Radioattività
Emissione di radiazioni da parte del nucleo di alcuni atomi di un elemento chimico, che determina la trasformazione di tale elemento in un altro. È una proprietà dei corpi i cui atomi sono instabili a causa della sproporzione tra il numero dei protoni (particelle pesanti dotate di carica elettrica positiva) e quello dei neutroni (particelle pesanti prive di carica) presenti nel nucleo, il quale dunque tende a recuperare l’equilibrio liberando energia.
La radioattività può essere naturale o artificiale, se deriva dall’attivazione dei nuclei atomici ottenuta apportando energia dall’esterno.
Tipi di radioattività
Raggi a (alfa)Raggi le cui particelle sono formate da due protoni e due neutroni; non hanno applicazione diretta in medicina.
Raggi b(beta)Costituiti da elettroni (particelle leggere di carica negativa) o positroni (particelle analoghe agli elettroni, ma di carica positiva), trovano impiego in laboratorio nel dosaggio di molecole biologiche (per esempio ormoni) per mezzo di marcatori radioattivi (radioimmunologia). Vengono inoltre utilizzati nel trattamento con farmaci radioattivi (radioterapia metabolica) e nelle tecniche di imaging medico (tomografia a emissione di positroni).
Raggi X e g(gamma)Hanno natura elettromagnetica, come la luce visibile. Trovano impiego nelle tecniche di imaging medico (scintigrafia e così via) e in cobaltoterapia (trattamento con cobalto radioattivo).
Misurazione della radioattività
L’attività di una sorgente radioattiva si calcola in becquerel (Bq), unità utilizzata per misurazioni su scala atomica (corrisponde a 1 disintegrazione/secondo). Tale unità è tuttavia inadatta per valutare il rischio che le radiazioni rappresentano per l’uomo, e per questo motivo la quantità di radiazioni ricevuta da un organismo (dose assorbita) si misura in gray (Gy). L’effetto prodotto dalle radiazioni non dipende soltanto dalla loro quantità, ma anche dalle loro caratteristiche: per valutarlo si fa appello al concetto di equivalente di dose, espresso in sievert (Sv), che tiene conto di dati sia quantitativi sia qualitativi. Gray e sievert hanno sostituito le vecchie unità, in particolare il rad (100 rad = 1 Gy) e il rem (100 rem = 1 Sv).
Le norme di protezione dalle radiazioni sono volte a limitare i rischi che queste comportano, mantenendone la quantità al livello medio cui tutti siamo normalmente esposti, tenendo conto del livello di radioattività naturale dell’ambiente. Le direttive Euratom del Consiglio dell’Unione Europea fissano la dose annuale ammissibile a 1 mSv (millisievert) per le radiazioni di origine non naturale e a 20 mSv per le categorie professionali più esposte.
Effetti delle radiazioni
Le radiazioni possono esercitare un’azione nociva sull’organismo a causa dell’energia che sprigionano. I raggi a e b sono poco penetranti e risultano pericolosi solo se agiscono dall’interno, per esempio in seguito all’ingestione di prodotti alimentari contaminati; al contrario i raggi g penetrano in profondità e possono attraversare gli organi (per irradiazione).
Gli effetti delle radiazioni sono di due tipi, in quanto possono colpire l’essere vivente direttamente o avere conseguenze sulla sua discendenza. L’entità del danno varia in base alla dose assorbita, alla durata dell’esposizione e all’estensione della regione irradiata. Sono ben noti gli effetti di dosi massicce assorbite in una sola volta da tutto il corpo, mentre è più difficile valutare le conseguenze delle piccole dosi.
Effetti precoci Si manifestano nelle ore, nei giorni o nelle settimane immediatamente successivi all’esposizione a forti dosi. A partire da 0,2 Sv, i primi danni da radiazioni riguardano le cellule ematiche, soprattutto i globuli bianchi (infezioni) e le piastrine (emorragie). Da 1 a 2 Sv si osserva una radiodermite (arrossamento della pelle). Da 3 a 5 Sv insorgono disturbi digestivi (nausea, vomito). Per dosi più elevate, a questi sintomi si aggiungono ustioni estese e problemi nervosi (paralisi).
Effetti tardivi Si manifestano solo per dosi pari o superiori a 1 Sv, con un ritardo medio di 4 anni per le leucemie, 10 anni per le altre forme di cancro. Anche se il rischio di cancro aumenta con l’esposizione a queste dosi, la sua comparsa non è affatto certa. Per dosi più leggere, comprese tra 0,1 e 1 Sv, le neoplasie provocate dalle radiazioni sono eccezionali e riguardano soprattutto i bambini la cui madre è stata esposta durante la gravidanza. L’altra conseguenza dell’irradiazione di un feto è il rischio di malformazioni. L’effetto di dosi inferiori a 0,1 Sv non si è rivelato significativo comparato alla frequenza naturale delle malformazioni nell’uomo. Dosi di maggiore entità giustificano l’interruzione della gravidanza, soprattutto durante i primi mesi. Un altro effetto tardivo della radioattività è l’insorgenza di cataratta (opacizzazione del cristallino) per dosi locali superiori a 1 Sv.
L’uranio impoverito, presente in molti prodotti chimici e in alcuni tipi di proiettile, è composto dall’isotopo 238 che, anche se è il meno radioattivo dei tre costituenti dall’uranio naturale, può accumularsi nei reni. Utilizzato nella guerra del Kosovo (1999), è stato indicato come responsabile di tumori maligni e leucemie, anche se tale coinvolgimento non è stato del tutto dimostrato.
Effetti sulla discendenza Sono state descritte mutazioni in alcuni animali; per contro, non si è osservata alcuna modificazione trasmissibile dei geni nei discendenti delle popolazioni irradiate a Hiroshima e Nagasaki.
Protezione
Nella protezione dalla radioattività si devono osservare quattro regole principali: allontanarsi il più possibile dalla fonte radioattiva, ridurre i tempi di permanenza nelle sue vicinanze, utilizzare schermi protettivi (in piombo o calcestruzzo contro i raggi g) ed evitare per quanto possibile qualunque contatto accidentale.
L’impiego di materiale radioattivo è oggetto di una regolamentazione molto severa.
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