TerapiaIperbarica -Malattia da decompressione: tipo I e tipo II
La malattia da decompressione ha un esordio improvviso ma può insorgere in un tempo variabile da pochi minuti a qualche ora dopo che si è condotta un’attività in un ambiente a pressione superiore a quella atmosferica (iperbarico): questa situazione è tipica dell’immersione subacquea effettuata con autorespiratore ad aria (ARA o SCUBA-AIR). Infatti, nel momento in cui il subacqueo torna a respirare aria alla normale pressione atmosferica, la situazione di “sovrasaturazione” dell’azoto (nella quale viene a trovarsi l’organismo dopo aver respirato aria in ambiente sottomarino) richiede tempi adeguati affinché l’organismo si liberi da questo gas inerte, assunto con l’aria respirata e disciolto nei tessuti (specie in quelli a contenuto lipidico come il grasso corporeo e il tessuto nervoso) in quantità direttamente proporzionale alla pressione ambientale e al tempo di esposizione.
I subacquei, per calcolare in modo preciso il tempo necessario ai tessuti per liberarsi di questa quota “sovrasatura” di azoto senza provocare danni all’organismo, ricorrono alle cosiddette tabelle di decompressione, elaborate negli anni sulla base di modelli biologico-matematici. Queste tabelle indicano al subacqueo il tempo e le modalità del suo ritorno verso la superficie dell’acqua in ragione delle profondità raggiunte e del tempo di permanenza, ed è proprio il mancato rispetto dei tempi di una corretta decompressione (si chiama così questa “risalita controllata” dopo un’immersione) a scatenare i vari meccanismi che portano a questa sindrome: l’azoto disciolto si libera come gas formando bolle nei tessuti, nei liquidi interstiziali e nell’apparato circolatorio, dove può avere effetti di tipo embolico. Le bolle possono anche attivare, all’interfaccia con i liquidi interstiziali e il plasma, alcuni meccanismi della coagulazione, l’aggregazione piastrinica, la cascata dei fattori della flogosi.
Malattia da decompressione di tipo I È la forma clinica di minore gravità. Il paziente può lamentare un malessere generale riferito come senso di affaticamento o astenia; sono frequenti i dolori muscolari e articolari (artromialgie o joint bends), a localizzazione variabile.
In assenza di trattamento, questo dolore artromialgico può scomparire nel giro di poche ore o persistere per 3-4 giorni; dal punto di vista clinico, esprime l’attivazione infiammatoria provocata dalla presenza di azoto in forma bollosa. Altri sintomi sono rappresentati dal prurito, dalle marezzature e da un particolare tipo di alterazione della cute con aspetto a buccia d’arancia.
Malattia da decompressione di tipo II:
A volte preceduta da sintomi del tipo I, costituisce la manifestazione clinica più grave della malattia da decompressione. Il suo esordio può essere immediato o con latenza di alcune ore (sino a 12). I sintomi, variamente associati, riguardano il sistema nervoso centrale e l’orecchio interno, l’apparato respiratorio e quello cardiocircolatorio.
Nella sintomatologia neurologica il midollo spinale è interessato, con maggiore frequenza rispetto all’encefalo, da fenomeni di carenza circolatoria determinati dalla presenza di emboli gassosi (è ancora da accertare se prevalga l’insufficienza circolatoria a livello dei vasi arteriosi o venosi). L’esordio del quadro neurologico, spesso, è dato dalla comparsa di sensazioni di profonda stanchezza e disturbi della sensibilità (parestesie) localizzate a uno o entrambi gli arti inferiori; a volte, nella regione lombare si manifesta un dolore “a colpo di frusta”. La sintomatologia può evolvere sino a realizzare deficit di movimento (paralisi) di grado variabile associati ad alterazioni della sensibilità e a disturbi di funzionamento urinario (vescica neurologica). Le manifestazioni neurologiche che compaiono in seguito al danno cerebrale o dell’orecchio interno sono: vertigini, nistagmo, disturbi visivi, deficit motori e sensoriali a focolaio, crisi convulsive localizzate o generalizzate, coma.
La sintomatologia respiratoria e cardio-circolatoria esordisce con un senso di oppressione o dolore retrosternale (choke) associato allo stimolo della tosse e alla dispnea. In alcuni casi, si sviluppa broncospasmo. Le alterazioni emodinamiche che si producono nell’embolizzazione gassosa del circolo polmonare sono quelle tipiche del cuore polmonare acuto e dello scompenso cardiaco destro. Nelle situazioni in cui la “risalita” dall’immersione è stata particolarmente veloce con rapida decompressione, il polmone può anche essere esposto al danno barotraumatico secondario all’intrappolamento dell’aria al suo interno (air-trapping) che può svilupparsi in alcune zone del polmone come conseguenza di condizioni infiammatorie presenti localmente o di aumento del tono della muscolatura dei bronchi di piccolo calibro.
Tutto questo succede in quanto i volumi dei gas intrappolati nel polmone aumentano mano a mano che la pressione ambientale si riduce (legge di Boyle), determinando quindi sovradistensione del tessuto polmonare, danno delle sue strutture anatomiche e passaggio dell’aria nello spazio pleurico (pneumotorace), nel mediastino (pneumomediastino) o intorno al cuore (pneumopericardio); l’embolia gassosa che può avvenire nel circolo polmonare e la presenza di pneumotorace, con spostamento delle strutture presenti nel mediastino, sono situazioni in grado di determinare la riduzione della gittata cardiaca e la comparsa di shock. Il danno delle strutture alveolocapillari, infine, può causare l’immissione diretta di aria all’interno dell’apparato circolatorio, realizzando condizioni di embolia gassosa arteriosa.
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