Sinusite -Trattamento
Un 40% circa dei casi di sinusite batterica acuta si risolve spontaneamente, ma è comunque raccomandata la terapia antibiotica in quanto si ritiene che faciliti il recupero e la guarigione, prevenga le complicazioni e in primo luogo i cambiamenti mucosi progressivi che possono portare a una sinusite cronica.
La scelta dell’antibiotico dipende ovviamente dal microrganismo in causa, ma più spesso il medico affronta la prescrizione ragionando sulla probabilità che siano coinvolti più batteri: attualmente i farmaci di prima scelta sono ampicillina o amoxicillina, trimetoprim-sulfametossazolo, acetil-aefuroxime o cefpodoxime, claritromicina o azitromicina (in caso di allergia a penicilline).
Nella sinusite non complicata solitamente il trattamento antibiotico viene continuato per 10-14 giorni; il miglioramento clinico si verifica di solito entro 48-72 ore dall’ inizio della terapia antimicrobica, che va comunque continuata per almeno 7 giorni dopo la scomparsa dei sintomi. In assenza di miglioramento clinico dopo le 48-72 ore, il medico potrebbe decidere di cambiare antibiotico per colpire batteri resistenti ai farmaci somministrati in prima scelta, per esempio somministrando, al posto della sola amoxicillina, amoxicillina e acido clavulanico in associazione. Rispetto al trattamento per la sinusite acuta, il trattamento medico della sinusite cronica ha un ruolo limitato: poiché nei casi cronici sono spesso implicati degli anaerobi o un’associazione di batteri anaerobi e aerobi, la scelta dell’antibiotico deve includere una copertura anaerobica. La terapia deve essere continuata per almeno 4 settimane. I decongestionanti nasali vengono utilizzati in aggiunta al trattamento di molti casi di sinusite per ridurre il gonfiore delle mucose, migliorando così l’accesso dell’aria e la fuoriuscita delle secrezioni dagli osti sinusali. Sono disponibili sostanze per uso locale e per uso generale. L’uso di prodotti per via nasale non deve superare i 3 giorni, mentre i decongestionanti somministrati per via orale (per esempio, pseudoefedrina e fenilpropanolefrina) possono essere assunti per tempi più lunghi, ma prestando particolare attenzione a effetti collaterali quali nervosismo, insonnia, tachicardia e ipertensione; per ridurre la densità del muco possono essere impiegati mucolitici. I cortisonici nasali riducono il gonfiore del complesso ostio-meatale, e risultano più efficaci se utilizzati in concomitanza con farmaci antibiotici. Il beneficio massimo si ottiene però solo dopo 1-2 settimane; la terapia successiva dipenderà dalla risposta terapeutica e da altri trattamenti utilizzati. In sostanza i cortisonici possono essere utili in presenza di una sinusite cronica o nell’uso profilattico della sinusite ricorrente. Gli antistaminici vengono utilizzati nel trattamento della sinusite allergica, potendo tuttavia presentare come effetti collaterali la sedazione e l’eccessiva secchezza nasale con formazione di croste.
Terapia chirurgica L’intervento chirurgico può essere preso in considerazione sia in caso di ostruzione meccanica comprovata di un seno paranasale, sia in presenza di un’infezione residua anche dopo adeguato trattamento medico. Scopo dell’intervento chirurgico è quello di stabilire un adeguato drenaggio dei seni, sia in presenza attraverso tecniche minime che ripristinino il drenaggio mucociliare fisiologico oppure mediante tecniche più aggressive, che implicano l’apertura con rimozione od obliterazione del seno.
FESS è un acronimo che sta per Functional Endoscopic Sinus Surgery (chirurgia endoscopica funzionale dei seni) e indica un insieme di tecniche endoscopiche che ha rivoluzionato l’approccio alla sinusite. L’intervento ha l’obiettivo di ripristinare la fisiologia dell’aerazione e del drenaggio dei seni attraverso il complesso ostio-meatale, minimizzando nel contempo l’intervento chirurgico. Le percentuali più alte di successo si sono avute in pazienti con episodi acuti ricorrenti o con sinusite cronica nonostante una terapia medica massimale. I pazienti con polipi recidivanti, gravi allergie, una storia di interventi chirurgici esterni pregressi o con uno stato di immunocompromissione possono sottoporsi a FESS, ma con percentuali di successo inferiore.
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