Aromaterapia
Aromaterapia
I principi dell’aromaterapia
Il termine aromaterapia indica l’utilizzo degli oli essenziali derivati dal regno botanico (in alcuni casi anche dal regno animale) per impiego medico ai fini della prevenzione e della cura.
L’archeologia ha dimostrato che fin dall’antichità più remota, in particolare nelle civiltà mesopotamica e cinese e, in seguito, durante l’epoca egizia e greco-romana, fu praticata l’arte della distillazione e della preparazione di oli essenziali per usi terapeutici, per il benessere, per l’igiene personale e ambientale, per scopi di massoterapia e, soprattutto, cosmetici.
La scoperta della tecnica di distillazione ottimale viene fatta risalire al medico arabo Avicenna (Abu Ali Ibn Sina, 980-1037). Per tutto il Medioevo e fino al secolo XVIII le varie scuole di medicina raccomandarono l’impiego di essenze aromatiche per risanare la “corruzione dell’aria e del corpo” a scopo preventivo o curativo, soprattutto in tempo di pestilenza.
Il trattato fondamentale in materia, il Libro della vera arte di distillazione (Das nüve distilier buoch der recten kunst, 1531) fu scritto dal medico tedesco Hieronymus Brunschwig.
In epoca moderna, a cavallo tra XIX e XX secolo, vanno ricordati gli studi dei medici sperimentatori M. Chamberland, B. Cadéac, A. Meunier ed E. Cavel, i quali diressero le loro ricerche soprattutto nel campo dell’aromaterapia antisettica, identificando decine di essenze vegetali dotate di attività antimicrobica; di fatto, questi pionieri anticiparono di decenni l’attuale fiorire di studi scientifici in materia.
Il termine aromaterapia fu introdotto solo più tardi, nel libro Aromathérapie: les huiles essentiales, hormones végétales (1937), dal chimico francese René Maurice Gattefosse; questo ricercatore auspicava l’approfondimento degli studi circa gli aspetti farmacologici degli oli essenziali e la loro applicazione terapeutica nella medicina moderna.
Il passo successivo fu compiuto dal dottor Jean Valnet, il quale approfondì la scienza dell’aromaterapia e la descrisse nel libro fondamentale Aromathérapie. Traitement des maladies par les essences de plantes (1964). Nel 1971 Valnet fondò la prima società per gli studi e le ricerche in aromaterapia e fitoterapia e nel 1981 istituì il Collegio francese di fito e aromaterapia.
L’utilizzo degli oli essenziali con attività antimicrobiche nella terapia degli stati infettivi è stato esposto in maniera meticolosa dal dottor Paul Belaiche nel Traité de phytothérapie et d’aromathérapie (1979); ne L’aromathéraphie exactement (1990) Pierre Franchomme e Daniel Pénoël hanno invece sviluppato ulteriori aspetti dell’aromaterapia medica.
La bibliografia scientifica è ricca di lavori nel campo dell’aromaterapia, e in ogni parte del mondo sono in corso molti studi scientifici che riguardano le proprietà, soprattutto antimicrobiche e antisettiche, delle essenze naturali.
La funzione che gli oli essenziali svolgono nella vita delle piante è molteplice e importante. Essi vengono prodotti per varie ragioni, che comprendono la difesa nei confronti di insetti e animali nocivi o di microrganismi dannosi e funghi, il “richiamo” di insetti utili al trasporto dei loro principi riproduttivi, la comunicazione ambientale con altre piante, la sopravvivenza in aree di forte competizione botanica, la protezione da fenomeni di disidratazione in zone molto secche o in climi avversi. Tali sostanze sono concentrate in parti differenti della pianta: fiori, foglie, radici, frutti (sia all’interno sia nella buccia esterna), legno, corteccia, resina.
Le analisi laboratoristiche hanno identificato una serie di principi attivi componenti gli oli essenziali, tra i quali vanno ricordati i terpeni, gli esteri, le aldeidi, i chetoni, gli alcoli, i fenoli e gli ossidi. Il meccanismo di azione degli oli essenziali è indagato mediante studi farmacologici condotti sui singoli componenti isolati in quanto, data la complessità chimica degli oli interi, su questi risulta praticamente impossibile determinare l’esatta e completa farmacognosia. Va precisato che ogni olio essenziale è caratterizzato da una composizione complessa, in cui i vari ingredienti agiscono secondo particolari sinergie, fatto che comporta ulteriori livelli di difficoltà nell’esatta valutazione degli effetti clinici prodotti.
Nell’antichità il processo di estrazione dalle piante prevedeva l’immersione in acqua dei rami o delle foglie all’interno di contenitori coperti da fibre di lana o cotone; il riscaldamento produceva l’evaporazione delle parti volatili degli oli, le quali impregnavano il tessuto; le fibre venivano quindi spremute, a torchio o a mano. Sia i Cinesi antichi, sia la civiltà mesopotamica e quella egizia svilupparono poi tecniche di distillazione che, seppure con successivi progressi e migliorie, rimasero sostanzialmente invariate per secoli.
La moderna tecnologia impiega le metodologie estrattive elencate di seguito.
Distillazione a vapore Riprende e attualizza l’antico sistema e viene eseguita utilizzando più recipienti. Inizia dalla bollitura dell’acqua in un alambicco, nel quale vengono immerse le piante sminuzzate. Il vapore scioglie le parti aromatiche, che sono poi convogliate in una serpentina raffreddata. Il distillato, più leggero dell’acqua, galleggia, ma in talune circostanze si deposita sul fondo; in ogni caso, viene separato e raccolto. Il processo è perfezionato da successive distillazioni e purificazioni, che comportano diversi gradi di qualità e concentrazione dell’olio essenziale così ottenuto.
Idrodiffusione e percolazione Si tratta di una tecnica che prevede la diffusione del vapore dall’alto all’interno del contenitore dove sono poste le parti della pianta. Il prodotto viene raccolto in basso, attraverso una serpentina immersa in un bagno d’acqua di raffreddamento, e quindi separato.
Estrazione con solventi chimici In genere i solventi utilizzati sono esano, etere di petrolio, tetracloruro di metano e benzene. La sostanza prodotta con questa tecnica, detta concreta, viene successivamente sottoposta a processi di trattamento in alcol che ne esaltano le proprietà aromatiche: tale residuo viene detto assoluta e per uso terapeutico non dovrebbe essere commercializzato in concentrazioni superiori a 5 ppm (parti per milione). L’estrazione con solventi chimici è impiegata soprattutto dall’industria cosmetica, per evidenti ragioni legate al risparmio di tempo e denaro, ma presenta antipatici svantaggi, dovuti ai residui dei solventi stessi e di altre sostanze non volatili, e certo non è gradita ai “puristi” dell’aromaterapia; inoltre può produrre oli irritanti la cute o allergizzanti, e si presta a eventuali adulterazioni.
Estrazione delle resine Viene impiegato toluolo o alcol in qualità di solvente, in modo da separare dall’essenza la parte pesante e inodore. Il solvente viene purtroppo recuperato solo in parte.
Estrazione secondo il metodo dell’enfleurage Si tratta di un metodo di antica tradizione, oggi perfezionato e tuttavia utilizzato eccezionalmente in quanto molto costoso. Ha il vantaggio di fare ottenere oli di ottima e preziosa qualità e si utilizza soprattutto per preparare le essenze delicate, ovvero quelle dei fiori. Le piante, come si faceva nel passato, vengono immerse nell’olio o nel grasso di maiale in modo da separarne gli oli essenziali. I fiori devono essere rinnovati circa ogni due giorni e il processo dura settimane. Al termine dei successivi passaggi l’olio essenziale è estratto mediante alcol.
Estrazione per pressione a freddo Si ottiene mediante una pressa meccanica, che agisce sulle bucce degli agrumi sminuzzate, e in presenza di scarsa acqua. La mistura prodotta viene quindi separata in centrifuga.
Estrazione in anidride carbonica Metodo introdotto di recente, consiste nell’utilizzo di anidride carbonica o di butano sottoposti a pressione, i quali si liquefanno separando gli oli essenziali dalle piante.
Un aspetto delicato riguarda la genuinità degli oli essenziali. La qualità dei prodotti in commercio è spesso piuttosto scarsa e, accanto a preparazioni purissime di alto costo, sono disponibili molte partite di oli contraffatti, ovvero diluiti, “tagliati” con essenze artificiali, di efficacia e tossicità variabile e incontrollabile. Gli oli essenziali impiegati a uso terapeutico devono essere di origine e di qualità ineccepibile, e per questo motivo l’esatta definizione del chemiotipo, l’origine naturale, il metodo di distillazione e la purezza rivestono fondamentale importanza.
Il termine chemiotipo definisce la diversità tra individui botanici della stessa specie. Anche se l’aspetto esteriore e la composizione chimica potrebbero far pensare che le piante siano tutte uguali, e quindi indistinguibili sul piano degli effetti terapeutici prodotti, a un attento esame esse risultano invece assai differenti, in quanto ognuna origina da processi di adattamento a varie condizioni del terreno, del clima e dell’ambiente. Dunque, una stessa specie, per esempio la lavanda o il timo, dimostra particolari chemiotipi idonei alla sopravvivenza nello specifico habitat nel quale la singola pianta cresce, e ciò comporta una diversa sintesi, ma anche differenti qualità e concentrazione di oli essenziali e di sostanze attive, da studiare attentamente in rapporto alle possibili applicazioni terapeutiche.
Il campo di applicazione degli oli essenziali è vasto. Innanzitutto, vanno ricordate le proprietà antimicrobiche sfruttate nella cura di infezioni delle vie rinofaringee, bronchiali e polmonari, ma anche quelle utilizzate in ambito dermatologco, gastroenterologico e urologico. Ulteriori effetti comprovati riguardano l’analgesia, l’attività antinfiammatoria, antifungina, mucolitica, espettorante, spasmolitica, cicatriziale, diuretica, tonificante (sembra accertata anche una certa azione modulante a livello ormonale e immunitario). A queste indicazioni, rivolte a patologie sia organiche sia funzionali, vanno aggiunti effetti terapeutici neurologici anticonvulsivi: fin dagli anni trenta del Novecento, infatti, molti studi scientifici hanno esaminato l’impiego, nell’ambito della psicoterapia, degli oli essenziali, dei quali sono state approfondite le influenze sul tono dell’umore, sulla stanchezza, l’ansia, la depressione; esse investono inoltre aspetti onirici e la comparsa di stati emotivi suggestivi o allucinatori.
Nell’immaginario comune, l’olfatto è in qualche modo il più misterioso tra i cinque sensi. Il naso rappresenta solo la parte esterna e periferica di quel sofisticato sistema che presiede alla raccolta delle sensazioni odorose, in quanto le sue mucose e i suoi peli vibratili mettono l’ambiente in contatto diretto con il sistema nervoso centrale.
Ogni respiro comporta la registrazione delle infinite molecole disperse nell’aria e l’immediata traduzione in impulsi elettrici, convogliati in zone specializzate del cervello. Tali segnali non vengono mediati dalla corteccia cerebrale, ma raggiungono subito il rinencefalo, la zona più profonda e antica del nostro cervello. Questo sistema, detto limbico, reagisce agli stimoli elettrici relativi all’odore producendo sostanze neurochimiche stimolanti o rilassanti, sessuali, immunomodulanti e antidolorifiche: si tratta di istinti che appartengono alla natura animale e manifestano la nostra simpatia o avversione sensoriale nei confronti delle altre persone, dell’ambiente, del cibo.
I profumi e gli odori inducono stati d’animo complessi e reazioni forti. Il ricordo olfattivo resta impresso nella memoria ed è legato alle sensazioni specifiche che lo hanno coinvolto. I profumi fissano indissolubilmente le memorie e sono in grado di rievocarle in modo diretto, indelebile nel tempo, senza intermediazione razionale: questa proprietà permette ai ricordi di emergere e di risvegliarsi dal profondo, uniti alle sensazioni originali provate al momento delle esperienze olfattive ed emotive vissute. Si tratta di percezioni sottili, connesse con la natura aerea dell’anima. Eraclito, in un suo frammento, scrive: “Nell’Ade le anime percepiscono annusando”.
Se è vero che il naso è preposto alla conoscenza profonda delle cose, occorre considerare la sua capacità di cogliere lo spirito “etereo” di ciò che sta registrando, il valore delle memorie intime che muove in noi. L’olfatto si incarica di portare alla nostra coscienza verità in una variegata tavolozza di sensazioni che vanno dal disgusto all’estasi; può per esempio evocare inquietanti percezioni di disagio, manifestare in forma non verbale qualcosa che appartiene al rifiuto, all’insofferenza.
I profumi stimolano nell’uomo influenze profonde: in forma di sensazioni olfattive piacevoli o spiacevoli, essi determinano la simpatia e l’avversione, inducendo in questo modo molti comportamenti e scelte sessuali. L’inconscio viene impressionato dai vari oli essenziali che giungono a modificarne l’umore e lo stato d’animo, il rilassamento o la tensione emotiva. Inoltre i profumi allertano circa eventuali pericoli nascosti nel cibo o nell’ambiente.
È poi nota la loro capacità di stimolare la creatività: non pochi artisti si sono serviti di aromi specifici per esaltare le proprie doti di concentrazione e ispirazione. Infine, i profumi riescono a influenzare funzioni automatiche del corpo, quali la respirazione, la digestione, il battito cardiaco e la produzione di ormoni.
Gli oli essenziali possiedono caratteristiche peculiari che sono connesse con la loro azione e ne determinano il corretto utilizzo. Hanno la prerogativa di essere facilmente assorbiti dalla pelle e da qui veicolati attraverso il torrente circolatorio.
L’aromaterapia, tra tutte le medicine naturali, è forse la meno “dolce”, in quanto utilizza sostanze molto concentrate e attive, alcune addirittura potenzialmente tossiche se mal gestite o somministrate in dosi eccessive: nei casi di pazienti allergici, bambini, donne gravide (alcuni oli attraversano la placenta) o che allattano va quindi posta estrema attenzione al loro impiego.
Talune sostanze contenute negli oli essenziali, per esempio i chetoni, sono in grado di superare la barriera ematoencefalica e provocare fenomeni di neurotossicità; altre, come i fenoli, possono creare danni epatici o renali, e altre ancora, tra cui le aldeidi, presentano rischi oncogenici.
La via di somministrazione orale e quella cutanea risultano particolarmente delicate da gestire e andrebbero praticate esclusivamente sotto lo stretto controllo di un medico esperto.
Gli oli essenziali sono molto sensibili ai fattori fisici, e dunque vanno conservati lontano da fonti di calore e dalla luce, protetti in flaconi di vetro scuro.