Monitoraggio
Insieme di tecniche, utilizzate in ginecologia, ostetricia e rianimazione, consistenti nella sorveglianza, continua o frequente, di alcuni parametri fisiologici o biologici attraverso strumenti detti monitor (monitoring).
Ginecologia Alcuni tipi di sterilità vengono trattati con farmaci che facilitano l’espulsione dell’ovulo dall’ovaio. Il monitoraggio consiste nell’effettuare ripetute ecografie dell’ovaio e dosaggi ormonali del sangue per controllare la risposta dell’ovaio e poter così adattare il trattamento alle esigenze individuali.
Ostetricia Il monitoraggio ostetrico è una metodica di sorveglianza del ritmo cardiaco del feto e dell’intensità e frequenza delle contrazioni uterine della madre. Molto utilizzato per la sorveglianza delle gestanti durante gli ultimi due trimestri di gravidanza, permette di prevedere un parto prematuro. Inoltre può rilevare un aumento del ritmo cardiaco del feto, spesso testimonianza di un’ipertermia materna, o un suo rallentamento, caratteristico della sofferenza fetale.
Nel corso del parto, si esegue un monitoraggio sistematico del cuore del bambino durante il travaglio attraverso un piccolo ricevitore appoggiato sull’addome della madre e fissato con una cinghia. Il ricevitore è collegato a un apparecchio che indica la frequenza dei battiti cardiaci con suoni, un indicatore luminoso e, all’occorrenza, un grafico, oltre a registrare la frequenza e l’intensità delle contrazioni uterine. È dunque possibile individuare in qualunque momento un’anomalia (in particolare una sofferenza fetale), ricercarne la causa e trattarla, eventualmente accelerando lo svolgimento del parto (per esempio praticando un parto cesareo).
Rianimazione Il monitoraggio delle funzioni vitali viene correntemente praticato nei servizi di rianimazione per i malati affetti da disturbi severi, soprattutto se la loro condizione clinica è instabile. Consente di tenere sotto controllo numerosi parametri relativi a quasi tutte le funzioni dell’organismo: frequenza e regolarità dei battiti cardiaci, pressione nelle arterie o nelle vene, flusso cardiaco; frequenza respiratoria, ossigenazione, quantità di anidride carbonica espirata; attività elettrica del cervello, pressione intracranica; temperatura; concentrazione di determinate sostanze nel sangue (per esempio il glucosio). Esistono due tipi di monitoraggio, detti invasivo e non invasivo. Il monitoraggio invasivo consiste nell’introdurre un catetere lungo e sottile in un vaso, al fine di tenere costantemente sotto controllo la pressione venosa centrale o la concentrazione nel sangue di ossigeno e anidride carbonica. Malgrado l’utilità di questo tipo di sorveglianza, i rischi di infezione (i germi entrano attraverso il catetere) e di formazione di trombi inducono a limitarne la durata. Il monitoraggio non invasivo, al contrario, consente una sorveglianza dei malati prolungata ed esente da rischi.
La tecnica più praticata è quella del cardioscopio: questo strumento consente di visualizzare in tempo reale, su uno schermo (o su carta), un grafico che rappresenta l’attività elettrica del cuore e di ottenere in questo modo il valore della frequenza cardiaca; inoltre, un allarme sonoro e visivo segnala accelerazioni o rallentamenti del ritmo cardiaco oltre i limiti stabiliti caso per caso. I recenti progressi tecnologici permettono oggi di realizzare un monitoraggio non invasivo della pressione arteriosa e della respirazione, con una maggiore sicurezza per i malati.
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