Accanimento Terapeutico -Accanimento terapeutico, abbandono, eutanasia, cure palliative
Il professor Corrado Viafora, docente di bioetica all’Università di Padova, afferma che «rifiutare l’accanimento terapeutico senza sconfinare nell’abbandono è prima di tutto porsi la domanda: qual è il valore della vita in un malato in fase terminale?
La fase finale è una fase della vita in cui il malato si riduce a un residuo puramente materiale, da narcotizzare, da spegnere il più rapidamente possibile, oppure anche allora continua a essere una persona con le sue caratteristiche, la sua dignità, in grado di mantenere una relazione con ciò che lo circonda e decidere come dare un significato di compimento all’ultima parte della propria vita? Dalla prima risposta deriva la strategia della negazione e del controllo: proteggere ogni costo il malato terminale dalla consapevolezza della morte, concentrare ogni sforzo nella lotta contro la morte, sia attraverso il proposito di prolungare la vita a qualunque costo, sia attraverso il tentativo di anticipare la morte. Dalla seconda risposta deriva la strategia dell’accompagnamento: riconoscere i limiti della medicina decidendo di non proporre o di interrompere trattamenti sproporzionati, restare vicini al malato per dargli la possibilità di esprimere i suoi sentimenti, spostare l’obiettivo dello sforzo terapeutico, dal guarire al prendersi cura, orientando i trattamenti verso la cura dei sintomi e il sollievo dal dolore.» Le cure palliative rappresentano la concreta possibilità di aiutare il malato mettendo in pratica i principi della cosiddetta etica dell’accompagnamento, etica che si contrappone sia all’accanimento terapeutico sia all’eutanasia. [P.L.A.]
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