Reflusso gastroesofageo -Diagnosi
La diagnosi di MRGE si basa innanzitutto sulla raccolta dei disturbi (più o meno tipici) lamentati dal paziente. A questo proposito sono stati formulati anche degli specifici questionari, che consentono una valutazione più accurata e confrontabile in momenti diversi. La diagnosi si avvale poi di diverse metodiche strumentali. Una di esse, la radiografia del primo tratto del tubo digerente per valutare il calibro dell’esofago e l’eventuale presenza di un’ernia iatale, viene oggi utilizzata solo nei casi in cui non può essere effettuata l’esofagogastroduodenoscopia (EGDS, meglio nota come gastroscopia). Quest’ultima consiste nell’esplorazione della prima parte del tubo digerente con una sonda tubulare flessibile dotata di una microtelecamera, che viene introdotta attraverso la bocca: in questo modo si può valutare la continenza dello sfintere esofageo inferiore, documentare un’eventuale ernia iatale e definire l’entità dell’esofagite. Tramite l’EGDS è inoltre possibile effettuare delle biopsie, la cui analisi permette di identificare un esofago di Barrett o eventuali malattie neoplastiche dell’esofago in fase iniziale. L’EGDS rappresenta quindi l’esame base per porre la diagnosi di reflusso gastroesofageo e delle sue complicanze, ed è sempre necessario eseguirla in caso di sintomi da reflusso persistenti da lungo tempo o insorti recentemente nei pazienti con età superiore a 45 anni, se sono presenti sintomi atipici non spiegabili da altre patologie, se non vi è risposta alla terapia standard, se sono presenti dei sintomi di allarme (perdita di peso, inappetenza, difficoltà nella progressione del cibo in esofago, vomito o sanguinamento). L’EGDS può essere evitata nei pazienti giovani con sintomi da reflusso che rispondono bene alla terapia, e non è necessario ripeterla dopo che è stata posta la diagnosi, a meno che non vi sia una variazione dei sintomi.
Altre indagini utilizzate meno frequentemente consentono di documentare e di quantificare direttamente l’entità del reflusso. Tra queste le più importanti sono la pH-metria (che consiste nella misurazione per 24 ore dell’acidità all’interno dell’esofago tramite una piccola sonda introdotta attraverso il naso) e la manometria (anch’essa effettuata con una sonda introdotta tramite il naso, consente di studiare la pressione e l’attività peristaltica dell’esofago e la funzionalità dello sfintere esofageo inferiore). Questi due esami vengono riservati in genere ai casi in cui sono presenti sintomi persistenti ma in cui l’EGDS è normale, oppure alla valutazione prima e dopo un intervento chirurgico per reflusso gastroesofageo. Un’ulteriore metodica di recente introduzione nella valutazione della MRGE è l’impedenziometria, che consente di registrare in maniera molto accurata gli episodi di reflusso anche di tipo alcalino o poco acido e di differenziare tra il reflusso gassoso e quello liquido (che pare essere quello maggiormente correlato con la MRGE). Tale tecnica, tuttavia, è ancora in fase di studio e non è disponibile nella maggior parte degli ospedali.
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