ARRESTO CARDIACO -Cause di arresto cardiaco
Possono essere cardiache (la più frequente è la cardiopatia ischemica) o non cardiache, per esempio di natura meccanica (tamponamento cardiaco, embolia polmonare, pneumotorace iperteso e altre) o anossica (ostruzione delle vie aeree o eventi neurologici). Nell’80-85% dei casi è presente una fibrillazione ventricolare o una tachicardia ventricolare con assenza del polso. In una percentuale minore è riscontrabile assenza di battito cardiaco (asistolia).
Si verifica una brusca interruzione dell’attività della pompa cardiaca; la defibrillazione elettrica è l’unica terapia in grado di correggere tale gravissima aritmia e di ripristinare l’attività del cuore. L’efficacia della defibrillazione dipende anche dall’ossigenazione del cuore (fattore che spiega l’importanza della rianimazione cardiopolmonare precoce), dall’energia utilizzata e dalle caratteristiche del torace (impedenza). La mancanza di ossigenazione a livello cerebrale provoca lesioni inizialmente reversibili, ma irrecuperabili già dopo 6-10 minuti: per questo la prevenzione del danno cerebrale dipende principalmente dalla rapidità e dall’efficacia delle manovre rianimatorie, oltre che dalla precocità della defibrillazione.
Uno dei capisaldi per aumentare la sopravvivenza delle persone colpite da arresto cardiaco improvviso è il Basic Life Support (in sigla BLS), il cui scopo è quello di riconoscere prontamente la compromissione delle funzioni vitali e di sostenere la respirazione e la circolazione attraverso la ventilazione bocca a bocca o bocca-maschera e il massaggio cardiaco esterno, fino all’arrivo di mezzi efficaci per correggere la causa che ha prodotto l’arresto cardiaco.
La tempestività dell’intervento è fondamentale, in quanto bisogna considerare che le probabilità di sopravvivenza diminuiscono del 7-10% a ogni minuto che trascorre dall’insorgenza di una fibrillazione o di una tachicardia ventricolare. Dopo dieci minuti dall’esordio, in assenza di rianimazione cardiorespiratoria, le possibilità di sopravvivenza sono ridotte quasi a zero.
Prevenzione della morte cardiaca improvvisa nei sopravvissuti a un arresto cardiaco Tutti i sopravvissuti a un arresto cardiaco vanno attentamente valutati con esame clinico e strumentale.
Occorre fare un’indagine dei farmaci eventualmente assunti, oltre che valutare l’anamnesi familiare e il tipo di sintomi che hanno preceduto l’arresto (dolore toracico, dispnea, sincope ecc.). Un ECG può evidenziare condizioni “elettriche” cardiache predisponenti, quali l’allungamento dell’intervallo QT, la sindrome di Brugada e la sindrome di Wolf-Parkinson-Withe; in alcuni casi il controllo elettrocardiografico protratto per 24 ore o per una settimana (monitoraggio Holter), il Tilt Test e l’esame elettrofisiologico possono fornire informazioni molto utili a rilevare possibili cause di arresto cardiaco. [G.S.]
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