Cardioversione
Metodo di trattamento di alcuni disturbi del ritmo cardiaco tramite shock elettrico esterno. Introdotta nel 1956, la cardioversione viene praticata con l’ausilio di un apparecchio detto defibrillatore: viene detta infatti anche defribillazione (o shock elettrico esterno).
Indicazioni e controindicazioni
Sono diverse a seconda del grado di urgenza della cardioversione. In situazioni di urgenza, spesso ci si trova a dover trattare disturbi del ritmo che possono essere mortali, come la fibrillazione ventricolare (contrazione rapida e irregolare dei ventricoli), soprattutto durante le prime ore dell’infarto del miocardio. Può inoltre rendersi necessario ridurre un altro disturbo del ritmo ventricolare (tachicardia ventricolare) o atriale (fibrillazione o flutter atriale), mal tollerato di per sé o a causa di una cardiopatia soggiacente e suscettibile di ulteriore aggravamento.
Per interventi non estremamente urgenti, la cardioversione può trovare impiego nel trattamento di un’aritmia sorta qualche giorno o settimana prima, in caso di fallimento di un tentativo farmacologico antiaritmico, o nella cura di un’aritmia recidivante sotto terapia farmacologica. Le controindicazioni di questa metodica, che vengono prese in considerazione solo se l’intervento non è estremamente urgente, sono l’età avanzata del paziente (superiore ai 75 anni), la presenza di cardiomegalia (aumentate dimensioni del cuore) molto accentuata o quella di un’insufficienza cardiaca.
Preparazione e svolgimento
La cardioversione si pratica in ambiente ospedaliero. Il dolore toracico che comporta richiederebbe una breve anestesia generale, che può essere impossibile effettuare in casi di estrema urgenza. Il medico applica un primo elettrodo sullo sterno e un secondo sulla parete laterale destra del torace, poi attiva la stimolazione elettrica, il cui effetto è di sospendere in via temporanea l’impulso nervoso cardiaco, allo scopo di permettere al cuore di riattivare normalmente i suoi battiti.
Dopo la cardioversione, è indispensabile tenere il paziente sotto sorveglianza.
Nella maggior parte dei casi la metodica è perfettamente tollerata.
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