Alimentazione
La nutrizione nello sport
Energia necessaria per fare sport: quale?
Anche in questo caso la questione è più complicata di quanto non si creda. La realtà dei fatti è sintetizzabile in una sorta di miscela di nutrienti che cambia le sue proporzioni secondo l’intensità di sforzo e il livello di allenamento.
La tabella qui accanto esprime con chiarezza quattro momenti diversi del metabolismo di uno sportivo/atleta: si capisce, per esempio, che l’impiego delle proteine è quasi costante, o che l’utilizzo del grasso è sempre reale salvo che con sforzi vigorosissimi, ed è percentualmente più alto a riposo che durante l’attività. Questo non deve sorprendere: più si sale di intensità e meno vantaggioso è ricorrere a nutrienti che danno energia in modo complesso; per una maggiore efficienza, si usa quello che funziona meglio allo scopo, ovvero gli zuccheri. A riposo, invece, c’è il tempo e il modo di consumare tutte le sostanze con calma.
Esistono però altri due elementi su cui porre attenzione: la quantità di energia spesa durante l’esercizio e quella spesa dopo l’esercizio. È un luogo comune assai diffuso che fare attività intensa non serva a nulla se si vuole spendere più grasso per calare di peso; questo è sbagliato. È vero che durante quel breve lavoro ad alta frequenza non si consumano grassi, ma si utilizzano zuccheri presenti nel muscolo, nel fegato, nel sangue; questi andranno poi ricostituiti e affinché ciò accada verranno utilizzati gli alimenti e i grassi di deposito. Ecco che è quindi importante quello che succede dopo l’esercizio fisico; anche i grassi vengono chiamati in causa in occasione di sforzi massimali. C’è però il fattore tempo: se si fa tanta fatica si resiste poco, in poco tempo si utilizza poca energia (in assoluto). Per fare un lavoro più lungo si deve ridurre l’intensità, in questo caso usando meno energia. Il compromesso migliore è il cosiddetto interval training o, in altre parole, le variazioni di ritmo. Per molti motivi questo è il genere di allenamento più efficace; consiste nel fare brevi accelerate anche notevoli, seguite da ritmi sostenibili per il tempo necessario al recupero e alla ripetizione dell’accelerata. Un simile tipo di esercizio, a parità di tempo, comporta dispendio energetico più alto (ovvero maggiore consumo di grassi e zuccheri) rispetto a quello a ritmo costante. È quindi falso che l’esercizio a bassa intensità sia il più utile al calo di peso; in realtà in genere conduce a una sorta di assuefazione metabolica precoce. Accade che gli stimoli sempre uguali e reiterati perdano di efficacia perché il metabolismo si abitua e, come si è detto, le spese energetiche si riducono rispetto all’inizio. A rischio di tornare troppo sul concetto va puntualizzato che un modesto esercizio comporta una modesta spesa energetica. Il soggetto più allenato ha, durante l’esercizio, un metabolismo differente dal sedentario; allenarsi significa attrezzarsi sotto il profilo biochimico; a questo scopo è utile osservare la tabella di questa pagina. Senza scendere in dettagli biochimici, che eventualmente si possono trovare nei testi specialistici, si può semplificare l’affascinante serie di reazioni metaboliche affermando che si usa quasi esclusivamente il glucosio ma questo può essere ricavato sia dai grassi sia da alcuni aminoacidi, come se la caldaia a gas delle nostre case potesse eventualmente usare un pezzo di muro o una sedia, nel caso in cui il gas finisse. Una cosa straordinaria è che si riesce a esercitare questa versatilità costantemente. La condizione metabolica in cui si utilizzano percentualmente più grassi è quella del riposo, ovvero quella in cui una via più complessa e articolata non interferisce con l’efficienza.
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