Omeopatia
Omeopatia
Un principio molto antico
I precursori
L’omeopatia è una disciplina basata sul principio della similitudine: similia similibus curentur (il simile si curi con il simile). Questo principio era già conosciuto presso le civiltà babilonese, egizia e greca, che lo inserivano in una concezione magico-religiosa tesa a stabilire un legame tra la vita e la morte. È inoltre il fondamento delle antiche medicine indiana e cinese, basate sulla correlazione tra gli organi del corpo e i cinque elementi (per gli indiani, aria, acqua, fuoco, terra, etere; per i cinesi, legno, fuoco, terra, metallo, acqua). Solo con Ippocrate di Cos (458-370 a.C.), però, il principio della similitudine inizia a essere inteso in termini razionali anziché magico-religiosi: nel Corpus Ippocraticum si legge allora che “la malattia è prodotta dagli elementi simili e, somministrando i simili al paziente, egli ritorna dalla malattia alla salute, così ciò che produce la stranguria non vera cura la stranguria vera e la febbre è soppressa con ciò che la produce e prodotta con ciò che la sopprime”, mentre in Epidemie, un altro trattato attribuito a Ippocrate, l’autore parla dell’elleboro bianco come di una sostanza in grado di guarire un cholera morbus, ma anche di provocarlo, e afferma che “c’è un altro modo attraverso il quale si formano le malattie. A volte derivano da ciò che è loro simile e le stesse cose che hanno causato il male, lo guariscono”. In queste affermazioni si potrebbe ravvisare una sorta di “pre-omeopatia”, e tale ipotesi si rafforza qualora si consideri come l’ippocratismo sia basato su una concezione umorale della malattia, che cioè vede quest’ultima come una conseguenza dello squilibrio dei quattro umori del corpo (flemma, sangue, bile gialla e bile nera), correlati ai quattro elementi fondamentali postulati dal filosofo greco Empedocle (acqua, aria, fuoco e terra).
Sarà poi Galeno (130-200), medico dell’imperatore Marco Aurelio, a far discendere dalla concezione dei quattro elementi quella dei quatto temperamenti (flemmatico, sanguigno, bilioso, melanconico).
Galeno, cui è stata erroneamente attribuita la paternità del principio contraria contrariis curentur (i contrari si curino con i contrari), distingueva due categorie di rimedi: quelli santi, che riconducono gli umori all’armonia iniziale, e quelli aspri, che liberano il corpo (attraverso le evacuazioni) dall’eccesso degli umori; tramite l’esame dei sintomi, inoltre, Galeno si spinse a ricercare l’organo malato e in questo modo pose le basi per la medicina moderna.
Anche Paracelso, per la sua profondità di pensiero, può essere considerato un precursore dell’omeopatia: in pieno Rinascimento, egli scoprì una nuova correlazione tra l’uomo, la sua malattia e l’universo, e nel Paragrano (opera postuma edita a Francoforte nel 1565) scrisse che “la natura è la malattia stessa e perciò essa soltanto sa cosa è la malattia. Essa soltanto è la medicina, essa conosce le infermità dei malati”.
Benché il concetto di similitudine abbia accompagnato l’intera storia della medicina, l’omeopatia come disciplina vera e propria vedrà la luce solo alla fine del Settecento, grazie al medico tedesco Christian Friedrich Samuel Hanemann.
C.S. Hahnemann
Christian Friedrich Samuel Hahnemann nacque a Messen, in Sassonia, il 10 aprile del 1755. Figlio di un decoratore di porcellane e destinato all’attività commerciale, mostrò fin dalla fanciullezza una profonda inclinazione allo studio. Fino all’età di 12 anni, Samuel frequentò la scuola latina dei francescani; in seguito (dai 15 ai 20 anni) la principesca scuola superiore di Sant’Afra, cui potevano accedere solo i nobili del luogo, accettò la sua iscrizione senza fargli pagare la retta. In questa scuola il giovane Samuel studiò, oltre a latino e greco, anche diverse lingue straniere, e tale conoscenza fu in seguito messa proficuamente in pratica con la traduzione di numerosi testi di medicina e chimica dell’epoca. Nella primavera del 1775 Hahnemann si iscrisse alla facoltà di Medicina di Lipsia, che comprendeva però solo cattedre di insegnamento teorico: fino a questo punto, quindi, le conoscenze mediche del giovane furono di tipo teorico piuttosto che pratico, e per questo motivo nel 1777 Hahnemann si recò a Vienna, dove, proprio in quel periodo, fioriva la Nuova scuola medica di Von Swieten, basata sull’osservazione del malato e dei suoi sintomi.
A Vienna, per un periodo di circa sei mesi, Hahnemann accompagnò Joseph Quarin (1733-1814) nelle sue visite all’Ospedale dei Fratelli della Misericordia, di cui era primario: Hahnemann ebbe il privilegio di assistere alle sue consulenze e, in tal modo, di acquisire conoscenze professionali basate sull’esame diretto del malato. Il 10 agosto del 1779 si laureò in medicina a Erlagen, in Baviera, discutendo la tesi Valutazione dell’eziologia e terapia delle affezioni spastiche. Il trattato mostra in modo evidente l’influenza della cosiddetta teoria nervosa, sostenuta tra gli altri da Robert Whytt (1714-1766), professore a Edimburgo, e dal suo allievo diretto e successore alla cattedra William Cullen (1710-1790): la teoria afferma che sono i nervi e l’anima, con la loro sensibilità, a comandare le funzioni dell’organismo, e in questo modo cerca di spiegare i concetti di costituzione nervosa e predisposizione alla malattia e di comprendere le modalità di azione dei farmaci. Un altro riferimento importante nella tesi di Hahnemann è la medicina dell’osservazione praticata da Thomas Sydenham (1624-1689) e derivata dal metodo di classificazione dei botanici: Sydenham sosteneva che la definizione e la conoscenza della malattia si effettuano attraverso l’osservazione attenta (basata sulla testimonianza dei sensi e chiamata esperienza) di tutti i sintomi necessari a descrivere un’anamnesi completa. Come si può vedere, il pensiero del giovane Hahnemann contiene già i fondamenti dell’omeopatia come disciplina, dal momento che ammette l’esistenza di una correlazione tra i cambiamenti esterni (sintomi) e quelli interni e, quindi, con la malattia stessa.
Nei dieci anni successivi alla laurea Hahnemann si affermò come medico e sviluppò un grande interesse per la chimica. Grazie a questo interesse conobbe il farmacista Haescler, di cui nel 1782 sposò la figlia, Henriette (dalla quale ebbe ben undici figli), e iniziò a pubblicare articoli in numerose riviste del settore. Risale a questo periodo anche la pubblicazione di opere mediche quali il Trattato sui pregiudizi contro il riscaldamento col carbone (1787) e il Trattato delle malattie veneree (1789), nelle quali Hahnemann, riprendendo la teoria nervosa di Whytt, introduce anche il concetto di predisposizione individuale del soggetto agli stimoli esterni (cioè di costituzione). Da tale concetto discendono le nozioni di predisposizione nervosa e di costituzione debole dei nervi, secondo le quali l’azione del farmaco non deriva dal suo effetto diretto ma dalle capacità di produrre una stimolazione specifica, anche in piccole dosi, su di un soggetto sensibile.
L’allontanamento definitivo di Hahnemann dalla medicina tradizionale è ormai alle porte, e per capirne meglio le ragioni è utile soffermarsi anche sul complesso periodo storico che sta attraversando: siamo infatti nel Settecento, un secolo dominato dall’Illuminismo in Francia e dall’Aufklarung (dominio della ragione) di Emanuel Kant (1724-1804) nei Paesi tedeschi, ma in cui nasce anche il movimento dello Sturm und Drang (tempesta e assalto), che in antitesi totale all’Aufklarung e anticipando la rivoluzione romantica tedesca, esalta i valori del singolo contro quelli dell’universalità; in questo senso si potrebbe dire che Hahnemann è figlio del suo tempo, individualista nella ricerca e razionale nel metodo.
Il 1790 è la data della prima enunciazione del principio di similitudine, e da questo momento Hahnemann abbandonerà per sempre la professione di medico allopata. L’allontanamento del medico tedesco dalla medicina tradizionale fu graduale e soprattutto segnato dalla profonda coscienza dell’inadeguatezza e inefficienza dei metodi tradizionali. In un opuscolo indirizzato al professor Hufeland egli scrisse che “otto anni di pratica esercitata con il massimo scrupolo mi avevano già fatto conoscere la nullità dei metodi curativi comuni…”. La nuova via nacque quindi dalla necessità di trovare un diverso sistema terapeutico, basato sulla ricerca approfondita e l’esperienza. L’istanza fondamentale era individuare i medicinali adatti ai diversi “stati morbosi” e ciò, secondo Hahnemann, poteva avvenire soltanto osservando il modo in cui i medicinali agivano sul corpo umano in una condizione di salute: solo le modificazioni e gli stati morbosi provocati sull’uomo sano, poiché si manifestavano nella loro specifica espressione clinica, potevano infatti essere osservati senza preconcetti.
La formulazione del principio di similitudine, fondamento dell’omeopatia, deriva da questa idea di verifica: i medicinali possono guarire soltanto le malattie analoghe a quelle che gli stessi hanno la capacità di causare nell’uomo sano.
Tale enunciazione vide la luce mentre Hahnemann traduceva in lingua tedesca le Letture in materia medica di Cullen, inserendovi in nota numerosi commenti. Nel capitolo dedicato alla china Cullen, elencando le proprietà della corteccia di china, parlava di una sua ipotetica azione tonificante sullo stomaco: questa spiegazione non convinse Hahnemann, il quale decise di assorbire in prima persona molte dracme di scorza di china, per giudicarne gli effetti nell’uomo sano, e provò così i sintomi di uno stato febbrile simile a quello per il quale la corteccia era normalmente utilizzata, la malaria. Scrisse allora tutte le sue osservazioni in diverse note aggiunte alla traduzione, tra le quali la più importante è “la corteccia peruviana che è utilizzata come farmaco contro la febbre intermittente agisce perché può produrre dei sintomi simili a quelli della febbre intermittente nell’uomo sano”.
Hahnemann proseguì poi i suoi esperimenti e nel 1796 pubblicò nel Giornale di Medicina Pratica di Hufeland il suo primo saggio di teoria omeopatica, Saggio su un nuovo principio, nel quale generalizzava le sue ipotesi e osservazioni trasformandole in un principio universale. L’opera è divisa in due parti: nella prima, teorica, Hahnemann enuncia il nuovo principio di similitudine, nella seconda cita tutti gli esempi di cure efficaci basate su tale principio con dimostrazioni provenienti dalla sua esperienza personale. Il 14 maggio dello stesso anno, intanto, il medico Edoardo Jenner praticava la prima vaccinazione antivaiolosa, dimostrando al mondo l’efficacia dell’applicazione della legge di similitudine nella profilassi delle malattie infettive.
Dal 1796 in poi Hahnemann lavorò unicamente in questa direzione, pubblicando vari articoli. Anche la sua vita privata venne completamente sconvolta dalla nuova via intrapresa: lasciò Lipsia senza lavoro e traslocò con tutta la famiglia più di quindici volte in tredici anni; fino al 1804, anno in cui si trasferì a Torgau e iniziò a svolgere un’attività medica regolare, le sue risorse economiche provennero esclusivamente dalla fertile attività di traduzione. Nel 1810 Hahnemann pubblicò la prima edizione della sua opera più importante, Organon della medicina razionale: nei 271 paragrafi e nelle 222 pagine del libro egli espone le sue convinzioni in merito alla malattia, ai farmaci e alla terapia, formulando per la prima volta in modo compiuto la sua dottrina. Alla prima edizione del libro ne seguiranno altre quattro, intitolate Organon, dell’arte di guarire e pubblicate tra il 1819 e il 1833; una sesta edizione, postuma, verrà invece pubblicata nel 1921 da Haehl. Nel 1811 Hahnemann pubblicò anche il primo volume della Materia medica pura, in cui vengono riportati i risultati della sperimentazione sull’uomo sano di ben 77 sostanze.
Il 1828 segnò un importante cambiamento all’interno della dottrina omeopatica: nel volume Le malattie croniche, la loro particolare cura e la loro cura omeopatica infatti Hahnemann, analizzando il carattere cronico di alcune malattie, introdusse la nozione di “miasma” per spiegare le recidive. Il termine miasma (deriva dal greco e significa “lordura, contaminazione”) venne utilizzato da Hahnemann in un’accezione del tutto nuova, cioè nel senso di un disordine dell’organismo, intrinseco alla realtà individuale, responsabile del sopraggiungere della malattia e del suo mantenersi e svilupparsi nonostante le cure, sia allopatiche sia omeopatiche. La formulazione di questo concetto prese spunto dalla constatazione del fatto che, specialmente nelle malattie croniche, molto spesso i medicamenti omeopatici non riuscivano a produrre una guarigione completa o producevano guarigioni intermittenti, seguite da ricadute durante le quali la malattia si ripresentava in forma lievemente diversa ma con gli stessi sintomi, che non era mai possibile debellare in modo soddisfacente. Hahnemann si chiese allora come mai l’applicazione della legge dei simili fosse efficace per le malattie acute ma non per quelle croniche, e dopo anni di incessanti ricerche arrivò alla conclusione che in queste ultime l’omeopatia non può limitarsi ad affrontare di volta in volta il sintomo che si presenta, come se si trattasse di una malattia a sé stante e circoscritta, ma deve invece considerarlo come il frammento di una malattia originaria, molto più profonda e radicata nell’organismo. Seguendo questo ragionamento Hahnemann postulò così l’esistenza di tre diatesi di origine miasmatica, cioè di forze patogenetiche intrinseche all’individuo che ne determinano la costituzione e la predisposizione alla malattia: tali diatesi sono la psora, in cui le patologie dell’organismo tendono all’ipofunzione (disturbi funzionali), la sicosi, in cui queste tendono invece all’iperfunzione (disturbi proliferativi) e la lue, in cui le malattie dell’organismo sono di tipo disfunzionale (disturbi distruttivi).
Grazie alla costante attività di ricerca sull’omeopatia, Hahnemann ottenne, nel giugno del 1812, la cattedra di Omeopatia all’Università di Lipsia, e in questo modo iniziò ad avere i primi allievi. L’insegnamento universitario terminò nel 1820 a causa del conflitto creatosi con i farmacisti della città, che lo citarono in tribunale con l’accusa di preparare e distribuire personalmente i suoi farmaci. Avendo perso la causa, cercò rifugio a Kothen, nel 1821, proprio nel momento in cui i suoi primi allievi iniziavano a diffondere la dottrina omeopatica: nel 1829 fu fondata a Lipsia la prima associazione di medici omeopatici. Rimasto vedovo nel 1830, Hahnemann si sposò una seconda volta nel 1835 con la giovane Melania e si trasferì a Parigi, città in cui iniziò una brillante attività medica e culturale: la sua abitazione parigina diventò in questo periodo una sorta di salotto letterario, faro della cultura e della medicina omeopatica. Hahnemann si spense il 22 luglio del 1843, all’età di 88 anni, per esiti di bronchite cronica.
L’omeopatia in Italia
La diffusione dell’omeopatia in Italia avvenne per opera delle truppe austriache, chiamate nel 1821 dal re Ferdinando I per sedare i disordini e le sommosse in corso nel Regno di Napoli: molti medici militari dell’armata austriaca che presidiava l’Italia settentrionale, infatti, praticavano ufficialmente l’omeopatia, e Carlo Filippo, principe di Schwarzenberg e feldmaresciallo austriaco, era stato paziente di Hahnemann.
Un importante fattore di diffusione del nuovo metodo terapeutico fu l’apertura di un centro ospedaliero specializzato (in cui si offrivano consulti e medicamenti gratuiti) a Napoli per opera del dottor Necker di Melnik, medico militare tedesco: attorno alla sua figura si radunò un gruppo di medici di cui facevano parte Francesco Romani, che divenne il più stretto collaboratore del medico tedesco e tradusse le opere di Hahnemann in italiano, e Cosmo De Horatiis, medico personale del re Francesco I e fondatore della clinica omeopatica dell’Ospedale Militare della Trinità.
La fortuna dell’omeopatia fu determinata anche da un evento eccezionale: la guarigione del maresciallo Radezky. Il maresciallo, affetto da tempo da un tumore all’occhio destro, si era rivolto ai migliori specialisti dell’epoca ottenendo una prognosi infausta, ma una volta entrato in cura dal dottor Hartung, omeopata, guarì completamente in sei settimane: questa guarigione miracolosa valse al dottore la notorietà e il conio, nel 1843, di una medaglia d’oro in suo onore.
Grazie anche ai diversi fattori sopra elencati, l’omeopatia conobbe tra il 1830 e il 1860 una grande fortuna in Italia e si diffuse in Campania, Piemonte, Lombardia, Lazio, Sicilia e Umbria: nel 1834 si contavano in Italia ben 500 medici omeopati, di cui 300 solo in Sicilia. In questa regione l’omeopatia venne esercitata per la prima volta dal dottor Tranchina, che l’aveva appresa a Napoli nel 1829, e si diffuse molto rapidamente per la presenza dei medici giunti al seguito delle truppe austriache: questi si distinsero, tra l’altro, per il servizio prestato durante un’epidemia di dissenteria a Mondanice e una di colera a Palermo. La fortuna dell’omeopatia in Sicilia fu tale che nel 1862 venne istituita a Montedoro una condotta omeopatica.
Per le sue caratteristiche non invasive, l’omeopatia incontrò, sin dalla sua comparsa in Italia, il favore del Vaticano e dei movimenti cattolici, e molti pontefici (tra i quali Gregorio XVI, Leone XII, Leone XIII, Pio VIII, Pio IX e Pio XII) vi si rivolsero con successo dopo aver inutilmente tentato le cure tradizionali: nel 1841, dopo essersi accuratamente documentato sul nuovo metodo terapeutico, Gregorio XVI autorizzò il medico omeopata Wahle, di Lipsia, all’esercizio dell’omeopatia nello Stato Pontificio; l’anno successivo concesse a lui e ai suoi colleghi il diritto di distribuire gratuitamente rimedi ai malati e successivamente, con una bolla papale, diede agli ecclesiastici l’autorizzazione a somministrare i rimedi omeopatici in casi urgenti, in assenza del medico, in tutte le località sprovviste di medicinali. Molti medici omeopati, italiani e stranieri, furono premiati con onorificenze dai pontefici: tra questi Settimio Centamori, Ettore Mengozzi e Francesco Talianini, il medico cui si deve l’introduzione dell’omeopatia nello Stato Pontificio e uno dei primi omeopati italiani. L’attività professionale di Talianini fu coronata da celebri guarigioni, quali quella di Leone XIII e della marchesa Vittoria Mosca di Pesaro, e riconosciuta dal Vaticano con il conferimento di una medaglia d’oro.
La seconda metà dell’Ottocento segna l’inizio, per l’omeopatia, di una fase di declino che si protrarrà per molti decenni. Questo fenomeno dipende certo dall’affermarsi dei nuovi ideali del materialismo e dal contesto storico-culturale in cui matura l’unità d’Italia: in questo senso la disciplina hahnemanniana risulterà troppo legata al Vaticano e ai movimenti cattolici popolari. Il nuovo clima culturale, infatti, è segnato dall’ostilità verso la Chiesa e le gerarchie ecclesiastiche, e l’omeopatia paga il prezzo dello schieramento. Contribuiscono al declino della pratica hahnemanniana in Italia anche i progressi della medicina allopatica, con le scoperte di Koch e Pasteur e la nascita della microbiologia: l’individuazione e quindi l’introduzione di una causa delle malattie esterna all’uomo, l’agente microbico, rivoluziona infatti il concetto di cura, che secondo la nuova concezione può avvenire solo rimuovendo l’agente responsabile della malattia attraverso l’opposizione e il contrasto. L’omeopatia tornerà in auge in Italia nel Novecento.
L’omeopatia nel mondo
La diffusione dell’omeopatia in Europa e nel mondo è stata sicuramente favorita dai successi ottenuti fin dai primi periodi della sua applicazione, in particolare nel corso di eventi bellici, grandi epidemie e altre catastrofi dell’Ottocento: per esempio nel 1831, a seguito di un’epidemia di colera, si stabilì che il 4% dei malati trattati con cure omeopatiche era morto, mentre in caso di cura allopatica la percentuale dei decessi era del 59%; nel 1854, durante un’altra epidemia di colera che colpì Londra, la Camera dei Comuni rese noto che negli ospedali omeopatici la percentuale dei decessi era del 16,4% contro il 59,2 degli ospedali convenzionali.
Germania
La patria di Hahnemann ha dato vita a generazioni di grandi omeopati, che hanno interpretato e sviluppato la legge dei simili in modo significativo, e tra i quali vanno citati almeno Griesselich e Reckeweg.
Philip Wilhelm Ludwig Griesselich (1804-1848), medico allopata e grande appassionato di botanica, si avvicinò all’omeopatia nel 1828 e ne sviluppò le teorie in maniera originale, cercando di integrarle con nozioni di fisiologia, anatomia, patologia e chimica; a lui si deve la fondazione della Società Omeopatica di Baden, il cui organo di diffusione fu dal 1834 la rivista Hygea.
Hans Heinrich Reckeweg (1905-1985) ha invece inaugurato la nuova era dell’omeopatia tedesca fondando l’omotossicologia, sorta di ponte tra omeopatia e allopatia i cui capisaldi sono contenuti in Omotossine e omotossicosi. Basi per una sintesi della medicina, opera da lui pubblicata nel 1955. L’omotossicologia studia i fattori tossici o velenosi per l’uomo (omotossine) e ritiene che essi si sviluppino in seguito a trasformazioni chimiche. L’accumulo delle omotossine all’interno dell’organismo è la causa della malattia, che può essere debellata solo attraverso l’eliminazione naturale delle tossine stesse, e quindi la patologia costituisce una risposta difensiva dell’organismo all’aggressione delle tossine mediante la quale questo cerca di renderle innocue ed espellerle. Tale percorso di espulsione ripristina lentamente l’eliminazione tossinica e porta alla guarigione.
Austria
Anche se le invasioni militari sono state il principale veicolo di diffusione dell’omeopatia in questo Paese, non si deve dimenticare che Hahnemann vi era già conosciuto per aver studiato medicina all’Università di Vienna al seguito del dottor Joseph Quarin. In passato l’omeopatia veniva praticata apertamente dalla popolazione ed era molto affermata e diffusa anche tra i medici militari; tra gli altri, fece ricorso alla medicina omeopatica Carlo Filippo, Principe di Schwatzenberger e feldmaresciallo austriaco, che fu anche paziente di Hahnemann.
Spagna
In Spagna l’omeopatia fu introdotta da un ricco mercante di Cadice, che nel 1824 era stato curato da Hahnemann e successivamente dal medico italiano De Horatiis. La nuova pratica terapeutica incontrò grande consenso soprattutto grazie al dottor Lopez Pinciano, il quale nel 1835 tradusse l’Organon, e a Juan Nunez, omeopata, che nel 1847 fu nominato medico della Real Casa di Spagna. Nel 1830 fu aperto a Badajoz il primo ospedale omeopatico, seguito nel 1878 dall’ospedale San José a Madrid.
Russia
In Russia l’omeopatia incontrò nella prima metà dell’Ottocento un discreto successo, e lo stesso zar Alessandro I ricorse a questo tipo di cure. Il medico dell’esercito russo Nicolaievitch Korzakov, che preparava i rimedi per lo zar, non avendo a disposizione nelle campagne militari i flaconi necessari per tutte le diluizioni, introdusse l’uso di un solo flacone, e da questa pratica nacque il termine diluizione korzakoviana.
Regno Unito
L’omeopatia si diffuse nel Regno Unito grazie a Frederick Hervey Foster Quin (1799-1878), il quale l’aveva appresa a Napoli da Romani e De Horatiis: medico della duchessa di Devonshire e successivamente del principe Leopoldo di Saxecoburg (futuro re del Belgio), Quin conobbe personalmente Hahnemann a Koeten e nel 1826 tradusse l’Organon; inoltre fondò a Londra, nel 1849, il primo ospedale omeopatico d’Europa (nel 1948, grazie al medico della Corona Sir John Weir, la struttura fu rinominata Royal London Homeopathic Hospital). Ancora oggi, questo ospedale e la Faculty of Homeopathy a esso annessa sono il fulcro dell’attività clinica e della ricerca in campo omeopatico non solo in Inghilterra, ma anche in Europa e nel mondo.
Anche Paul Curie (nonno di Pierre) diede grande impulso alla diffusione e allo sviluppo della medicina omeopatica nel Paese: dal 1835 fino alla sua morte egli esercitò la professione di omeopata a Londra, fondando inoltre l’ospedale Hahnemann e la prima Società omeopatica inglese.
Francia
L’omeopatia ha conosciuto in Francia un grande sviluppo: la disciplina è stata inserita nel piano di studi di alcune università e, nel 1965, i rimedi omeopatici sono stati introdotti nella Farmacopea Ufficiale.
Fu un italiano, il conte napoletano Sebastiano De Guidi (1769-1863), a introdurre in Francia questa pratica. De Guidi si appassionò al nuovo metodo di cura e, dopo averne approfondito le conoscenze (prima a Napoli al seguito dello stesso Romani, poi a Koethen con Hahnemann), fece rientro a Lione nel 1830. Qui iniziò a utilizzare l’omeopatia e divenne il primo medico omeopata di Francia, esercitando la professione fino alla morte, all’età di 94 anni.
Tra gli allievi di De Guidi ci sono medici illustri, la cui opera è stata importante per lo sviluppo dell’omeopatia in Francia.
George Henri Gottleib Jahr (1800-1875), contemporaneo di Hahnemann, insegnò Materia medica pura all’Università Omeopatica di Parigi. Nel suo magistrale Principi e regole che devono guidare nella pratica dell’omeopatia (1857), sottolinea la necessità di individualizzare il malato sulla base dei sintomi psichici e generali caratteristici, e di curare tali sintomi con rimedi ad alta diluizione. Durante la sua intensa attività Jahr si interessò in particolare all’applicazione del principio di similitudine nella cura di neonati e donne in menopausa, e scrisse nel 1855 il Trattamento omeopatico delle patologie femminili e dei neonati.
Benoit Mure (1809-1858) si distinse per il suo eclettismo e la sua intelligenza. Si accostò all’omeopatia ricevendo le cure del De Guidi per una tubercolosi polmonare e, dopo aver studiato omeopatia a Napoli, viaggiò in tutto il mondo per diffondere il nuovo metodo: nel 1837 fondò un ambulatorio omeopatico a Palermo (che diventerà in seguito l’Accademia Reale di Medicina Omeopatica), nel 1839 creò a Parigi l’Institut Homeopathique de France e due dispensari, poi nel 1840 si recò in Brasile, dove in soli 8 anni fondò ben 22 dispensari omeopatici e una scuola omeopatica (a Rio de Janeiro). Mure scrisse diverse opere in varie lingue.
Anche Jean Pierre Gallavardin (1825-1898) dedicò la sua vita all’omeopatia ed esercitò a Lione dal 1855 fino alla morte. Acuto clinico, egli insistette sull’importanza fondamentale dei sintomi psichici nella scelta del rimedio e sull’indispensabile necessità di alte diluizioni nella terapia degli stati mentali. L’opera di Gallavardin proseguì anche dopo la sua morte grazie all’attività di uno dei suoi dieci figli, Jules, anch’egli omeopata. Quest’ultimo fondò l’ospedale omeopatico di Saint-Luc e diede vita al mensile Le propagateur de l’omeopathie. Nel 1937 istituì insieme ad Antoine Nebel, Henry Duprat e altri la Societé Rhodanienne d’Homeopathie.
Stati Uniti
Mentre in tutta Europa l’omeopatia si diffondeva per opera di Hahnemann e dei suoi seguaci, negli Stati Uniti veniva importata dall’olandese Hans Burch Gram, il quale emigrò nel Nuovo Mondo nel 1825; il vero padre dell’omeopatia statunitense, colui che iniziò ad applicarla e divulgarla, viene però considerato il medico sassone Constantine Hering (1800-1880). Trasferitosi a Philadelphia nel 1833, Hering fondò nel 1835 ad Allentown, insieme al collega Wesselhoft, la North American Academy for Homeopathic Healing, e in seguito, nel 1848, lo Hahnemann Medical College a Philadelphia, nel quale insegnò Materia medica fino al 1869.
L’interpretazione dell’omeopatia fornita da Hering, nota come legge di Hering o legge di guarigione, costituisce la principale rielaborazione dell’originale dottrina hahnemaniana, e postula che “ogni guarigione comincia dall’interno e procede verso l’esterno, dalla testa verso il basso, e in ordine inverso da com’erano apparsi i sintomi della malattia”. Secondo Hering, quindi, nelle vere guarigioni il paziente, dopo la somministrazione dei corretti rimedi, non raggiunge uno stato di benessere in maniera casuale, ma seguendo un percorso scandito da una legge ben precisa di eliminazione dei sintomi: quelli comparsi per ultimi regrediranno per primi, quelli che hanno origine più remota regrediranno per ultimi.
Altro illustre rappresentante della classe medica omeopatica americana è James Tyler Kent (1849-1916). Kent nacque come medico allopata e quindi si convertì completamente all’omeopatia, tanto da rifiutare nel 1879 l’offerta di una cattedra di Anatomia da parte dell’Associazione di Medicina Nazionale Eclettica; due anni più tardi accettò però una cattedra nella stessa disciplina all’Homeopathic Medical College of Missouri, e nel 1883 fu nominato docente di Matematica medica e rettore della Post-Graduate’s School of Homeopathy all’Hahnemann Medical College di Philadelphia; contemporaneamente divenne docente di Materia Medica all’Hering Medical College and Hospital di Chicago.
Per l’incessante attività pratica, didattica e di ricerca sul principio di similitudine, Kent è considerato uno dei più grandi esponenti della scuola omeopatica negli Stati Uniti: nella sua interpretazione egli attribuì estrema importanza ai sintomi mentali e a quelli caratteristici, peculiari, fisici. I principali contributi letterari di Kent all’omeopatia (La filosofia omeopatica, il Repertorio dei sintomi e la Materia medica) sono ancora oggi i testi più consultati dai medici omeopati di tutto il mondo; sempre in materia di contributi alla letteratura medica omeopatica forniti da statunitensi, merita di essere ricordata anche la monumentale Materia medica pura, compilata da Thimothy Field Allen.
L’omeopatia ebbe grande fortuna negli Stati Uniti e le statistiche indicano che dal 1829 al 1869 il numero degli omeopati a New York raddoppiò ogni cinque anni. Tra questi molte erano donne, e nel 1848 fu fondata la Facoltà di Medicina Omeopatica Femminile, la prima università medica nel mondo per sole donne. Nel 1844 nacque poi l’American Institute of Homeopathy, la prima società medica statunitense, cui nel 1877 vennero ammesse anche le donne.
Nel 1898 la U.S. Commission on Education scrisse che tre delle quattro maggiori biblioteche delle facoltà di medicina erano omeopatiche.
Sudamerica
L’omeopatia ebbe grande diffusione anche in Sudamerica. InArgentina fu introdotta addirittura dall’eroe nazionale, generale José de San Martin (1778- 1850), il quale durante la campagna per la liberazione del Perù e del Cile dalla dominazione spagnola portava con sé un kit di medicine omeopatiche.
In seguito la disciplina hahnemanniana conobbe grande fioritura grazie al dottor Thomas Pablo Paschero (1904-1986). Laureatosi in medicina e specializzatosi in ginecologia, Paschero, che praticava regolarmente l’allopatia, vide risolversi con le cure omeopatiche un caso di eczema ritenuto incurabile.
Nel 1934 si recò negli Stati Uniti per approfondire le ricerche sull’omeopatia e a Chicago divenne un discepolo del dottor Grimmer, che a sua volta era stato allievo di Kent. Abbandonata completamente la via allopatica, Paschero fondò nel 1970 la Escuela Medica Homeopathica Argentina, tuttora attiva, e dal 1972 al 1975 fu presidente della Liga Medicorum Homeopathica Internationalis (LMHI), apportando con la sua attività di ricerca grande contributo allo sviluppo della disciplina omeopatica; alla scuola di Paschero si formò, tra gli altri, il dottor Eugenio Federico Candegabe, membro fondatore della Escuela Medica Argentina.
L’omeopatia ha incontrato grande favore anche in Messico, dove è stata ufficializzata nel 1898 e vanta ancora oggi una grande tradizione. Illustre rappresentante della scuola omeopatica messicana è stato il dottor Proceso Sanchez Ortega (1919-2005), che ha approfondito in particolare la teoria hahnemanniana dei miasmi.
In Brasile l’omeopatia si diffuse nel 1840 grazie a Benoit Mure, che vi creò nel 1843 l’Istituto Omeopatico del Brasile e nel 1844, a Rio de Janeiro, una scuola omeopatica; la scuola ottenne qualche anno più tardi l’autorizzazione ufficiale a rilasciare diplomi di dottore in medicina omeopatica. La grande fortuna dell’omeopatia in Brasile è testimoniata, ancora nel XX secolo, dalla fioritura di almeno 10 scuole omeopatiche.
Asia e Africa
In Indiala dottrina omeopatica è stata introdotta dal Mahatma Gandhi, il quale affermava che “guarisce più persone di qualsiasi altro trattamento”, e da Madre Teresa di Calcutta.
Per la sua particolare efficacia nel trattamento delle epidemie e delle malattie infettive, acute e croniche, l’omeopatia si è diffusa anche in altri paesi asiatici, come Pakistan, Sri Lanka, oltre che in Africa meridionale e Nigeria.
Fortuna attuale dell’omeopatia
A partire dalla fine dell’Ottocento, la disciplina hahnemanniana ha conosciuto ovunque fasi alterne di successo e declino, per una serie di ragioni, ma in primo luogo perché la medicina tradizionale ha perso la “brutalità” che aveva ai tempi di Hahnemann e ha iniziato in diversi casi ad accogliere anche rimedi omeopatici. Altri fattori importanti che hanno ostacolato o rallentato la diffusione dell’omeopatia sono stati l’antagonismo delle società farmaceutiche e la scarsa appetibilità economica della pratica: nella sua concezione della malattia, la pratica omeopatica richiede un tempo maggiore per la visita del paziente.
Nonostante le difficoltà, però, l’omeopatia continua ancora oggi il suo cammino nel mondo. In alcuni stati, come il Messico e l’Argentina, la dottrina omeopatica è riconosciuta ufficialmente anche dal punto di vista legislativo. La Francia, l’Inghilterra e la Germania, oltre a ospitare varie scuole, società e ospedali a indirizzo omeopatico, hanno inserito il rimedio hahnemanniano nelle loro Farmacopee Ufficiali. Negli Stati Uniti esistono interi ospedali omeopatici. Anche in Italia, negli ultimi anni, c’è stata una notevole diffusione dell’omeopatia, che, nella sua costante affermazione, rivendica a pieno titolo l’appellativo di medicina complementare.