Attacchi di panico -La terapia
Il trattamento del DAP in genere non richiede ricovero. Quando il paziente giunge al Pronto soccorso o in altra sede deve essere esclusa qualunque causa organica. Poiché il DAP è spesso associato alla depressione, quando si manifesta nel corso di questa patologia il rischio di suicidio è elevato; in questo caso è necessario ospedalizzare il paziente.
Il disturbo da panico associato ad abuso di sostanze è di difficile gestione. Gli studi dimostrano che una buona percentuale di successo nel trattamento del disturbo si ottiene con la psicoterapia, combinata con l’uso di medicinali. La terapia cognitiva insegna ai pazienti a ridurre l’ansia, usando tecniche di respirazione e volte a migliorare l’attenzione; anche l’impiego di farmaci è finalizzato a ridurre l’ansia, oltre che l’intensità e la frequenza degli episodi.
Le benzodiazepine e gli antidepressivi sono le sostanze più efficaci anche se i pazienti spesso ne hanno timore, in alcuni casi perché non è stata fatta una precisa diagnosi del disturbo, in altri perchè non considerano la patologia così grave da richiedere un intervento farmacologico oppure perché si sentono in imbarazzo all’idea di aver bisogno di queste medicine.
Altre terapie molto usate sono quella espositiva e quella cognitivo-comportamentale: quest’ultima insegna a prepararsi alle situazioni e ai sintomi fisici che possono scatenare l’attacco. Si impara a identificare i circuiti del pensiero che conducono a interpretare male le sensazioni, a respirare, a prevenire l’iperventilazione e a diventare meno sensibile ai sintomi fisici e ai sentimenti di paura.
La parte “comportamentale” comprende tecniche di rilassamento, con le quali il paziente apprende come ridurre l’ansia generalizzata e lo stress che spesso precedono l’attacco di panico, come regolare il proprio respiro ed evitare l’iperventilazione.
Un altro importante aspetto è l’esposizione alle sensazioni fisiche interne, durante la quale il paziente impara a provocare i fenomeni fisici associati agli attacchi di panico (per esempio incrementare il respiro o il battito cardiaco) per ridurre la paura che circonda questi sintomi.
La terapia farmacologica I farmaci servono a prevenire gli attacchi e l’ansia anticipatoria. Le terapie comunemente usate si avvalgono di inibitori del reuptake della serotonina (SSRI), antidepressivi triciclici, benzodiazepine ad alta potenza e inibitori delle monoaminoossidasi (IMAO). Gli SSRI sono efficaci e considerati di prima scelta.
Gli effetti collaterali nelle prime settimane di trattamento sono quelli più fastidiosi per il paziente: ansia, nausea, agitazione, insonnia, che in genere si attenuano iniziando con bassi dosaggi. I problemi di riduzione del desiderio sessuale sono quelli più comuni nel trattamento a lungo termine e spesso conducono a una sospensione prematura della terapia.
Gli antidepressivi triciclici sono stati i primi farmaci impiegati. Si parte da dosaggi bassi che vengono poi aumentati lentamente fino alla dose terapeutica (per ridurre gli effetti collaterali, in particolare stitichezza, visione offuscata, bocca secca, ipotensione, tachicardia, sedazione ma anche l’agitazione che si verifica all’inizio) e l’efficacia non è quantificabile prima di 2-4 settimane. Uno degli effetti indesiderati, che nel tempo può condurre a una sospensione prematura, è l’aumento di peso.
Gli effetti collaterali in genere scompaiono dopo qualche settimana, mentre il trattamento dura solitamente un minimo di sei mesi. Una terapia più breve è possibile ma predispone a ricadute, mentre, al contrario, una più lunga sembra essere associata a minore probabilità di ricomparsa della sintomatologia.
Altri farmaci studiati comprendono venlafaxina, reboxetina, buspirone, bupropione (utilizzato per alleviare gli effetti collaterali sessuali), betabloccanti come propanololo, nefazodone e mirtazapina.
In alcuni studi, in cui il DAP non rispondeva o rispondeva parzialmente, sono stati osservati gli effetti di alcuni antiepilettici: il pregabalin nella fobia sociale e nell’ansia generalizzata, il gabapentin nella fobia sociale, la lamotrigina nel disturbo posttrauamtico da stress e l’acido valproico nel DAP.
Le benzodiazepine ad alta potenza (alprazolam, clonazepam, lorazepam) hanno un effetto rapido e sono ben tollerate dalla maggior parte dei pazienti, ma alcuni possono abusarne; queste sostanze riducono gli effetti collaterali iniziali degli altri farmaci, per questo motivo vengono continuate per almeno sei mesi e successivamente interrotte. è possibile osservare fenomeni da sospensione. Tra gli inibitori delle monoaminoossidasi il più comune è la fenelzina. Il loro utilizzo obbliga il paziente a seguire alcune restrizioni dietetiche, poiché esistono sostanze presenti in certi cibi che possono interagire con il farmaco e determinare innalzamenti di pressione.
I trattamenti combinati sono quelli che danno i migliori risultati in termini di rapidità, efficacia e tassi di ricaduta.
Esistono poi terapie psicodinamiche che si focalizzano su problemi irrisolti da cui possono essere scaturiti gli attacchi.
Anche i gruppi di autoaiuto sono importanti nel dare sostegno e comprensione a chi soffre del disturbo.
[E.D.N., C.M., J.S.]
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