Sterilità -Diagnosi
Quando una coppia si presenta dal medico per un problema di presunta sterilità, primo elemento fondamentale da indagare è la sua storia clinica, alla ricerca di fattori che potrebbero condizionare la capacità procreativa di uno o dell’altro partner; quindi, se possibile, occorre impostare una cura specifica.
Nel caso di sterilità da fattori maschili, è opportuno procedere a un esame dell’apparato genitale atto a individuare le possibili cause funzionali e organiche all’origine della riduzione della fertilità (per esempio varicocele, testicolo ritenuto, infezioni uretrali e prostatiche, infezioni testicolari), nonché segni di patologie ormonali e genetiche. Gli esami più frequentemente richiesti sono i dosaggi ormonali, ma principalmente l’esame del liquido seminale. Per questo accertamento l’uomo deve astenersi da rapporti per alcuni giorni (in media 4-5 giorni) prima dell’esame; la raccolta del liquido seminale avviene in una provetta sterile mediante masturbazione e non raccogliendolo, per esempio, da un profilattico dopo un normale rapporto sessuale. Si misura il volume dello sperma eiaculato, il colore e la consistenza; gli spermatozoi sono esaminati al microscopio per determinare l’eventuale presenza di alterazioni di numero, forma, dimensioni e movimento. Se il campione di sperma risulta alterato, è opportuno ripetere una seconda e una terza volta l’esame, per confermare la diagnosi. Se questa viene confermata si procede successivamente, se il medico lo ritiene opportuno, a eventuali approfondimenti.
Trattamento
Qualora il trattamento medico o chirurgico delle cause specifiche diagnosticate nella coppia non sia andato a buon fine e nel caso di infertilità dovuta alla presenza di spermatozoi normali ma scarsi di numero, è possibile ricorrere all’inseminazione artificiale, che consiste nella deposizione degli spermatozoi “attivati” (il termine preciso è capacitati) in utero, tramite una piccola siringa che viene inserita in vagina.
Per gli uomini che non producono spermatozoi, esiste la possibilità di inseminare l’ovulo della partner con il seme di un donatore (inseminazione eterologa, in Italia vietata per legge).
Quando, invece, ci si trova di fronte a un problema di sterilità della partner femminile, è fondamentale comprendere se la causa è una mancanza di ovulazione, un’alterazione dell’apparato genitale o una variazione del muco cervicale.
Come primo passo diagnostico, si chiede in genere alla donna di registrare quotidianamente la temperatura corporea, al mattino, appena sveglia, e di riportare i valori su una tabella nella quale vanno anche segnati eventuali altri fattori che possono condizionare la temperatura, come la febbre o l’esecuzione di un esercizio sportivo. Dall’osservazione del grafico di uno o più di mesi il medico può comprendere se la donna ha cicli ovulatori o no: infatti, nel caso di avvenuta ovulazione, è possibile osservare, nel grafico della temperatura, un aumento della stessa (dovuto all’incremento del progesterone che si verifica dopo un’ovulazione) che si mantiene costante fino alla comparsa del flusso mestruale.
Se non si osserva nulla di tutto ciò, allora il medico procede a ulteriori indagini, in genere con dosaggio ormonale (per indagare l’integrità del controllo ormonale dell’ovulazione) e un’ecografia transvaginale alla ricerca di eventuali problemi a carico dell’apparato genitale. Esami di seconda istanza, come l’isterosalpingografia, sono riservati a casi selezionati, in cui si sia identificato come fattore determinante la sterilità una causa tubarica (per esempio ostruzione delle tube).
Si parla di sterilità inspiegata quanto la causa della sterilità di coppia non è individuabile, condizione che sembra interessare il 10-15% dei casi di sterilità che afferiscono ai centri di procreazione assistita. Particolare importanza in questo ambito sembrano rivestire i cosiddetti fattori immunologici; recentemente è stata proposta una teoria per cui alcune molecole dello sperma (antigeni spermatici) potrebbero innescare una reazione immunitaria, responsabile della produzione di anticorpi diretti verso gli spermatozoi stessi e verso la cellula uovo; questa reazione determinerebbe ovviamente l’impossibilità alla produzione e alla fecondazione della cellula uovo. Finora, però, l’attendibilità di questa teoria non è stata dimostrata.
L’approccio al trattamento dell’infertilità Quando non sia stato possibile in alcuna maniera correggere le condizioni predisponenti o causanti la sterilità, è possibile ricorrere alle tecniche di fecondazione assistita (in Italia regolamentata con apposita legislazione), dicitura con cui si indicano tutte le tecniche che prevedono un qualunque grado di manipolazione dei gameti (spermatozoi e cellule uovo).
Il momento in cui la coppia deve essere sottoposta a un intervento di fecondazione assistita dipende dall’età della donna: se ha meno di 30 anni, è possibile attendere e procedere con più calma, mentre dopo i 35 anni, a causa del declino fisiologico della funzione ovarica legata alla produzione di cellule uovo, solitamente si preferisce intervenire con maggiore celerità.
Tutte le tecniche di fecondazione assistita prevedono di provocare un’ovulazione mediante farmaci, di verificare mediante ecografia lo sviluppo del follicolo da cui si avrà la fuoriuscita dell’ovulo e di controllare la prosecuzione del ciclo tramite il dosaggio nel sangue di alcuni ormoni.
Una volta in prossimità dell’ovulazione, è possibile procedere in due modi: il primo consiste nel consigliare alla coppia di avere rapporti più frequenti in questo periodo (anche per 2-3 giorni di seguito) per aumentare la probabilità di fecondazione dell’ovulo, un accorgimento che in una buona percentuale dei casi è sufficiente a garantire una fecondazione dell’ovulo e una successiva gravidanza; nel caso invece in cui siano presenti fattori negativi importanti per una fecondazione per vie naturali, si procederà al prelievo “chirurgico” della cellula uovo sotto controllo ecografico.
A questo punto è possibile utilizzare tre diverse tecniche di fecondazione, note con le sigle IUI, FIVET e ICSI (vedi paragrafo seguente).
È bene dire che nonostante la manipolazione delle cellule uovo e degli spermatozoi, gli studi non hanno evidenziato alcun aumento delle anomalie genetiche nei bambini nati con tecniche di fecondazione assistitita rispetto alla popolazione generale.
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