Tumori della mammella -Terapia
Le opzioni terapeutiche del tumore della mammella dipendono dalla stadio e dal tipo di carcinoma mammario. Generalmente il trattamento prevede la chirurgia, la radioterapia, la chemioterapia, l’ormonoterapia.
Chirurgia È ancora oggi l’arma primaria e insostituibile nella terapia del tumore della mammella, condotta con tecniche d’intervento conservativo o demolitivo.
La prima tecnica consiste nell’asportare solo la parte malata della mammella, ed è possibile quando il tumore ha dimensioni ridotte; prevede l’asportazione dei linfonodi locali, che può anche interessare un “quadrante” completo della mammella (quadrantectomia). Il principale vantaggio della tecnica conservativa è di tipo estetico, poiché permette di preservare l’immagine corporea. Parte integrante della chirurgia conservativa è la successiva radioterapia.
La tecnica demolitiva (mastectomia) viene eseguita sempre meno; prevede l’asportazione totale della mammella, è necessaria quando il tumore è piuttosto esteso ed è associata all’asportazione di linfonodi del cavo ascellare. In alcuni casi compare un gonfiore diffuso (linfedema) del braccio, cui talvolta si associano disturbi della sensibilità tattile e cutanea del braccio (parestesie) o limitazioni nei movimenti della spalla e del braccio. Questi effetti collaterali ben noti possono persistere anche per molti mesi o anni dopo l’intervento, ma solitamente tendono ad attenuarsi con il tempo e con fisioterapia specifica. Quando si procede a un intervento demolitivo, si associa sempre più spesso la chirurgia ricostruttiva, eseguita, quando possibile, nella stessa seduta operatoria con protesi di silicone oppure con tessuto prelevato da altre zone corporee. Da qualche anno è stata introdotta nella seduta operatoria (conservativa o demolitiva) la cosidetta biopsia del linfonodo sentinella, che consente di sottoporre all’esame microscopico un singolo linfonodo posto in un’area particolarmente importante per l’individuazione di eventuali cellule tumorali “fuoriuscite” dal tumore posto nella mammella. Se questo è indenne, non si procede all’asportazione di tutti gli altri, mentre se è interessato da cellule tumorali, si esegue la dissezione del cavo ascellare.
Radioterapia È parte integrante della chirurgia conservativa e serve a ridurre il rischio che, nel tessuto mammario residuo, cellule tumorali possano dar vita a una recidiva, ossia alla ricomparsa del tumore nella stessa sede. La tecnica si basa sull’irradiazione del tessuto mammario rimasto, con radiazioni che attraversano il tessuto e uccidono le cellule tumorali. Il numero di sedute radioterapiche varia in base alla sede e alle dimensioni del tumore asportato. Con le apparecchiature moderne gli effetti collaterali (lesioni di varia entità della cute dell’area radiotrattata, arrossamento, gonfiore e dolore della mammella) sono minimi, anche se interessano la quasi totalità delle donne trattate, per poi scomparire interamente entro 12 mesi dal trattamento.
Chemioterapia e ormonoterapia Sono utilizzati in associazione alla chirurgia e alla radioterapia quando i linfonodi appaiano interessati da cellule tumorali o si evidenzino metastasi a distanza. La chemioterapia consiste nella somministrazione di farmaci particolari.Esistono diversi schemi terapeutici che associano più farmaci, che agiscono a differenti livelli nel distruggere le cellule tumorali. La comparsa dei ben noti effetti collaterali (perdita dei capelli, nausea, vomito, diarrea, dolori diffusi e stanchezza) varia in base al tipo di farmaco utilizzato e allo schema scelto.
L’ormonoterapia utilizza invece farmaci in grado di bloccare la stimolazione, da parte degli ormoni, delle cellule tumorali presenti nell’organismo. Questo è vero soprattutto nei tumori che contengono sulla loro superficie i cosiddetti recettori ormonali, molecole di origine proteica che legano gli ormoni circolanti (estrogeni e progesterone) stimolando la crescita e la diffusione delle cellule. Con il blocco della stimolazione ormonale, perciò, si impedisce a queste cellule di moltiplicarsi e diffondersi nell’organismo. Il farmaco attualmente più utilizzato e studiato è il tamoxifene, che viene somministrato per 5 anni dopo l’intervento. Nelle donne più giovani o comunque non ancora in menopausa, il tamoxifene viene associato agli analoghi del GnRh, che possono ridurre al minimo la produzione di ormoni dell’organismo ma causano la comparsa dei sintomi tipici della menopausa (vampate, secchezza vaginale). Schemi terapeutici più recenti prevedono l’impiego anche di un’altra classe farmacologica, quella degli inibitori delle aromatasi (per esempio l’anastrozolo) in associazione al tamoxifene o come schema terapeutico successivo in caso di recidiva.
Immunoterapia È l’ultima possibilità terapeutica, si avvale della somministrazione dei cosiddetti anticorpi monoclonali, in grado di attaccare le cellule tumorali migliorando le capacità di difesa del sistema immunitario nel combattere il cancro. Attualmente sono ancora poco utilizzati e in via di sperimentazione.
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