Oppioidi -Meccanismo d’azione
Solo nel 1973, con la scoperta e l’identificazione delle strutture cellulari complesse dette recettori, si venne a conoscenza del meccanismo d’azione dei farmaci oppioidi. Due anni più tardi vennero scoperte alcune sostanze dell’organismo che hanno azione simile alla morfina: si trattava di molecole formate da più aminoacidi (peptidi) e prodotte dalle cellule nervose, che avevano efficacia antalgica. Hughes e Kosterliz chiamarono queste sostanze enkefaline, perché furono isolate per la prima volta da tessuto cerebrale. Oggi si conoscono quattro principali tipi di recettori per gli oppioidi, indicati come m (mu), k, d (delta) e s (sigma): di questi, i primi tre sono i più noti e importanti e vengono ulteriormente classificati nei sottotipi m1 e m2, k1, k2 e k3, d1 e d2. I farmaci oppioidi più comunemente usati nella pratica clinica si legano selettivamente ai recettori m: il loro sito d’azione principale, ma non unico, si trova nel midollo spinale. Il legame tra oppioide e recettore impedisce la trasmissione dell’impulso doloroso dal midollo spinale all’encefalo (talamo e corteccia cerebrale) realizzando così un’efficace analgesia. Alcuni farmaci oppioidi (morfina, metadone, fentanyl, ossicodone, idromorfone, bruprenordina) aumentano il loro effetto all’aumentare della dose: per essi quindi non esiste una dose massima, come per tutti gli altri farmaci, ma piuttosto una dose appropriata, da intendersi come la dose minima efficace in grado di controllare il dolore del paziente con minimi effetti collaterali.
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