LINFOMILEUCEMIE -Trapianto di midollo
Si tratta di un trapianto (o meglio di infusione) di cellule staminali emopoietiche capaci di attecchire in un midollo, di maturarvi e di dare origine alle cellule mature del sangue circolante; il midollo viene preventivamente trattato con farmaci citotossici o con radiazioni ionizzanti in modo da distruggere le cellule in esso contenute.
Si distingue un trapianto autologo o autotrapianto, in cui la fonte di cellule staminali è il paziente stesso, e un trapianto allogenico, in cui il donatore può essere o no un familiare.
Per comprendere il funzionamento dell’autotrapianto, si consideri che la terapia di numerose neoplasie del sangue e di alcuni tumori solidi ha mostrato un effetto dose-risposta, ha evidenziato cioè risultati tanto più efficaci quanto maggiori erano le dosi dei farmaci antitumorali (chemioterapia antiblastica) e delle radiazioni somministrate; si consideri inoltre che il principale fattore limitante le dosi della terapia antitumorale è proprio l’effetto tossico sul midollo. Ebbene, il trapianto autologo permette di somministrare al malato un regime di farmaci antitumorali molto elevato: il ripristino di una normale produzione delle cellule del sangue a livello del midollo (processo di emopoiesi midollare), che sarebbe impossibile dopo tali trattamenti aggressivi, viene affidato proprio alla reinfusione, dopo tale terapia, di cellule staminali dello stesso paziente, precedentemente raccolte e opportunamente conservate.
Il trapianto allogenico mira invece a sostituire le cellule staminali del paziente con cellule staminali ottenute da un donatore sano. In questa procedura il problema principale è la compatibilità, ovvero la possibilità per le cellule donate di essere accettate dal ricevente senza essere distrutte perché considerate estranee all’organismo. Tra i numerosi sistemi di compatibilità tissutale, il principale è il sistema HLA: l’identità per gli antigeni di questo sistema è requisito fondamentale per il successo del trapianto. La probabilità che vi sia variabilità (polimorfismo) del sistema HLA è minore nell’ambito della stessa famiglia (per esempio si osserva un’identità HLA in un quarto dei fratelli); d’altra parte, sono stati ottenuti risultati accettabili anche con trapianti da un familiare con HLA solo parzialmente identico al ricevente.
Data la grande variabilità del sistema HLA, la probabilità di trovare un donatore compatibile al di fuori dell’ambito familiare è assai bassa; per questo motivo sono state costituite in tutto il mondo “banche del midollo” gestite da computer che contengono i dati della tipizzazione HLA di centinaia di migliaia di donatori volontari. Grazie a questo sistema, circa il 60-70% dei pazienti da trattare con trapianto di midollo riesce a trovare un donatore volontario compatibile. Il trapianto allogenico è gravato da una maggiore tossicità rispetto al trapianto autologo: la GVHD (Graft Versus Host Disease, cioè “malattia del trapianto verso l’ospite”) è una complicanza grave causata proprio dall’attivazione dei linfociti del donatore contro i tessuti del ricevente, che non vengono riconosciuti come propri e vengono quindi attaccati e distrutti come se si trattasse di antigeni estranei; il necessario trattamento con farmaci immunosoppressori facilita le infezioni.
I linfociti del donatore esercitano anche una reazione del trapianto verso la leucemia, azione che probabilmente è determinante nel distruggere le cellule leucemiche residue e nel guarire la malattia. Di fatto il trapianto autologo è gravato da una minore mortalità correlata alla procedura, ma comporta anche una maggiore probabilità di recidiva della leucemia, mentre il trapianto allogenico si caratterizza per una maggiore mortalità correlata alla procedura, ma un minor numero di recidive.
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