Stipsi -Diagnosi
Per consentire la diagnosi di stipsi bisogna riferire al medico il maggior numero possibile di particolari sui disturbi accusati e, con la massima precisione possibile, le caratteristiche delle feci (consistenza, colore), la frequenza delle evacuazioni (chiarendo in particolare se recentemente vi sono state variazioni rispetto alle abitudini normali), la presenza di sangue visibile, l’eventuale utilizzo abituale od occasionale di farmaci per favorire le evacuazioni, la concomitanza di altre malattie o terapie con farmaci.
Sulla base di queste informazioni e della valutazione dell’addome e dell’ano-retto (in genere anche tramite l’esplorazione digitale) il medico deciderà l’opportunità di effettuare accertamenti più approfonditi: in particolare, egli farà eseguire ulteriori accertamenti in presenza di segni di allarme (per esempio la presenza di sangue nelle feci consiglia fortemente l’esecuzione di una colonscopia) e per definire il tipo di stipsi (da rallentato transito oppure da alterazione della defecazione). In linea di massima, il medico prescrive un primo trattamento per la stipsi (che consiste nell’aumentare l’apporto di liquidi e fibre), quindi rivede il paziente dopo un paio di settimane per disporre di un numero maggiore di elementi e decidere se sono necessari ulteriori accertamenti.
Gli esami diagnostici oggi disponibili consentono di valutare la presenza di alterazioni della motilità intestinale (radiografia diretta, transito del colon, biopsia rettale) o della defecazione (espulsione del palloncino, manometria anorettale, defecografia).
Lo studio radiografico dei tempi di transito del colon prevede l’ingestione da parte del paziente di piccoli marcatori radiopachi (per esempio sferette), che vengono espulsi più o meno rapidamente a seconda dell’efficienza della motilità intestinale; durante il periodo di tempo in cui questi “marcatori” si trovano nel colon vengono effettuate delle radiografie per studiare la motilità dei diversi tratti; il tempo normale di espulsione è di circa 30-35 ore.
La biopsia rettale può essere utile in alcuni casi per lo studio della motilità intestinale e viene effettuata nel corso di un piccolo intervento chirurgico; è necessario infatti prelevare un campione piuttosto spesso di parete colica (le biopsie che vengono effettuate durante una colonscopia, per esempio, sono troppo superficiali); la successiva valutazione al microscopio consente, in particolare, di evidenziare eventuali alterazioni dei neuroni che innervano il colon, responsabili della trasmissione dell’impulso che consente a quest’organo di muoversi.
La manometria anorettale consente di studiare, tramite piccole sonde o dispositivi come palloncini gonfiabili a diverse dimensioni, introdotti nel retto, la sensibilità e la capacità del retto e dell’ano di contrarsi, ovvero degli elementi basilari dell’atto della defecazione.
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