ARTRITI -Quale trattamento
La terapia delle artriti di qualsiasi tipo ha come obiettivi essenziali la riduzione immediata di alcuni sintomi chiave (dolore e limitazione della funzione articolare) e, in proiezione futura, l’arresto o il rallentamento della malattia.
Nel breve termine, il modo più efficace per ottenere la riduzione dei sintomi è contrastare l’infiammazione. A tale scopo i farmaci di primo e più pronto impiego sono gli antinfiammatori non steroidei (FANS) che possono essere di tipo tradizionale (aspirina, indometacina, ibuprofene, naprossene ecc.) o di nuova generazione, come i cosiddetti inibitori delle Cox-2 (Coxib).
Nelle artriti, i FANS, contribuiscono a diminuire oltre al dolore, altri segni dell’infiammazione, inclusi l’eventuale febbre e la rigidità mattutina. Tuttavia questi farmaci possono causare effetti indesiderati per fortuna raramente gravi) specie in soggetti a rischio. I più frequenti sono quelli a livello dell’apparato digerente, seguiti da quelli dell’apparato cardiocircolatorio (in particolare possono provocare un aumento della pressione arteriosa) e del sistema renale. Inoltre, possono comparire problemi di natura allergica. Per evitare o almeno ridurre questi effetti erano stati recentemente prodotti gli inibitori delle Cox-2 che però hanno dimostrato di non essere neanche loro completamente sicuri, come si sperava e ci si aspettava. Ne deriva che, allo stato attuale, conviene considerare i FANS, sia tradizionali sia Coxib, come “buoni” farmaci il cui impiego va però attentamente programmato insieme al medico curante, limitandone drasticamente l’uso spontaneo e improvvisato. In alcune malattie, come nelle artriti da microcristalli e nella spondilite anchilosante, sono spesso sufficienti, mentre in altre forme le loro proprietà antinfiammatorie si rivelano piuttosto limitate e non riescono a produrre gli effetti benefici necessari su alcune sostanze importanti per la genesi e il mantenimento dello stato infiammatorio, quali le sopra citate citochine.
L’effetto antinfiammatorio più potente che si conosca è invece prodotto dai cortisonici (detti anche glucocorticoidi o steroidi) che sono stati impiegati per la prima volta nel lontano 1948 in pazienti con l’artrite reumatoide. Questi farmaci sono estremamente efficaci e utili nel breve temine,ma il loro impiego nel lungo periodo va invece ponderato attentamente in quanto, se assunti ad alte dosi e per anni, possono provocare molti effetti indesiderati, anche gravi, quali l’ipertensione, il diabete e l’osteoporosi. I cortisonici possono essere utili anche per iniezione diretta dentro l’articolazione colpita (iniezione intrarticolare), da preferire nei pazienti in cui solo poche articolazioni sono interessate dalla malattia o nei quali le altre terapie non siano state efficaci. A testimonianza dell’utilità di tale tipo di trattamento, si ricorda che le infiltrazioni intrarticolari con cortisone sono le più usate nelle artriti infantili.
I farmaci antinfiammatori, sia i FANS sia i cortisonici, sembrano però poco attivi nel bloccare l’evoluzione della malattia, per cui nelle artriti che mostrano tendenza a perdurare nel tempo, ossia a diventare croniche (in particolare artrite reumatoide e artrite psoriasica) conviene adoperare i cosiddetti Disease-Modifying Antirheumatic Drugs (in sigla, DMARD), categoria di farmaci capaci sia di modificare l’evoluzione della malattia sia di esercitare effetto antinfiammatorio con riduzione del ricorso al cortisone. Negli anni, varie sostanze sono state impiegate a questo scopo, sia singolarmente sia in associazione: l’idrossiclorochina (Plaquenil), i sali d’oro, la sulfasalazina, la ciclosporina e il methotrexate. La scelta dipende ovviamente dal tipo di malattia, dal suo grado di “attività”, dalle caratteristiche del soggetto ammalato, da eventuali patologie concomitanti e così via.
Alcuni fra questi farmaci hanno notevoli capacità di influenzare la risposta immunitaria, per cui vanno assunti dietro stretto controllo medico, con frequenti analisi di laboratorio, al fine di individuare precocemente eventuali effetti indesiderati, che, se trascurati, possono essere anche gravi. Se, però, vengono osservate alcune elementari ma indispensabili precauzioni, questi farmaci si rivelano molto utili, soprattutto il methotrexate, viene definito un “farmaco áncora” in quanto particolarmente adatto a essere associato ad altri per svolgere un effetto “sinergico” efficace sulla malattia.
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