Trasmissione dei caratteri genetici dai genitori alla prole.
Cenni storici
Le prime leggi dell’ereditarietà furono enunciate dal monaco e botanico austriaco Gregor Mendel nel 1866. Egli dimostrò che i caratteri ereditari si trasmettono indipendentemente gli uni dagli altri, e scoprì l’esistenza di caratteri dominanti e recessivi in un ortaggio, la pianta del pisello. All’inizio del XX sec. lo statunitense Walter Stanborough Sutton (1877-1916) e il tedesco Theodor Boveri (1862-1915) avanzarono l’ipotesi della localizzazione cromosomica dei caratteri ereditari. Nel 1910 il biologo statunitense Thomas Hunt Morgan dimostrò che il sesso è determinato da una coppia di particolari cromosomi.
Grazie agli esperimenti compiuti sulla drosofila (moscerino dell’aceto), stabilì che l’informazione genetica è frammentata in migliaia di geni, che possono andare incontro a mutazioni. Nel 1915 pubblicò un’esposizione completa della teoria cromosomica dell’ereditarietà e delle sue leggi.
Autosomi e cromosomi sessuali
Nell’essere umano il nucleo di ogni cellula contiene 44 cromosomi omologhi (a coppie), chiamati autosomi, e due cromosomi sessuali: i cromosomi sessuali della donna sono identici e convenzionalmente indicati con le lettere XX, mentre quelli dell’uomo sono tra loro differenti e definiti dalle lettere XY.
La molecola dell’ereditarietà
Un cromosoma è costituito da due molecole di DNA a forma di elica, associate a proteine. Il DNA è il supporto dell’ereditarietà. La sua molecola presenta segmenti corrispondenti ciascuno a un carattere ereditario determinato (per esempio il colore degli occhi). L’elemento del cromosoma portatore di un carattere ereditario si chiama gene. Ogni cromosoma ne conterrebbe circa 10.000. Tutte le cellule di uno stesso organismo contengono esattamente gli stessi geni, in quanto derivano dalla medesima cellula, che a sua volta è frutto della fusione di un ovulo e di uno spermatozoo al momento della fecondazione.
Caratteri recessivi e dominanti
In base alle leggi dell’ereditarietà, un carattere genetico può essere dominante o recessivo.
Un carattere dominante (come quello “occhi scuri”) si manifesta nel bambino anche se è trasmesso da uno solo dei genitori e si esprime anche se esiste un altro carattere (“occhi azzurri”) sul cromosoma omologo. Un carattere recessivo (per esempio “occhi azzurri”) deve essere trasmesso da entrambi i genitori per manifestarsi nel bambino e può esprimersi solo se è trasmesso dai due geni omologhi. L’ibridazione realizzata da Gregor Mendel tra le varietà di pisello illustra questa differenza: gli incroci tra piselli con la buccia liscia e altri con la buccia rugosa produce nella prima generazione (F1) sempre e solo piselli con la buccia liscia. Soltanto nella seconda generazione (F2) il carattere “buccia rugosa” fa la sua ricomparsa. Il carattere “buccia liscia” è dominante, il carattere “buccia rugosa” recessivo.
Ereditarietà e riproduzione delle cellule
Le cellule del nostro corpo, come gli esseri viventi più semplici (per esempio i batteri) si riproducono per divisione. Il meccanismo di divisione delle cellule sessuali è diverso da quello di tutte le altre cellule dell’organismo.
Una cellula madre non sessuale si divide nel corso di un processo detto mitosi, dando così origine a due cellule figlie che hanno un numero di cromosomi e di geni identico a quello della cellula madre. La cellula sessuale, o gamete, si forma nel corso del processo di divisione detto meiosi. La meiosi avviene esclusivamente nell’ovaio e nei testicoli, e porta alla formazione di cellule che contengono ciascuna solo la metà del materiale genetico presente nelle altre cellule, cioè 23 cromosomi, di cui uno sessuale: X per l’ovulo, X o Y per lo spermatozoo. L’incontro di un ovulo e di uno spermatozoo al momento della fecondazione dà vita a una cellula che contiene di nuovo 46 cromosomi, di cui 23 provengono dal padre e altrettanti dalla madre. I due cromosomi sessuali saranno XX per la femmina e XY per il maschio.
Ereditarietà autosomica ed ereditarietà legata al sesso
Alcuni caratteri e alcune malattie possono essere trasmessi dai genitori ai figli attraverso i cromosomi non sessuali, o autosomi (ereditarietà autosomica), oppure attraverso i cromosomi sessuali (ereditarietà legata al sesso). Il principio dell’ereditarietà autosomica di un carattere dominante si manifesta per esempio nella sindattilia, malformazione ereditaria a trasmissione autosomica che dà luogo alla fusione delle dita delle mani o dei piedi. Il gene D portatore del carattere “sindattilia” è dominante. Al momento della fecondazione i cromosomi coinvolti, che dipendono dallo spermatozoo e dall’ovulo presenti e che possono quindi ciascuno essere portatori del gene D o del gene d (recessivo), si combinano in una di queste quattro possibilità: gene D del padre e gene D della madre (DD), gene D del padre e gene d della madre (Dd), gene D della madre e gene d del padre (Dd), gene d della madre e gene d del padre (dd). Solo la prole che presenta l’associazione dd non è portatrice del gene D della malattia. La sindattilia dei genitori si ritrova in tre discendenti su quattro: ciò dimostra che è sufficiente un solo gene D nel cromosoma perché l’anomalia si esprima nell’individuo. Il principio dell’ereditarietà legata al sesso può essere illustrato dall’emofilia. X e Y sono i cromosomi sessuali sani trasmessi a un maschio. Il cromosoma x´ è il cromosoma sessuale portatore del gene recessivo dell’emofilia. Al momento della fecondazione, i cromosomi sessuali coinvolti formeranno una delle quattro combinazioni seguenti: cromosoma X del padre e cromosoma x´ della madre (Xx´), cromosoma X del padre e cromosoma X della madre (XX), cromosoma x´ della madre e cromosoma Y del padre (x´Y), cromosoma X della madre e cromosoma Y del padre (XY). Solo la prole con cromosoma XX (femmina sana) e XY (maschio sano) non è portatrice della malattia. Il gene dell’emofilia è presente nei discendenti Xx´ e x´Y, che possono trasmetterlo. Tuttavia, a parte rarissime eccezioni, la malattia non si svilupperà nel soggetto Xx´ (femmina portatrice dell’emofilia), perché il cromosoma x´, recessivo e portatore della malattia, non potrà esprimersi in presenza di un cromosoma omologo X, dominante e sano. Per contro, il soggetto x´Y (maschio emofilico) svilupperà la malattia: poiché i due cromosomi omologhi sono cromosomi sessuali non portatori dello stesso carattere, l’uno non può impedire all’altro di esprimersi.
Le malattie ereditarie
Le malattie ereditarie sono dovute alla mutazione di un gene, cioè all’alterazione delle informazioni di cui è portatore. Queste informazioni costituiscono le istruzioni che definiscono l’elaborazione e il ruolo di una proteina. Quando il gene muta, la proteina elaborata viene modificata e non è più in grado di svolgere la propria funzione normale, fenomeno che dà luogo a una patologia particolare trasmissibile da una generazione all’altra.
Victor Almon Mac Kusick, genetista statunitense nato nel 1923, ha classificato più di 5000 malattie genetiche.