Malattia diPARKINSON -Caratteristiche cliniche
Il tipico paziente affetto dalla malattia di Parkinson ha tremore a riposo, lentezza nei movimenti (bradicinesia) e rigidità che all’esordio compaiono in modo asimmetrico nelle due metà del corpo. Ne deriva che questi disturbi (noti come segni motori) si riscontrano, generalmente, prima a un arto (per esempio quello superiore) e quindi all’altro (in questo caso quello inferiore) dello stesso lato, successivamente agli arti del lato opposto; nella malattia sono presenti anche alterazioni della scrittura (micrografia). Non sempre la malattia di Parkinson si presenta con alterazioni del movimento: spesso, infatti, il paziente lamenta disturbi del sonno, della sensibilità, disfunzioni sessuali, deficit intellettivi e disturbi psichiatrici.
Il tremore caratteristico della malattia di Parkinson compare tipicamente a riposo e ha una frequenza di circa 3-6 movimenti ripetuti al secondo. All’esordio colpisce generalmente gli arti superiori; tipico è il gesto di “contar monete” in cui il pollice si struscia contro le altre dita della mano. Questo tipo di tremore si riduce o scompare durante l’esecuzione dei movimenti volontari. Nelle forme più gravi il tremore è continuo e di maggior ampiezza. In questi pazienti compare anche il cosiddetto fenomeno della ruota dentata o troclea: quando il medico muove l’avambraccio del paziente facendolo flettere sul braccio, il gomito si muove “a piccoli scatti” come se invece di essere liscia e rotonda l’articolazione avesse la forma, appunto, un ingranaggio dentato.
La lentezza dei movimenti (bradicinesia), anche se non è un disturbo esclusivo della malattia di Parkinson, si manifesta all’incirca nell’80-100% dei pazienti, i quali mostrano una evidente lentezza nell’eseguire i movimenti: sicuramente ciò rappresenta il disturbo più compromettente associato a questa patologia. Il paziente descrive la bradicinesia come una sensazione di intorpidimento o di affaticamento, o come una aumentata lentezza nello svolgere le normali attività quotidiane, quali vestirsi, mangiare, tagliare la carne nel piatto. I soggetti colpiti perdono gradualmente la destrezza manuale e non riescono più ad abbottonarsi gli abiti, scrivere ed eseguire operazioni che necessitano di movimenti complessi delle dita delle mani. In molti casi la difficoltà del movimento compare all’inizio: molti pazienti hanno difficoltà ad alzarsi da una sedia e, in casi estremi, si può arrivare a una grave riduzione delle varie abilità motorie. Anche il capo viene generalmente interessato (ipomimia).
La rigidità è riferita come una sorta di resistenza, ai movimenti di flessione e di estensione di un arto. Alla visita del medico si rileva una vera e propria resistenza, che contrasta i movimenti che egli imprime alle articolazioni. La rigidità interessa sia i muscoli flessori sia gli estensori e il medico esaminatore riesce a percepirla durante tutto il tempo di esecuzione del movimento; colpisce in primo luogo, e più a fondo, le articolazioni vicine alla radice degli arti (spalle, anche), quindi si estende a quelle “lontane” (gomiti, ginocchia, polsi). La rigidità è responsabile della caratteristica “camptocormia”: capo, spalle e tronco sono piegati in avanti, le braccia sono aderenti al torace e i gomiti un po’ piegati con gli avambracci rivolti verso l’interno (intraruotati), le cosce ravvicinate (addotte) e in modesta flessione rispetto al tronco, con le ginocchia leggermente piegate.
Parkinson avanzato Quando il Parkinson si aggrava, le difficoltà dei movimenti e della marcia appaiono più spiccate. I passi si fanno piccoli e rapidi e il paziente incontra una notevole difficoltà a superare un ostacolo, a cambiare la direzione di marcia o ad avvicinarsi a spazi stretti (per esempio a una porta). Frequenti sono gli episodi di freezing, un fenomeno caratterizzato da un “blocco” transitorio di un qualunque movimento (anche se più spesso compare durante la marcia, con il paziente che riferisce di sentire i piedi “come incollati al terreno”). Talvolta, invece, il paziente non riesce più ad arrestare il cammino e si manifesta quindi il fenomeno detto ipercinesia paradossa o destinazione. Nelle fasi più avanzate della malattia anche la scrittura e la voce possono essere colpite da questi blocchi.
Al disturbo della marcia spesso si associa l’instabilità nel mantenere la posizione eretta (instabilità posturale), dovuta alla perdita dei riflessi posturali (associata a rigidità e bradicinesia): questo disturbo si manifesta precocemente nel corso della malattia, ma diventa disabilitante solo nelle fasi più avanzate, quando il paziente perde la capacità di correggere la propria postura in modo rapido e quindi la tendenza a cadere si fa più evidente. In effetti i traumi, soprattutto le fratture degli arti, sono piuttosto frequenti in questi pazienti.
Nei casi di Parkinson avanzato si segnalano alterazioni della voce per diminuzione del volume di aria espirata, modificazioni della risonanza per alterazioni nella motilità della parte posteriore del cavo orale, modificazioni della prosodia e dell’articolazione delle parole. Ne deriva pertanto un parlare a voce bassa e monotona, impacciato, che diventa via via più incomprensibile nei casi più gravi. Più del 70% dei pazienti soffre di questi disturbi (che migliorano peraltro almeno in parte con il trattamento farmacologico) sin dall’esordio del Parkinson. Nei pazienti molto gravi è possibile la comparsa delle distonie, che consistono in movimenti spastici di segmenti corporei i quali, quando colpiscono la regione toracica, solitamente provocano una posizione anomala della colonna vertebrale che con il tempo può peggiorare (grave cifo-scoliosi) e determinare anche difficoltà respiratorie. Un’altra anomalia scheletrica osservata in questi pazienti è l’estensione dell’alluce, che assume un atteggiamento “a martello” (cosiddetto piede striatale).
Sono possibili alterazioni visive con difficoltà del paziente a seguire oggetti in lento movimento, a convergere lo sguardo da vicino e a compiere movimenti oculari verso l’alto. In un numero significativo di casi possono comparire movimenti di chiusura involontaria delle palpebre (blefarospasmo) o riduzione della frequenza dell’ammiccamento con conseguente condizione detta di occhio secco.
Più di tre quarti dei pazienti manifestano disturbi del sonno, con difficoltà ad addormentarsi o risvegli frequenti, incubi, sogni vividi, spaventi, vocalizzazioni notturne, sonnambulismo e disturbi associati alle fasi del sonno REM; in alcuni pazienti compare il fenomeno detto delle gambe senza riposo.
Le alterazioni urinarie sono abbastanza frequenti, con bisogno di urinare di notte, aumento della frequenza della minzione e difficoltà a controllare e trattenere l’urina (fenomeno dell’imperiosità minzionale) che negli stadi avanzati giunge anche all’incontinenza urinaria. Con l’avanzare della malattia compaiono difficoltà della deglutizione per i solidi e i liquidi (disfagia), rallentamento del tempo di svuotamento dello stomaco, stipsi. Occorre prestare molta attenzione in caso di comparsa della disfagia, in quanto le turbe importanti della deglutizione possono portare al passaggio di cibi o bevande nelle vie respiratorie con rischio di polmoniti ab ingestis.
Parkinson e disturbi psichiatrici I disturbi psichiatrici possono complicare o accompagnare la malattia di Parkinson. Il più frequente è la depressione, che compare nel 20-30% dei casi fin all’esordio e nel 20-40% in corso di malattia. I pazienti manifestano apatia, abulia, riduzione dell’iniziativa psicomotoria e paura di socializzare. Quasi la metà dei pazienti manifesta disturbi d’ansia, che spesso però vengono sottovalutati oppure correlati alla gravità clinica e al tremore. In molti pazienti possono inoltre essere presenti disturbi cognitivi, quali rallentamento dell’ideazione e del movimento, disturbi a carico delle funzioni esecutive, disturbi di memoria (soprattutto deficit di rievocazione), difficoltà nel reperimento dei nomi e disturbi visivo-spaziali. In circa il 30% dei pazienti si verifica una vera e propria demenza.
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