Mononucleosi infettiva -Segni e sintomi
I sintomi sono febbre, mal di gola con essudato tonsillare, edema delle tonsille e della faringe (talora tanto marcato da ostacolare la respirazione e la deglutizione), ingrandimento dei linfonodi; spesso si notano ingrandimento del fegato e della milza. L’esordio clinico può essere preceduto da malessere, cefalea e modesto rialzo termico. Raramente si verificano complicanze a carico del sistema nervoso (meningite, mielite, encefalite), del cuore (miocardite), del sangue (anemia emolitica, piastrinopenia); tranne in rarissimi casi, in cui coesiste un particolare difetto immunitario, la malattia non è letale. Una complicanza molto temuta è la rottura della milza, che si verifica in circa 1-2 casi su 1000, spesso in modo spontaneo e tipicamente nelle prime tre settimane di malattia; i sintomi caratteristici sono dolore e improvvisa anemizzazione. Non sono segnalati danni durante la gravidanza.
L’affaticamento può essere durevole e intenso, e protrarsi anche fino a sei mesi dopo la guarigione, che avviene in quasi tutti i casi nell’arco di 1-2 mesi. Tra le altre manifestazioni tipiche dell’infezione vi è una forma di eruzione cutanea (o esantema) che ha forma tipicamente a macchioline un po’ rigonfie (esantema maculo-papuloso) od orticarioide, più raramente petecchiale. L’esantema si verifica soprattutto in pazienti trattati con antibiotici della classe delle b-lattamine (penicillina, ampicillina, amoxicillina), nei quali si verifica nel 70-90% dei casi, ma è stato descritto anche in associazione ad altri trattamenti; occorre comunque ricordare che non è quasi mai dovuto a un’allergia verso i farmaci assunti.
Il virus stabilisce uno stato di latenza e di tolleranza con l’organismo; in alcuni casi (quasi sempre con il concorso di altri fattori, infezioni croniche o ripetute oppure deficit immunitari gravi) il virus può essere causa o concausa dell’emergenza di neoplasie quali il linfoma di Burkitt o il carcinoma nasofaringeo. Gli individui che sono già stati esposti al virus e hanno sviluppato anticorpi non sono più suscettibili a nuove infezioni. Esistono forme di malattia che non guariscono nell’arco di 4 mesi, e in questi casi si parla di mononucleosi cronica, mentre mancano evidenze di una persistenza dell’ infezione attiva. Un accenno a parte merita l’infezione cronica: si tratta di una malattia estremamente rara, caratterizzata dalla persistenza di sintomi simili a quelli della mononucleosi (febbre, adenomegalia, ingrandimendo di linfonodi, del fegato e della milza, alterazioni degli enzimi epatici e riduzione di elementi del sangue quali leucociti, piastrine, globuli rossi); a queste anomalie si associano alti livelli di virus nel sangue, dimostrati mediante ricerca del DNA virale. Un comune malinteso è quello di attribuire all’infezione da EBV, in base a un test positivo per anticorpi contro il virus, la fatica cronica; da questo punto di vista in passato all’infezione da EBV è stata anche associata la cosiddetta sindrome di fatica cronica, una forma patologica che ha ricevuto considerevole attenzione negli ultimi anni ma che ancora necessita di un inquadramento chiaro e resta molto controversa. Tale sindrome, la cui definizione è stata oggetto di più revisioni, non sembra però associata all’infezione da EBV ed è piuttosto legata alla fibromialgia, mentre secondo altre ipotesi sarebbe da collegare a disfunzioni immunitarie o endocrino-metaboliche, oppure all’ipotensione neuromediata o alla depressione.
La più comune alterazione di laboratorio nelle infezioni da EBV è l’aumento dei linfociti (condizione detta linfocitosi), il cui numero assoluto supera i 4.500/mm3 andando a rappresentare oltre la metà di tutti i globuli bianchi. Nello striscio di sangue osservato al microscopio si vedono i cosiddetti linfociti atipici, che assommano a un numero superiore al 10%: si tratta di linfociti T, espressione della risposta citotossica specifica del sistema immunitario all’infezione, e in particolare di linfociti T citotossici e in minor misura natural killer (NK); il numero totale di linfociti si aggira di solito intorno ai 12-18.000. Alcuni pazienti possono presentare una piastrinopenia (basso numero di piastrine) o una neutropenia (basso numero di leucociti neutrofili); può essere osservata inoltre un’anemia da distruzione dei globuli rossi (anemia emolitica). Ulteriore caratteristica della malattia è l’aumento degli enzimi epatici (transaminasi e fosfatasi alcalina): questa alterazione, tipica dell’epatite, non si traduce quasi mai in un’epatite clinica, ma si autolimita e regredisce nell’arco di alcune settimane.
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