Fuoriuscita di sangue dai vasi sanguigni. Si dice esterna se il sangue fluisce direttamente all’esterno, interna se si riversa in una cavità (torace, addome) o in un viscere (stomaco, intestino). Quando il sangue fuoriesce da vie naturali (bocca, ano, uretra) si parla invece di emorragia esteriorizzata secondariamente.
Cause
L’emorragia può essere provocata da trauma, lesione di un organo (infiammazione, ulcera, tumore) o anomalia dei vasi (aneurisma, fragilità da ipertensione arteriosa).
Tipi di emorragia
Un’emorragia interna cronica può essere di così scarsa entità (stillicidio) da non essere avvertita per molte settimane; in compenso, la perdita di ferro che comporta è responsabile di un’anemia ferropriva. Un’emorragia importante e rapida (ferita a carico di una grossa arteria), invece, porta alla morte nel giro di pochi minuti per arresto del ritorno venoso, anche quando l’organismo conserva ancora due terzi del suo volume ematico.
A un’emorragia importante (per esempio, dell’ordine di 1 l) fanno seguito dapprima ipotensione arteriosa, poi tachicardia e vari segni di scompenso dell’organismo, caratteristici dello stato di shock: sete, malessere, agitazione, capogiri, ronzio auricolare, accelerazione del polso e della respirazione, pallore del volto, delle congiuntive e delle unghie. Se non subentra un’altra emorragia, tutto rientra nella norma: il volume plasmatico viene ricostituito nel giro di qualche ora dai liquidi extravascolari (quelli degli organi). Stimolato dalla mancanza di globuli rossi, il midollo osseo ne aumenta la produzione e compensa il deficit in alcune settimane.
Se, al contrario, l’emorragia si ripete dopo qualche ora, il malato entra in stato di shock, con brusco calo di pressione e oliguria (diminuzione delle urine), e in assenza di trasfusione va incontro a decesso. Se praticata troppo tardi, la trasfusione può non avere alcun effetto (shock emorragico irreversibile).
Trattamento
Si basa sull’arresto dell’emorragia, in genere mediante intervento chirurgico. Quando l’emorragia è esterna, conseguente a lesione dei vasi del collo o di un arto, può essere interrotta esercitando una compressione (con la mano o con una fasciatura stretta e voluminosa) sul punto da cui fuoriesce il sangue o lungo il decorso del tronco arterioso che alimenta l’emorragia. È anche possibile legare un laccio emostatico alla radice dell’arto o immediatamente a monte del punto sanguinante, ma questa tecnica non è esente da rischi. Inoltre è necessario che venga reintegrato il volume di sangue perduto, mediante perfusione in vena di soluzioni di riempimento (gelatine, destrani); queste ultime sono però insufficienti nei casi più gravi, che richiedono di procedere a una trasfusione sanguigna.