono altri particolari da considerare.
Decisiva è l’intensità dell’esercizio: oltre il 70% della massima capacità, ogni tipo di attività digestiva viene meno e si assorbono solo le sostanze che attraversano con particolare facilità le cellule intestinali (acqua, sali, monosaccaridi); ciò significa che se lo sforzo è molto intenso è inutile mangiare immediatamente prima o durante (ammesso che sia possibile). Si aggiunga poi che un tale sforzo è destinato necessariamente a non durare molto e per poco tempo non servono approvvigionamenti alimentari di sostegno. Invece, a intensità di esercizio inferiore, cioè quella che si può sostenere a lungo, si è in uno stato compatibile con la digestione. In questo caso, l’attività potrebbe durare anche qualche ora e di conseguenza potrebbe essere necessario sostenerla con nutrienti assunti durante la pratica; occorre quindi un compromesso tra diversi nutrienti secondo tipo, durata, intensità, tenendo anche conto di quanto si è assunto nelle ore precedenti. Il bisogno di cibo che c’è in quel momento (5) costituisce un’ulteriore variabile: più si è in carenza e più si assimila; in fase di nutrizione scarsa (per esempio durante un regime ipocalorico per dimagrire) si assorbe di più di quando invece il bilancio energetico è in equilibrio; al contrario, se durante l’esercizio si assumono nutrienti non necessari, la loro digestione viene sospesa. In questo caso il fatto negativo consiste nella loro permanenza nello stomaco con conseguente impedimento meccanico alla respirazione.
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