Per poter vivere è necessario che tutte le parti del nostro organismo ricevano continuamente ossigeno ed energia attraverso il sangue. Il flusso del sangue viene assicurato dal cuore, le cui cavità si riempiono di sangue che viene poi spinto nelle arterie dalle sue contrazioni, essendo il cuore un muscolo potente e molto resistente.
Quando una persona affronta uno sforzo, gli servono più ossigeno e più energia e, per questo motivo, il cuore deve assicurare una maggior quantità di flusso sanguigno.
Tutto questo accade normalmente nelle persone in buona salute e senza che ce ne accorgiamo, per cui riusciamo a passare da situazioni a “basso consumo” (come il sonno) ad altre con consumi elevatissimi, come accade per esempio a un atleta in gara.
Se il cuore si ammala, però, può non essere più in grado di garantire un flusso adeguato a tutte le esigenze dell’organismo: è questa la situazione definita scompenso cardiaco o insufficienza cardiaca.
Va da sé che se il cuore è solo lievemente danneggiato, il problema si manifesterà solo quando si devono compiere sforzi importanti (correre a lungo, trasportare dei pesi ecc.), ma se la malattia si aggrava il cuore potrebbe non riuscire più a sostenere neppure attività ordinarie come passeggiare, cucinare e così via, fino ai casi più gravi in cui diventa impossibile per il cuore fornire l’ossigeno e il nutrimento necessari anche solo a mantenere una situazione di riposo.
Come si manifesta lo scompenso cardiaco
Chi soffre di scompenso lamenta tipicamente difficoltà di respiro o senso di stanchezza spiccata, disturbi peraltro molto comuni in quanto possono essere provocati da molti altri problemi di salute e, in alcuni casi, da situazioni particolari, quali un importante aumento di peso o la perdita di allenamento nello svolgere una determinata attività.
Per questo motivo la sola presenza di stanchezza o di mancanza di respiro non consente di stabilire che è presente uno scompenso cardiaco; per farlo sono necessari esami specifici che analizzino la funzione del cuore e, soprattutto, serve la valutazione del medico. Considerazioni analoghe valgono anche per un disturbo che spesso è presente in caso di scompenso: il gonfiore alle gambe, dovuto all’accumulo di liquidi negli arti inferiori, una situazione frequente che può derivare dalla presenza, per esempio, di vene varicose o anche dal semplice fatto di rimanere a lungo in piedi. Per questo è importante che ci si affidi al medico che in presenza di disturbi magari vaghi potrà stabilirne la causa esatta.
Le cause dello scompenso
La presenza di scompenso cardiaco non ci dice però nulla sul motivo che lo ha provocato; le cause di scompenso possono essere molte e, a volte, possono coesistere: il cuore può essere danneggiato da un recente infarto, ma anche da anni di pressione arteriosa eccessivamente alta, o dalla presenza di aritmie e così via.
In altre parole, lo scompenso cardiaco rappresenta l’evoluzione di diverse malattie cardiache. Individuare la causa (o le cause) di scompenso è fondamentale per poter offrire le cure migliori. Nonostante il fatto che le malattie dell’apparato cardiocircolatorio rimangano il più importante problema di salute nelle società occidentali, la sopravvivenza dei malati è molto migliorata. Questo fatto, di per sé molto positivo, fa sì che più persone possano andare in contro a un graduale peggioramento della funzione cardiaca, cioè a uno scompenso. Analoghe considerazioni valgono per l’aumento della durata di vita: dato che lo scompenso è molto più frequente negli anziani, l’invecchiamento della popolazione comporta anche un aumento dei casi di scompenso cardiaco. Questo fenomeno è particolarmente allarmante non solo in termini di salute, ma anche in termini economici (i ricoveri per scompenso rappresentano la seconda voce di spesa ospedaliere in Italia).
Come si cura lo scompenso
La terapia dello scompenso ha fatto grandi progressi negli ultimi decenni: disponiamo di molti farmaci efficaci che hanno l’obiettivo non solo di ridurre o abolire i disturbi, ma anche di prolungare la vita.
In casi particolari, poi, sono disponibili dispositivi elettronici impiantabili (generalmente posizionati sotto i muscoli del petto e collegati al cuore con appositi cavi, detti elettrodi) che si utilizzano sostanzialmente in due circostanze: quando c’è un elevato rischio di aritmie potenzialmente pericolose (defibrillatori) o quando le pareti del cuore hanno perso la sincronizzazione del movimento (pace-maker sincronizzatori).
Accanto a questi strumenti terapeutici, sono in fase di avanzato sviluppo apparecchi che possono identificare segni precocissimi di peggioramento, addirittura con alcuni giorni di anticipo rispetto alla comparsa di disturbi avvertibili dal malato. Questi segnali di allarme possono essere trasmessi anche in modo automatico a distanza, avvisando il personale sanitario del pericolo, consentendo quindi un intervento precoce. Questi progressi non devono però far dimenticare che un ruolo molto importante è svolto dai pazienti e dai loro familiari. Mantenere uno stile di vita sano (non fumare, fare esercizio, evitare il soprappeso, limitare il sale ecc.) è fondamentale per chi soffre di scompenso. Oltre a ciò, solo il malato e chi lo assiste da vicino è in grado di identificare precocemente segni che indicano un iniziale peggioramento della malattia, consentendo al medico d’intervenire immediatamente, evitando così guai peggiori e ricoveri ospedalieri. Analogamente, solo il paziente è responsabile dell’assunzione continuativa e corretta dei farmaci, condizione indispensabile per ottenere i vantaggi consentiti dalle moderne terapie.
Lo scompenso cardiaco è l’incapacità del cuore di soddisfare le esigenze dell’organismo durante le sue tante attività. Tutte le malattie che danneggiano il cuore possono portare a questa situazione: infarto miocardico, alterazioni importanti delle valvole cardiache, malattie ereditarie che “indeboliscono” il muscolo cardiaco, infezioni del cuore ecc. È evidente che, almeno in alcuni casi, l’identificazione della causa può consentire cure mirate, quali, per esempio, sostituire una valvola cardiaca danneggiata o disostruire un’arteria coronaria ostruita da una placca aterosclerotica.
Nella maggior parte dei casi una guarigione definitiva non è possibile, ma grazie alle terapie, il cuore è comunque in grado di svolgere adeguatamente il suo lavoro in circostanze normali. Possono però presentarsi eventi, anche transitori, che mettono in difficoltà il cuore, facendo ricomparire disturbi prima controllati dai farmaci. Le cause sono le più varie: un’infezione (per esempio una polmonite), l’aggravamento di una malattia coesistente (per esempio un diabete), la comparsa di disturbi del ritmo cardiaco (per esempio una fibrillazione atriale), l’uso di farmaci dannosi ecc. Non raramente, poi, la ricomparsa di disturbi è dovuta all’assunzione non corretta della terapia da parte dell’ammalato. Riconoscere la causa di peggioramento è di fondamentale importanza per porre rimedio. Analogamente, tanto prima il malato o i suoi familiari avvertiranno il medico che la situazione sta peggiorando, tanto prima e più facilmente sarà possibile risolvere il problema.
[A.F.]