Malattie infettive inGravidanza -Epatite B
La trasmissione del virus dell’epatite B può essere di tipo “orizzontale”, quando passa da persona a persona, o “verticale”, per esempio tra madre a figlio; proprio quest’ultima via di trasmissione è considerata da molti la principale responsabile della persistenza della patologia in certe regioni. La trasmissione orizzontale da individuo a individuo avviene principalmente mediante contatto con sangue o emoderivati infetti, meno frequentemente attraverso il contatto con altri liquidi biologici quali saliva, liquido seminale, secrezioni vaginali, latte materno. Le feci degli ammalati di solito non contengono il virus, a meno che in esse non sia presente sangue.
La trasmissione verticale (madre-feto) può avvenire durante la gravidanza, durante il parto o nel puerperio. Il passaggio del virus attraverso la placenta è possibile durante tutta la gravidanza, ma si verifica in prevalenza nella sua seconda metà; tale modalità di trasmissione è però complessivamente poco frequente. Più comune è invece la trasmissione verticale madre-figlio che si verifica al momento del parto (connatale): il feto si infetta mediante il contatto diretto con il sangue e le secrezioni materne ed è possibile anche uno scambio di sangue attraverso la placenta, che durante il parto può perdere parzialmente la sua funzione di barriera. Il rischio di infezione connatale è simile nel parto spontaneo e nel taglio cesareo. Un’ultima modalità di trasmissione verticale, relativamente poco probabile, è quella attraverso il latte materno nei primi giorni di vita. La trasmissione del virus è possibile anche per le pazienti portatrici sane.
Per quanto riguarda i danni al bambino eventualmente infettato, le conseguenze a distanza possono essere anche molto gravi, dal momento che un’alta percentuale di questi bambini diviene portatore cronico, con le note conseguenze per i soggetti che si trovano in questo stato. La terapia dell’epatite B è in gran parte sintomatica, particolarmente in gravidanza. Ne deriva, quindi, che l’unico metodo non solo per prevenire l’infezione connatale e proteggere il neonato dai rischi a questa connessi, ma anche per contribuire a debellare l’infezione nelle regioni endemiche, è la prevenzione, che si attua mediante lo screening della malattia nelle gestanti, la vaccinazione e la protezione con gammaglobuline iperimmuni nel neonato a rischio. Nei più moderni protocolli di assistenza in gravidanza è previsto un controllo dell’HBsAg (un esame del sangue che, se positivo, dimostra la capacità della madre di trasmettere l’infezione) in tutte le donne, da effettuarsi alla prima visita e tra la 33a e la 35a settimana di gestazione. La ricerca dell’HBsAg ha il vantaggio di individuare non soltanto le madri affette da epatite B, ma anche quelle che sono portatrici sane del virus. Il controllo risulta particolarmente importante tra la 33a e la 35a settimana in quanto consente di prevenire efficacemente la trasmissione verticale connatale del virus. Il neonato da donna HBsAg positiva deve subito iniziare il programma di vaccinazione per l’epatite B e va protetto con siero di globuline (anticorpi); questa procedura si è dimostrata molto più efficace della vaccinazione o della protezione passiva adoperata singolarmente.
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