Rebirthing -Rebirthing e attacchi di panico
Se la respirazione è importante per la salute olistica e la realizzazione personale, la relazione tra respirazione e attacchi di panico è tanto cruciale e diretta che il rebirthing transpersonale si dimostra una tecnica efficacissima per aiutare chi soffre di questo drammatico disturbo.
Solamente dagli inizi degli anni ottanta del Novecento il DAP (Disturbo da Attacchi di Panico) è stato inserito nel manuale diagnostico e statistico redatto dalla American Psychiatric Association come disturbo a sé, specificamente identificato.
Esaminando le persone che soffrono di questo disturbo, si è potuto constatare che nella maggioranza dei casi all’origine del panico c’è un meccanismo molto semplice: individui inconsapevoli di soffrire da tempo di una respirazione non ottimale, irrigidita e contratta sono estremamente spaventati dalle sensazioni che emergono quando inconsapevolmente intensificano la respirazione. La sensazione di “mancanza d’aria” che accompagna a volte l’iperventilazione e i meccanismi associati agli squilibri acido-basici producono sensazioni forti e inaspettate, che il soggetto non sa come affrontare e interpretare e che lo disorientano fortemente.
Si è constatato che i sintomi dell’iperventilazione (capogiro, formicolio alle mani, timore di perdere il controllo emotivo, respiro affannoso, oppressione, vertigine, paura ed eventuale tachicardia) insorgono con estrema facilità in coloro che, senza esserne coscienti, si trovano in condizione di subventilazione, vale a dire respirano male e spesso respirano meno del dovuto.
È stato provato che il corpo umano reagisce a uno stimolo doloroso o spiacevole irrigidendo la muscolatura, mentre uno stimolo piacevole induce rilassamento. Ripetute sensazioni sgradevoli fanno acquisire una tensione che col tempo può assumere caratteristiche di cronicità.
Per i soggetti che soffrono di tale condizione è sufficiente un periodo più o meno breve di tensione psicologica per indurli all’irrigidimento muscolare, il quale a sua volta inibisce la respirazione completa. Dopo un certo tempo in cui il soggetto respira al di sotto di una soglia ottimale, si instaura la predisposizione a fenomeni di iperventilazione spontanea. Spesso tali episodi si manifestano in situazioni di relativo rilassamento, per esempio quando si è da poco superato un periodo di forti tensioni emotive e la situazione inizia a migliorare. Si sono avuti casi di attacchi di panico insorti mentre il soggetto era tranquillamente disteso su una spiaggia, o comunque in situazioni in cui il soggetto non è pressato da necessità impellenti. Per questo non appare evidente il rapporto con il precedente stato di tensione e il soggetto non riesce a spiegarsi i motivi di quello che gli sta accadendo. Ciò induce un intenso stato di paura, che spinge il soggetto a lottare per interrompere il fenomeno al più presto possibile, instaurando un circolo vizioso che non fa che causare frustrazione e ulteriore paura.
I vissuti più comuni sono: timore di perdere il controllo, sensazione di soffocamento, sensazione di svenimento, giramenti di capo, tachicardia, tremori, sudorazione, sensazione di depersonalizzazione, torpore o formicolio, improvvise vampate di calore o senso di freddo, fastidio al torace, paura di morire, paura di impazzire o di fare qualcosa d’incontrollato. Spesso il soggetto teme che sia in corso un attacco cardiaco, un ictus o qualche altro grave disturbo fisico, e quindi si rivolge ai servizi di emergenza dove, esclusa la presenza di malattie acute gravi, il paziente viene trattato con la somministrazione di ansiolitici, senza che abitualmente gli venga fornita una chiara spiegazione dell’accaduto.
Solo al termine della crisi, in qualche caso, il soggetto, se non è troppo condizionato dal ricordo della paura provata, riesce a percepire uno stato di intenso benessere e rilassamento.
Nella maggior parte dei casi il soggetto, non avendo capito la natura del fenomeno e la sua dinamica (e non ricevendo solitamente spiegazioni convincenti in merito) inizia a temere che la crisi possa ripetersi in qualsiasi momento.
Tali sintomi portano al timore di allontanarsi dall’abitazione o di guidare, di restare soli, di affrontare viaggi
con gravi limitazioni della vita personale e sociale.
Il DAP è molto diffuso, e si stima che ne soffra oltre l’8% della popolazione dei Paesi sviluppati, vale a dire un numero estremamente grande d’individui. Esso può colpire improvvisamente individui altresì sani e socialmente realizzati. Al contrario di quanto si era creduto sino ai primi anni ottanta l’attacco di panico non è assimilabile a una forma d’ansia acuta e passeggera, ma è un disturbo a sé stante.
Nella maggior parte dei casi una sola crisi basta a far nascere il timore che essa possa ripetersi. Il soggetto ha un’inconscia paura di respirare liberamente, teme che lasciandosi andare a ciò che ha dentro possa perdere il controllo. Chi ha avuto la prima crisi in aereo avrà paura di viaggiare con quel mezzo e, nel timore che quel qualcosa di strano e incontrollabile possa accadere di nuovo, inizierà a evitare ogni altro mezzo di trasporto, anche l’auto, temendo di essere colto da un attacco magari in pieno traffico. Alcuni ricominciano a guidare solo se accompagnati, per poi restringere ulteriormente il loro raggio d’azione sino a giungere, nei casi più gravi, a temere perfino d’uscire da casa.
Attualmente la terapia medica ritenuta più valida consiste nella somministrazione di antidepressivi, che hanno sostituito i tranquillanti usati in passato; tale intervento non pare comunque risolutivo se non raramente. Alla terapia farmacologica sono spesso associate tecniche cognitivistiche e comportamentistiche e la partecipazione a gruppi di sostegno.
La tecnica del rebirthing ad approccio transpersonale permette, attraverso le sedute di respirazione consapevole (che devono essere necessariamente svolte sotto la guida di un esperto), di risolvere i blocchi che condizionando l’ipoventilazione cronica favoriscono il successivo insorger e di stati di iperventilazione. Con questo metodo si può ristabilire stabilmente l’equilibrio del Ph nel sangue, risolvere i problemi legati all’iperventilazione ed elaborare le emozioni represse e i blocchi bioenergetici che costituiscono le cause nascoste dell’ipoventilazione.
Non si tratta di ridurre la respirazione intenzionalmente per evitare momenti di iperventilazione, ma al contrario di riconoscere che lo stesso respiro che innesca la crisi ne è la cura naturale. Si deve perciò insegnare al soggetto a respirare sino a eliminare lo stato di subventilazione causata dalla “corazza psicosomatica” e risolvere gli stati di iperventilazione involontaria che ne conseguono. Respirare profondamente, sotto la guida di un esperto, consente di superare con facilità i momenti in cui l’ansia si manifesta e si scarica. In un contesto opportuno le sensazioni fisiche ed emotive che conseguono alle modificazioni del respiro possono essere affrontate tranquillamente. Il soggetto riconosce che il respiro non è pericoloso, comprende che le sensazioni che lo accompagnano sono le naturali risposte dell’organismo e si libera dal timore che tali sensazioni siano il segno di reali disturbi fisici o squilibrio mentale. Percepisce anzi che l’attivazione della respirazione produce significativi miglioramenti sul piano fisico ed emotivo.
Oltre a ciò, molto spesso il metodo non solo risulta efficace alla soluzione del problema, ma mette l’individuo in grado di entrare in contatto con profonde dinamiche psicologiche e psichiche, che favoriscono lo sviluppo integrale, la crescita interiore e la salute olistica.
Normalmente le persone non sono consapevoli del respiro e ancor più di rado conoscono gli effetti che esso può produrre se opportunamente indirizzato. Sperimentando il rebirthing con una guida consapevole della dimensione transpersonale si può perseguire uno stato di armonia rispetto al fluire della vita, un “risveglio” e una lucidità significativamente diversi da quelli che utilizziamo nell’esistenza condizionata e inconsapevole del vivere quotidiano. Molti soggetti dopo queste esperienze hanno la sensazione di “vivere per la prima volta”, con una intensa presenza nel “qui e ora”.
In sintesi la pratica del rebirthing ad approccio transpersonale si prefigge tre scopi principali:
- offrire al soggetto uno strumento in grado di aiutarlo a liberarsi dai condizionamenti negativi e dai traumi precedenti, rinnovando le sue energie fisiche e mentali;
- aiutarlo a raggiungere quella conoscenza interiore che lo porterà a intuire i meccanismi mentali che provocano sofferenza e confusione, impedendogli di vivere il “qui e ora” e di godere pienamente di quel che di buono la vita ha da offrire;
- in alcuni casi aprire la via per andare oltre i limiti della “prima mente”, prendendo contatto con il nucleo supercosciente che esiste in noi. Quest’area transpersonale comprende profonde esperienze di risveglio coscienziale e di trasformazione.
I benefici che più comunemente vengono riscontrati dopo un ciclo di sedute consistono in maggiore energia, vitalità e creatività, miglioramento dello stato generale, maggiore stabilità emotiva con conseguente aumento della capacità di esprimere i sentimenti e di sperimentare serenamente le emozioni, miglioramento dei disturbi del sonno, acquisizione progressiva di una maggiore sicurezza nelle proprie risorse interiori. [E.R.]
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