Alimentazione
La “cottura” degli alimenti
Aspetti nutrizionali dei trattamenti termici
In generale, più il trattamento termico è intenso e protratto nel tempo, maggiori sono i danni che esso infligge agli alimenti dal punto di vista della loro composizione chimica e dei nutrienti che apportano all’uomo. Bisogna, però, fare i dovuti distinguo in base al tipo di trattamento applicato.
La pastorizzazione è un trattamento relativamente blando, soprattutto se è condotta ad alta temperatura per tempi relativamente brevi (72-75 °C per non più di 15-30 secondi). Sotto il profilo nutrizionale essa denatura una parte tutto sommato ridotta sia delle vitamine sia delle proteine. Dati di prove sperimentali confermano che nel latte pastorizzato restano intatte, in pratica, tutte le vitamine liposolubili e alcune delle idrosolubili (A, D, B6, B12, acido folico, acido nicotinico, acid pantotenico e biotina) e che le altre idrosolubili subiscono un calo stimabile intorno al 5-10% della quota originaria. Per quanto riguarda le proteine, il calo termico stimato è intorno al 5% delle sieroproteine del latte, mentre la caseina resiste alla degradazione. La pastorizzazione non incide quasi per nulla sui carboidrati semplici e complessi e nemmeno sui lipidi, mentre inattiva parte degli enzimi e dei pigmenti naturali presenti nelle corrispondenti materie prime allo stato crudo.
La sterilizzazione commerciale degli alimenti, invece, incide drasticamente sul loro valore nutrizionale. Le temperature elevate e i lunghi tempi che si raggiungono nel trattamento causano la scissione dei carboidrati complessi e dei lipidi, senza diminuirne il valore nutrizionale, ma solo aumentandone la digeribilità. Le proteine complesse vanno incontro a coagulazione e a parziale denaturazione: si stima che perdano il 10-20% dei loro aminoacidi. Per quanto concerne le vitamine, la loro degradazione varia in base a quella che si prende in esame; le perdite più gravi riguardano la tiamina (che può essere degradata fino al 75% della sua dose iniziale a crudo) e l’acido pantotenico (si può arrivare a un calo del 45% del suo contenuto iniziale). Anche l’acido ascorbico (vitamina C) subisce un netto calo. Altre vitamine, invece, e per la precisione, riboflavina, acido nicotinico, biotina e vitamina B6, sono molto meno sensibili al calore e, di conseguenza, permangono anche nelle conserve. È ovvio che il contenuto di vitamine di un alimento in conserva non dipenderà solamente dal trattamento termico subito, ma anche da altri fattori, quali:
- il contenuto in vitamine della materia prima;
- le modalità di approntamento che il prodotto può avere subito prima di essere stato sottoposto al calore (pelatura, mondatura grossolana, triturazione e così via);
- il contatto con l’ossigeno (la presenza di ossigeno favorisce la degradazione della vitamina C, molto sensibile ai processi di ossidazione);
- il passaggio di una parte delle vitamine nel liquido di governo che circonda l’alimento (si pensi agli sciroppi della frutta in scatola, che a volte sono anch’essi consumati).
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