LINFOMILEUCEMIE -Linfomi non Hodgkin
Decisamente più complessa è la classificazione dei linfomi non Hodgkin: se ne distinguono infatti oltre trenta sottotipi, ciascuno con caratteristiche cliniche e biologiche peculiari; ai fini pratici, comunque, si può utilizzare la suddivisione tra linfomi indolenti e linfomi aggressivi.
I linfomi indolenti hanno una storia naturale che evolve nell’arco di anni, con una sopravvivenza media di circa una decina di anni: il paradigma di queste forme è il linfoma follicolare, il più comune dei linfomi indolenti.
Si manifesta di norma con un ingrossamento linfonodale non doloroso, spesso con localizzazioni multiple presenti già al momento della diagnosi (solo il 15% dei pazienti presenta infatti una forma localizzata della malattia). In una minoranza di casi, meno comunemente rispetto al linfoma di Hodgkin, sono presenti febbre, sudorazioni notturne, calo ponderale (cosiddetti sintomi B). In molti soggetti vi è una storia di mesi o anche di anni di fluttuazioni volumetriche degli ingrossamenti dei linfonodi.
Nel tempo il linfoma follicolare può acquisire altre alterazioni genetiche, oltre a quelle che ne hanno determinato l’insorgenza, ed evolvere in un linfoma aggressivo, refrattario al trattamento.
L’approccio terapeutico è abbastanza variabile: un trattamento chemioterapico e radioterapico può portare a guarigione nelle forme localizzate di malattia. Nelle forme avanzate molti tipi di trattamento inducono la regressione del tumore, ma non è ancora chiaro se esista una qualche terapia in grado di modificare la storia naturale della malattia.
Astensione terapeutica, monoterapia con un farmaco alchilante, polichemioterapia, agenti biologici come l’interferone o l’anticorpo monoclonale rituximab costituiscono approcci egualmente appropriati, che di volta in volta vengono utilizzati nella pratica clinica.
Oltre il 90% dei pazienti risponde alle cure, con risposta completa in oltre la metà di quelli trattati con schemi aggressivi: nei soggetti più giovani può essere considerato un approccio con alte dosi di chemioterapia e trapianto di cellule staminali.
I linfomi aggressivi sono un gruppo di neoplasie linfoidi caratterizzato da una storia naturale di particolare aggressività; la sopravvivenza media è di poco superiore ai sei mesi e quasi tutti i soggetti non trattati muoiono entro un anno.
La malattia può presentarsi come un ingrossamento linfonodale senza sintomi, oppure con sintomi riferibili al coinvolgimento di qualunque stazione linfonodale, organo o tessuto extranodale: la localizzazione intratoracica (localizzata nel mediastino), può provocare ostruzione dei grossi tronchi venosi del collo o dell’arto superiore, con gonfiore “a mantella” del collo e della parte superiore del torace, mentre la tumefazione dei linfonodi situati nel retroperitoneo può determinare ostruzione degli ureteri e quella dei linfonodi addominali può dare disturbi nello svuotamento del tubo digerente; il coinvolgimento del sistema nervoso centrale può provocare cefalea, confusione mentale o paralisi, infine la localizzazione nelle ossa può provocare fratture patologiche, da trauma minimo o spontanee. In quasi la metà dei pazienti sono presenti i sintomi B (febbre, sudorazioni notturne, calo ponderale).
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