Sindrome da stanchezza cronica è il nome scientifico con cui si indica il complesso dei disturbi che contraddistingue una particolare tipologia di pazienti, in primo luogo uno stato marcato di stanchezza (astenia) che dura da mesi.
Si tratta di una situazione particolarmente invalidante, non attribuibile a cause note di malattia, a cui si associano dolori muscolo-scheletrici, disturbi del sonno, sensazione di riduzione delle capacità intellettive e della memoria: il risultato finale è una compromissione grave delle attività quotidiane.
Questa sindrome interessa una percentuale molto piccola della popolazione adulta (23-42 individui su 1000); l’esistenza della sindrome nei bambini è discussa, mentre negli adolescenti sono segnalati casi, specialmente associati a disturbi di personalità. Oltre i tre quarti degli individui con sindrome da stanchezza cronica sono femmine; l’età media di insorgenza è tra i 29 e i 35 anni; la durata media è tra i 3 e i 9 anni.
Sintomatologia clinica
I pazienti con sindrome da stanchezza cronica presentano una persistente e grave sensazione di affaticamento; molti presentano più sintomi concomitanti e, in alcuni, il dolore e i disturbi cognitivi si manifestano in modo rilevante quanto la fatica.
I sintomi che vengono riferiti sono moltissimi: dolori muscolari (mialgie), difficoltà di memoria e di concentrazione, disturbi gastrointestinali, cefalea, dolori articolari; sono talora inoltre presenti capogiri, nausea, anoressia, sudorazioni notturne. Molti pazienti indicano che i sintomi sono insorti all’improvviso dopo una malattia infettiva. Esistono numerose evidenze che dimostrano l’associazione tra la sindrome da stanchezza cronica e la presenza di disordini psichiatrici, in particolare di depressione. L’astenia interviene prima dello sforzo ed è caratterizzata dall’estrema difficoltà o impossibilità ad adempiere ai propri compiti.
Cause
Innumerevoli studi sono stati condotti per indagare la possibile causa di questa sindrome. In particolare, sono state indagate infezioni virali, disfunzioni del sistema immunitario, difetti del sistema nervoso centrale e della struttura muscolare, oltre a disturbi del sonno e a processi neuro-psicologici. Di fatto, attualmente le cause sono sconosciute, anche se si ritiene che siano comunque costituite dal concorso di molteplici fattori. Si presume che la personalità dell’individuo e il suo stile di vita possano influire sulla predisposizione a sviluppare tale sindrome. All’insorgenza potrebbero contribuire anche fattori genetici e a questi potrebbe attribuirsi la maggior predisposizione delle donne rispetto agli uomini: studi condotti sui gemelli, per esempio, hanno rivelato una predisposizione familiare, anche in assenza di anomalie genetiche dimostrate. Si sa che gli stress acuti, fisici e psichici, possono scatenare l’insorgenza della sindrome, mentre tre quarti dei pazienti che ne sono affetti aveva in precedenza contratto una sindrome influenzale o infezioni quali la mononucleosi; sono stati segnalati anche casi sviluppatisi in seguito a febbre Q e a malattia di Lyme. Tra i fattori precipitanti di tipo psicologico vengono segnalati la perdita di una persona cara o del lavoro.
Diagnosi
Sebbene siano stati sviluppati diversi protocolli per la diagnosi di sindrome da stanchezza cronica, vi sono ancora difficoltà nel diagnosticarla con precisione, anche perché la diversità dei disturbi lamentati spinge spesso il paziente a rivolgersi a specialisti diversi. Oltre all’anamnesi e a un meticoloso esame obiettivo, sono necessari un esame dello stato mentale e alcuni test di laboratorio, che servono per escludere la presenza di altre malattie. Al fine di ottimizzare il processo diagnostico, può essere utile la somministrazione di un questionario per indagare la gravità dei sintomi e la disabilità che ne deriva. Per effettuare la diagnosi occorre escludere la presenza di tumori, malattie autoimmuni, borreliosi, tubercolosi, toxoplasmosi, istoplasmosi, sarcoidosi, miastenia, polineuropatie, miodistrofie, alcolismo cronico, dipendenza da sostanze psicoattive o da farmaci, malattie endocrine, polmonari, cardiache e del fegato.
Trattamento
La terapia del comportamento unita a un graduale e programmato esercizio fisico sono gli unici interventi dimostratisi efficaci. L’esecuzione di esercizi quotidiani di tipo riabilitativo, progressivamente più intensi, permette un recupero del paziente e delle sue attività quotidiane. Gli antidepressivi non si sono dimostrati al momento utili nel risolvere la sintomatologia e anche il trattamento con le immunoglobuline si è rivelato inefficace. [M.R., G.G.]