Il termine omeopatia deriva dalle parole greche omoios (simile) e pathos (sofferenza), e qualifica una disciplina medica caratterizzata da un peculiare metodo clinico e terapeutico: tale metodo consiste nell’applicazione del principio di similitudine e nell’impiego terapeutico di medicinali, a dosi estremamente diluite o infinitesimali, preparati secondo la tecnica detta dinamizzazione.
Il termine medicina omeopatica indica due particolari sistemi di cura:
1. l’utilizzo a scopo terapeutico di dosi diluite e “dinamizzate” di sostanze il cui potere di indurre una malattia (patogenetico) è stato verificato sperimentalmente su uomini sani;
2. un metodo particolare di cura basato sulla visione globale del paziente malato e dei suoi sintomi anziché sull’esclusiva osservazione dei sintomi della sua malattia.
La visita medica omeopatica, infatti, è volta a indagare non solo la natura della malattia ma anche la sua “causalità” e le sue “modalità”, dove con il primo termine si intendono le circostanze ambientali, fisiche e psicologiche che possono avere influenzato la comparsa della malattia, con il secondo i modi di reagire individuali ai sintomi della malattia. C’è anche da considerare che, secondo la medicina omeopatica (a differenza della biomedicina occidentale), i sintomi non rappresentano soltanto l’espressione della malattia, ma anche il tentativo dell’organismo di porvi riparo: per esempio, una febbre rappresenta la risposta immunitaria all’infezione, e la tosse aiuta l’organismo a liberarsi del muco e dei germi che lo hanno aggredito. I medicinali omeopatici pertanto non devono intendersi come finalizzati a sopprimere i sintomi di malattia, come accade nella medicina classica (farmaci antifebbrili, anticatarrali, antidiarroici, antibiotici, antinfiammatori e così via), ma piuttosto come agenti di supporto alla reazione di “autoguarigione” dell’organismo malato. Infine, in omeopatia la diagnosi di malattia prevede sempre la considerazione globale del malato: non esiste la malattia, ma il malato, e da ciò deriva che la presa in carico dell’intero individuo è un momento imprescindibile del trattamento omeopatico. La visita omeopatica, dunque, è caratteristica e in parte differente dalla visita della medicina classica, in quanto prevede sia un peculiare sistema di indagine (semeiotica omeopatica) sia un tempo sufficiente da dedicare all’ascolto della persona.
Concetti chiave della medicina omeopatica
In omeopatia, il presupposto metodologico è che ogni persona abbia un’energia, definita forza vitale o più modernamente risposta di autoguarigione o guarigione biologica. Allo stato di salute corrisponde uno stato di equilibrio e la malattia è originata dal turbamento di tale equilibrio. L’omeopatia si sforza di stimolare i processi e i meccanismi di difesa insiti nell’organismo e finalizzati a prevenire e curare le malattie. Il trattamento omeopatico si basa sulla somministrazione di dosi, estremamente diluite, di sostanze che producono sintomi simili di malattia, quando somministrate in dosi ponderali o tossiche, a persone in buona salute: questo metodo terapeutico si fonda sul principio di similitudine similia similibus curentur (i simili si possono curare con i simili). Il trattamento omeopatico è individualizzato, ovvero adattato alle caratteristiche di ciascun malato e di ciascuna malattia. I medici omeopati selezionano i medicinali omeopatici (detti anche rimedi) in accordo con una fotografia globale del paziente, considerando per ciascun individuo non soltanto i sintomi e i segni della malattia, ma anche lo stile di vita, gli aspetti emozionali e comportamentali e ogni altro fattore utile a inquadrare non solo la malattia, ma l’intero individuo malato. I risultati delle sperimentazioni di molte centinaia di sostanze effettuate in oltre due secoli (sperimentazioni patogenetiche delle sostanze) sono riportati nei testi che nell’insieme costituiscono le cosiddette Materie mediche omeopatiche, da considerarsi come l’equivalente di un prontuario farmaceutico della medicina classica.
Principio di similitudine
La scoperta del fenomeno della similitudine nel mondo occidentale si deve alla scuola ippocratica di Cos (III-IV Secolo avanti Cristo). All’epoca si osservava un fenomeno oggi noto come fenomeno dell’elleborismo: l’elleboro bianco è una pianta che se ingerita provoca una diarrea importante, simile al colera; eppure tale pianta era utilizzata in dosi molto diluite proprio per la cura di diarree gravi, cosiddette coleriformi; il fenomeno dell’elleborismo è tuttora verificabile ed esemplifica il principio secondo cui la stessa sostanza che ad alte dosi provoca la malattia, a dosi infinitesimali la cura. Nella storia della medicina si sono succedute più conferme sperimentali della validità di questo principio. In particolare, agli inizi del Novecento un professore di farmacologia dell’Università tedesca di Greisfwald, Hugo Schulz, ha dimostrato che la risposta dei sistemi biologici alle sostanze è molto diversa a seconda della dose somministrata. Studiando i lieviti, il professore si accorse che l’acido formico, che abitualmente blocca la fermentazione del lievito, la stimola se viene usato in piccole dosi. In seguito alle sue osservazioni sperimentali Schulz elaborò, insieme al medico psichiatra Rudolf Arndt, una legge della farmacologia nota come legge di Arndt-Schulz, secondo la quale dosi deboli di una sostanza determinano nell’organismo effetti opposti rispetto a quelli provocati da dosi forti. In linea generale, le piccoli dosi delle sostanze hanno un effetto stimolante sui sistemi cellulari mentre le alte dosi hanno un effetto inibente. Da allora in poi la ricerca scientifica è stata sviluppata anche nella direzione della verifica del potere farmacologico delle microdosi delle sostanze.
Negli anni quarante del secolo scorso, il fenomeno descritto da Arndt e Schulz prese il nome di ormesi (dal greco ormao, stimolare) o potere enantiodromicodelle sostanze. L’ormesi è stata dimostrata per più di 4000 sostanze ed è ormai un concetto acquisito sia dalla farmacologia sia dalla tossicologia convenzionale. La conferma delle osservazioni di Arndt e Shulz apre il cammino a una nuova concezione della farmacologia dove, accanto al concetto di farmaco inibente (alte dosi della sostanza), trova posto il concetto di farmaco stimolante (basse dosi della stessa sostanza). In altre parole, la farmacologia del futuro dovrà procedere nelle ricerca scientifica in entrambe le direzioni.
Medicinali omeopatici
Il medicinale omeopatico è prodotto a partire da dosi infinitesimali di una sostanza di origine animale, vegetale o minerale. Talvolta si sente dire che l’omeopatia curi con le erbe: questa affermazione crea confusione con altre pratiche terapeutiche che nulla hanno a che vedere con l’omeopatia, per esempio la fitoterapia, la gemmoterapia o l’utilizzo di infusi o decotti erboristici. I medicinali omeopatici sono regolamentati in Italia a livello legislativo dal Codice unico del Farmaco, mentre le regole di buona fabbricazione del medicinale omeopatico sono riportate nelle farmacopee omeopatiche ufficiali: esistono farmacopee europee e americane (quest’ultima è riconosciuta dalla Food and Drug Administration). I medicinali omeopatici vengono descritti con il nome latino della sostanza di origine, seguito dall’indicazione del tipo e del grado di diluizione. Pertanto, sull’etichetta del medicinale si troverà scritto, per esempio, «Arnica montana 9 CH». Per preparare i medicinali omeopatici si utilizzano tre metodi di preparazione: il metodo centesimale hahnemanniano, il metodo korsakoviano e il metodo delle cinquanta millesimali.
Metodo hahnemanniano Con questo metodo si preparano sia le diluizioni decimali (una parte di sostanza viene sciolta in 9 parti di acqua e si ottiene la prima diluizione decimale hahnemanniana, o 1 DH) sia quelle centesimali (una parte viene sciolta in 99 parti e si ottiene la prima diluizione centesimale, o 1 CH). Ogni diluizione successiva si prepara con la stessa tecnica: una parte della prima decimale o centesimale viene nuovamente sciolta in 9 o 99 parti. Nel caso delle diluizioni centesimali, è decisamente improbabile rintracciare molecole di principio attivo in diluizioni superiori alla 12 CH, che pertanto vengono dette ultradiluite o extramolecolari. Ogni volta che il farmaco viene diluito deve essere anche “dinamizzato”, il che vuol dire che gli vanno assestate vigorose succussioni (in pratica dei colpi violenti), in numero predefinito e standardizzato: tanto più è alta la diluizione tanto più elevato sarà il numero di dinamizzazioni impresse alla soluzione. I medicinali omeopatici extramolecolari e altamente dinamizzati vengono prevalentemente utilizzati per la cura delle malattie croniche, mentre quelli a concentrazioni molecolari di sostanza e basso numero di dinamizzazioni vengono più frequentemente utilizzati nella cura delle malattie acute.
Metodo korsakoviano Il metodo korsakoviano, detto anche del flacone unico, fu messo a punto da Simeon Nicolaievich Korsakov, al quale venne affidata la preparazione dei rimedi che lo zar Nicola I avrebbe usato durante i suoi viaggi. Si tratta di un metodo veloce ed economico, che permette di preparare ciascuna diluizione attraverso una tecnica di svuotamento del flacone: si parte da un flacone riempito con la tintura madre della sostanza medicinale, che viene poi svuotato e successivamente riempito con acqua distillata per un numero di volte pari alla diluizione che si vuole ottenere; il flacone viene dinamizzato a ogni passaggio. L’etichetta del medicinale riporta il numero di passaggi e il simbolo K, per esempio «Arnica montana 200 K».
Metodo delle cinquanta millesimali Con questa tecnica, alquanto complessa, si ottengono diluizioni successive diluendo e dinamizzando a ogni passaggio una parte della sostanza in cinquantamila parti di solvente (1:50.000). Nell’etichetta la diluizione viene riportata come nell’esempio «Arnica montana 6/LM (o 6/50LM)».
Forme farmaceutiche
Come avviene per gli altri farmaci, anche i medicinali omeopatici si trovano in commercio in diversi tipi di formulazioni. In particolare: tubi granuli (contengono saccarosio e lattosio) e gocce (preparate in alcol per lo più al 30%), utilizzati abitualmente per terapie continuative; dose globuli, utilizzati per le somministrazioni uniche del medicinale, soprattutto nelle malattie acute o quando la terapia non preveda assunzione quotidiana dei medicinali; capsule contenenti i granuli, per lo più utilizzate per somministrare dosi progressivamente più diluite; fiale bevibili o iniettabili; colliri; sciroppi; supposte; creme. Un’altra formulazione è quella dei magistrali, o estemporanei omeopatici, i quali contengono un insieme di medicinali preparati dal laboratorio omeopatico su formula dell’omeopata. Solo per quest’ultimo tipo di preparazione, che in Italia è normata come preparazione galenica, vi è l’obbligo di ricetta medica, mentre tutte le altre preparazioni sono al momento acquistabili anche senza ricetta, in quanto i medicinali omeopatici vengono compresi in termini legislativi tra i medicinali senza obbligo di prescrizione.
Indicazioni e limiti d’impiego dell’omeopatia
Il trattamento omeopatico non è capace di produrre alcun effetto terapeutico nei casi in cui si sia perduto il potere di autoguarigione. Per tale ragione non può essere utilizzato per riparare funzioni perdute del sistema nervoso, per ripristinare ormoni quando la ghiandola endocrina abbia perso completamente la sua funzione (per esempio nel diabete insulino-dipendente) e nelle patologie in cui sia richiesto un intervento chirurgico inderogabile. Come trattamento complementare può, viceversa, contribuire a migliorare le condizioni di vita nei casi di patologie che necessitino di terapie gravate di importanti effetti collaterali (chemioterapia antitumorale, terapia cronica di malattie autoimmuni ecc.). L’omeopatia è utile nella cura della maggior parte delle malattie acute e croniche, sia come unica terapia sia come complemento a farmaci chimici. La scelta del migliore sistema di cura (classico oppure omeopatico) è affidata al medico, il quale dovrebbe essere esperto in entrambe le medicine.
Effetti avversi
L’immissione in commercio dei medicinali omeopatici, anche quando in concentrazioni molecolari, viene autorizzata alla prima diluizione non tossica, e per questo motivo non possono avere effetti tossici. All’inizio della cura omeopatica, tuttavia, si può osservare un transitorio aggravamento dei sintomi, fugace e abitualmente non grave, che viene interpretato come l’avvio della reattività dell’organismo verso l’autoguarigione. [S.B.]